Oltre i festival, per una nuova alfabetizzazione

16 Ottobre 2016
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Ottavio Olita

Area vasta, città metropolitana, grandi dimensioni per un futuro che si spera migliore. Ma quale attenzione per gli storici quartieri periferici viene posta nelle dichiarazioni programmatiche della nuova giunta di Cagliari? Vediamo cosa c’è scritto di specifico.

A pag. 18: “Proseguirà la cura delle azioni possibili per garantire i diritti di tutela sociale e giuridica dei minori stranieri non accompagnati, in una logica di corretto raccordo interistituzionale e con l’obiettivo di produrre vera inclusione sociale. Saranno rafforzate le azioni che hanno già portato ottimi risultati: il progetto ‘Centri di Quartiere’ a San Michele, Mulinu Becciu, Pirri e Marina (in fase di realizzazione Centro di Quartiere a Sant’Elia), il potenziamento di attività oratoriali destinate a spazi di accoglienza per minori dai 6 ai 18 anni, lo sviluppo  del servizio ‘educativa di strada’  a favore di adolescenti e giovani di età compresa tra 14 e 21 anni nel quartiere di Sant’Elia e nel quartiere di San Michele, l’ufficio Mediazione e lo Spazio famiglia”.

Alle pag. 27 e 28: “A seguito di un’approfondita analisi di contesto, il Comune di Cagliari, in coprogettazione con il Centro Regionale di Programmazione della Regione, ha individuato nei quartieri di Is Mirrionis e San Michele l’area urbana per un Investimento Territoriale Integrato (ITI). La proposta progettuale prevede un intervento di rigenerazione urbana, inteso quale insieme di azioni materiali e immateriali integrate fra loro. L’intervento è articolato su due livelli:

  • la riqualificazione urbana, finalizzata al recupero edilizio di contesti caratterizzati da elevato disagio abitativo con prevalenza di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP), mediante interventi di riduzione dello stato di degrado degli immobili e miglioramento e incremento delle strutture e degli spazi pubblici;
  • le azioni di supporto e accompagnamento all’inclusione dei residenti nel quartiere, con l’obiettivo di creare un contesto sociale in cui si previene il disagio, si crea coesione sociale e si risponde ai bisogni insieme alle istituzioni, al fine di accrescere il capitale sociale.

L’ITI si compone di 6 azioni declinate in sub-azioni. Gli obiettivi previsti devono essere raggiunti entro 48 mesi, tempo entro cui devono anche essere completati gli interventi. Le azioni previste riguardano:

  • il miglioramento della qualità degli spazi di vita nel quartiere attraverso la realizzazione di azioni che stimolino la partecipazione attiva dei residenti alla vita pubblica (Azione 1);
  • il recupero funzionale dell’Hangar per la realizzazione di una ‘casa del quartiere’ in cui svolgere attività di animazione territoriale e inclusione sociale (Azione 2);
  • il recupero della ex scuola di via Abruzzi per realizzare servizi di cura socio educativi (Azione 3);
  • la riqualificazione dell’istituto comprensivo Ciusa per la realizzazione di un polo didattico-scientifico (Azione 4);
  • innovazione sociale e inclusione attiva, attraverso progetti orientati all’occupazione e alla creazione d’impresa (Azione 5).

Tutte le azioni saranno accompagnate da un processo partecipativo per informare, costruire consapevolezza sulle opportunità di cambiamento materiale e immateriale, costruire un percorso di fiducia per promuovere e guidare la crescita e la responsabilità civile degli abitanti del quartiere (Azione 6)”.

Le sei azioni indicate sono evidentemente frutto di una valutazione di quel che è accaduto in questi quartieri negli ultimi decenni e quel che continua a determinarsi in particolare tra le giovani generazioni. Come fare per rendere efficaci gli interventi? Come passare dall’enunciazione alla pratica? Come riuscire a raggiungere gli obiettivi se non si crea una sorta di task force realmente operante nel quartiere che svolga opera di aggregazione, socializzazione, diffusione della conoscenza? Bisogna innanzi tutto ricorrere alle associazioni e ai gruppi di volontariato che operano già all’interno per aiutarli ad incrementare e migliorare i loro interventi. Bisogna inoltre mettere a disposizione gli spazi necessari. Perché, ad esempio, non recuperare a questo fine quel Centro Culturale, diventato ormai un rudere, che negli anni ’70 del secolo scorso ospitò l’esaltante esperienza della Scuola Popolare di is Mirrionis?

L’appello è rivolto soprattutto al nuovo assessore comunale alla Cultura, Paolo Frau, che conosciamo molto sensibile a questi temi e al quale sottoponiamo un’altra nostra riflessione: siamo proprio sicuri che la strada migliore per diffondere curiosità culturale sia la spettacolarizzazione degli eventi? I festival dei generi più disparati muovono gli interessi e le curiosità dei già informati, dei lettori più avvertiti, degli intellettuali frequentatori delle antiche terze pagine dei giornali, delle librerie, delle biblioteche. Servono anche, senz’altro, a far giungere nuovi visitatori.

Ma perché non impiegare altrettante energie intellettuali ed economiche per favorire una nuova alfabetizzazione nelle periferie, dando gambe possenti a quelle sei Azioni così diligentemente elencate? La buona volontà è bella ma non basta. Perché non cominciare a coinvolgere molto di più i Comitati, le Associazioni, i gruppi di volontari che già operano e quindi conoscono bene quelle realtà così diverse dai tanti salotti e cenacoli letterari pubblici e privati?

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