Piromani in agguato

1 Agosto 2015
Giulio Angioni
Giulio Angioni

E’ difficile ammettere, anche solo per ipotesi, che gli incendi estivi ricorrenti, in Sardegna come in tutto il Mediterraneo, non siano sempre causati da criminali incendiari. E’ facile invece imprecare in questa direzione, sull’onda dell’emozione.Ma così, oltre a sbagliare per eccesso, si perde di vista un aspetto importante del rimedio principale, che è la prevenzione.Quando si accusa il fantomatico incendiario, si scarica la coscienza e la responsabilità di tutti. È un automatismo del senso comune che quando c’è il male, qualcuno lo ha causato con volontà e dolo premeditati. E costui assume nel tempo il volto del nemico. Se c’è la peste, c’è l’untore. Il bisogno di punizione quando l’incendio devasta spinge a esagerare le responsabilità. Qualche giorno fa in Sardegna è stato arrestato il bracciante romeno Victor Paun, accusato dal Corpo forestale di incendio colposo, ma l’informazione lo ha trattato come se fosse doloso e volontario, tanto ha potuto il meccanismo dell’immigrato capro espiatorio. Una scintilla sarebbe volata dal motore del suo trattore causando il rogo che ha devastato 3700 ettari in Gallura lo scorso 23 luglio. La difesa nega che quel giorno il bracciante abbia utilizzato il mezzo agricolo. Stesso discorso per i fuochi dell’Oristanese. Sono quattro le persone ritenute dagli inquirenti responsabili di incendio colposo: due imprenditori edili che hanno dato alle fiamme una catasta di carta e il proprietario di un oliveto che inavvertitamente avrebbe trasmesso troppo calore alle sterpaglie con la sua macchina operatrice. Per il momento nessun dolo e nessun complotto: ma sulle prime si è come sempre  parlato di esche a lenta combustione e di vandali del cerino. E su Facebook parte regolarmente la gara a chi immagina la punizione più soddisfacente: taglio di mani, processo sommario, morte a fuoco lento…

Bisogna ancora, anche se molto difficile, smontare e ribaltare il luogo comune sull’incendio campestre e boschivo a partire dalla responsabilità dei pastori. Proprio loro non c’entrano. Il contadino e il pastore sono abituati a trattare col fuoco. Un tempo in caso di incendio nelle campagne si mobilitava la comunità con le abilità e le conoscenze tradizionali. Oggi non si può più fare affidamento su questo, non c’è più l’abitudine. La tecnica del “taglia e brucia” è universale, utilizzata da sempre, fin dalla preistoria, per concimare il terreno una volta esaurito, pulire i campi, stanare le prede. Il fuoco campestre non è sempre assassino, sebbene l’uso dell’incendio controllato nell’agricoltura e nell’allevamento abbia sempre meno importanza. È anche perché non si praticano più queste tecniche antiche che gli incendi sono così devastanti. L’allevamento non è più allo stato brado con la richiesta di grandi estensioni ma si è trasferito in stalla e l’agricoltura è limitata a piccoli spazi.

L’ossessione del dolo è una varietà dell’ideologia del complotto che cancella la responsabilità di ciascuno e adagia il senso comune. La teoria della cospirazione o la mafia dei mangimi sono i ragionamenti che svelano solo una parte della realtà e generano altri guai. Le spiegazioni sociocriminali a volte sono ridicole. A Guasila, il mio paese, ai tempi della guerra fredda si ritenevano responsabili degli incendi i comunisti.

Una riflessione tra le tante. La contemporaneità dei roghi in tutto il bacino del Mediterraneo nei giorni caldi e ventosi di maestrale. Evidentemente si tratta di un problema anche ambientale e non solo criminale. È facile intuire che una terra come la Sardegna, d’estate con temperature elevate e vento forte, si trasformi in un pagliaio che può andare a fuoco in qualunque momento. La Protezione Civile spesso è in grado di indicare il rischio con anticipo.
Se allora non si tratta solo e sempre di dolo, il problema degli incendi estivi si dovrebbe risolvere in buona parte con una importante campagna di prevenzione. E di educazione e di informazione. Far intendere, soprattutto, che tutti si deve stare più attenti, osservare certe regole, non pensare che incendia solo il criminale, ma anche il fumatore e il campeggiatore, per esempio: «Bada che anche tu puoi essere un incendiario», potrebbe essere uno slogan delle campagne di prevenzione.

A proposito di pregiudizio e di untori, la Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni mostra che l’incendio sempre e solo criminale riflette un atteggiamento antico. Nelle prime righe di quella triste storia di pregiudizio assassino, l’autore de I promessi sposi spiega che quando gli incendi erano divenuti così frequenti nella Normandia del Seicento, «cosa ci voleva perché un uomo ne fosse subito subito creduto autore da una moltitudine?». Bastava essere il primo che si trovava nelle vicinanze, essere sconosciuto, «e non dar di sé un conto soddisfacente». E Manzoni chiosava: «Il sospetto e l’esasperazione, quando non sian frenati dalla ragione e dalla carità, hanno la trista virtù di far prender per colpevoli degli sventurati».

Fonte immagine: illatv.it

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