Domenica prossima, 25 ottobre, in Cile si vota per il referendum costituzionale. Un anno dopo. Solo un anno fa, il 18 ottobre 2019, il Cile si risvegliava dal suo torpore. Non per via dei 30 pesos di aumento del prezzo del biglietto della metro (quella fu la scintilla: 3.5 centesimi di euro) ma dei “30 anni di abusi” successivi all’uscita di scena di Pinochet che hanno fatto del “paese modello” del neoliberismo latino-americano e globale una democrazia formale ma incompiuta, zoppa e sorda, ineguale e iniqua.
La Rete Sarda in questi mesi ha abbassato i toni sulla crisi sanitaria auspicando che la Politica rispondesse con scelte adeguate a tutte le emergenze, ma così non è stato. Se non si ripristina il sistema sanitario pubblico, riorganizzando i grandi ospedali di Cagliari, restituendo ospedali efficienti ai territori disagiati, potenziando la sanità territoriale e assumendo medici e infermieri, non si arresta la catastrofe accelerata dal covid19.
Domenica scorsa, 18 ottobre, in Bolivia, si è votato per il presidente della repubblica e i 166 deputati del parlamento. Un anno dopo. Solo un anno fa, il 20 ottobre 2019, la Bolivia aveva votato per le stesse elezioni. E con gli stessi risultati.
Ieri sera, 18 ottobre, è stato finalmente localizzato il barchino partito da Annaba, in Algeria, e disperso per 9 giorni nel tentativo di raggiungere le coste sarde.
I problemi della sanità sarda sono ormai cronici, tanto è che sulla stampa regionale questo problema fa parte delle notizie giornaliere provenienti dai vari territori dell’isola. In questi giorni però le cronache sanitarie si sono concentrate soprattutto sul S. Francesco, il presidio ospedaliero barbaricino.
I giorni scorsi, su quotidiani e Tg, si è parlato con un certo clamore di un’inchiesta del quotidiano la Repubblica sulle perquisizioni effettuate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Cagliari negli uffici della SARAS a Milano e a Cagliari.
Per gli studenti universitari, la pandemia in corso ha comportato disagi non indifferenti e tali da complicare e ritardare il normale percorso di studio.
Mutande color carne, petto nudo, schiena dritta e mascherina bianca sul volto. Nove donne e sei uomini, tutti cittadini italiani, posano seminudi in piazza dell’Esquilino, cinque minuti a piedi dalla stazione Termini di Roma. Ciascuno di loro sorregge un cartello bianco rettangolare a nascondere l’inguine.
Non sarà una Nadef qualunque, o quantomeno non dovrebbe esserlo. Non solo perché presenta un orizzonte ben più esteso di quello solito, spingendosi fino al 2026, ma perché ha a che fare, per usare le parole del ministro Gualtieri (nella sostanza ribadite nell’audizione parlamentare), con “la peggiore caduta del pil della storia repubblicana”, e perché si misura con l’utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla Ue.
Cinquantasei bambini, scalzi, infreddoliti, avvolti in coperte, accompagnati dalle madri, cominciano a sbarcare dalla “Alan Kurdi” la nave della Ong tedesca ‘Sea Eye’ sulla quale hanno trascorso interminabili giorni di navigazione nel Mediterraneo ingrossato dal maestrale e poi sono rimasti bloccati a bordo altre 12 ore nel porto di Arbatax, e ancora altre 8 ore in quello di Olbia.
A Cagliari il 24 settembre, per proseguire nei giorni successivi ad Asuni e a Solarussa, il filmfestival “Terre di confine” si è aperto con la proiezione di In questo mondo, docufilm di Anna Kauber, dichiarato “miglior documentario italiano” al 36° Torino Film Festival 2018 e poi vincitore di alcuni altri premi.
[Roberto Loddo, Franco Meloni e Andrea Giulio Pirastu]
Domenica 4 ottobre alle ore 18.00 si è svolta la video conferenza organizzata dal manifesto sardo, Aladinpensiero e Giornalia dal titolo: C’è un’alternativa nel mondo malato? Come superare la crisi sociale, ecologica e sanitaria. Riflessioni dall’enciclica “Fratelli tutti”