Pomigliano è anche in Sardegna

1 Luglio 2010

ligas

Marco Ligas

Ma Pomigliano è forse in Sardegna? Non staremo enfatizzando questo referendum sottovalutando la crisi che investe la nostra regione? Ho registrato queste riserve sia in ambienti sindacali non favorevoli alla Fiom, sia fra qualche sostenitore della proposta indipendentista.
Ritengo che, a chiunque manifesti queste incertezze, bisogna ricordare che non solo Pomigliano è anche in Sardegna ma è diffuso in tutto il territorio nazionale; per essere più precisi è presente in tutta l’area del capitalismo globalizzato, dove un padronato sempre più arrogante considera il lavoro una merce di scarso valore e i lavoratori incapaci di comprendere le sfide che hanno davanti. Non sarà certo l’attenzione dedicata al referendum che influirà negativamente sulle vertenze della Vinyls o del’Euroallumina; al contrario da Pomigliano è venuto un forte incoraggiamento perché i lavoratori continuino anche in Sardegna la loro lotta sino al raggiungimento degli obiettivi , a incominciare dal diritto al lavoro. È innegabile come da questa vicenda venga confermato un principio fondamentale: nessuna lotta territoriale potrà avere un esito positivo se non si riesce ad unire il bisogno di autonomia di una comunità con quello di liberazione da una condizione lavorativa di subalternità e di sfruttamento. Serve un’organizzazione sindacale combattiva e rappresentativa dei diritti dei lavoratori, senza la quale è difficile far indietreggiare un padronato ostinatamente deciso a cancellare i diritti di chi lavora
Anche in una fase di crisi economica come quella attuale, quanto è previsto dai contratti nazionali del lavoro e dalla Costituzione è sufficiente per il funzionamento di una fabbrica e per lo svolgimento delle attività produttive; l’introduzione di limitazioni delle libertà, così come ha voluto imporre la Fiat, non solo contrasta con le norme etiche ma è destinata a creare una conflittualità permanente che non giova al buon funzionamento dell’azienda. Il diritto al lavoro e i diritti del lavoro non possono e non devono essere posti in alternativa tra loro.
Ma non sembra che la Fiat voglia trarre insegnamento dal’esito del referendum. Non a caso diffonde notizie secondo le quali intenderebbe, tramite la costruzione di una nuova società, assumere i lavoratori individualmente, imponendo loro le stesse condizioni  con cui si è andati al referendum. L’ispirazione è la stessa che i lavoratori dei primi decenni del secolo scorso hanno conosciuto sulla loro pelle attraverso l’esperienza fordista. E’ vero che parlare di taylorismo oggi, in una fase dello sviluppo economico definita unanimemente post-industriale, può apparire anacronistico. Eppure nel disegno dei nuovi manager della Fiat si coglie questa ispirazione: stabilire la procedura migliore per compiere un lavoro, magari individuando la velocità ottimale che le macchine e gli uomini devono saper impiegare per garantire ai capitalisti la massima produzione. Non ha importanza che gli operai siano costretti a rinunciare al pasto o a consumarlo a conclusione del turno, oppure che debbano programmare il bisogno di fare pipì, quel che conta è la produzione, massima possibilmente, anche se le nuove Panda difficilmente riusciranno ad essere vendute nei mercati.
Comunque il coro che si sente in questi giorni è unanime: basta con gli assenteismi, con i falsi invalidi, con la dilapidazione del denaro pubblico. Austerità, ma anche sostegno alle imprese troppo condizionate da lacci e laccioli (questo articolo 41 della Costituzione che pesa come un macigno!); chissà, forse per queste ragioni le imprese sono costrette ad evadere il fisco per centinaia di miliardi di euro.
Spicca in questo coro la reprimenda della presidente della Confindustria, soprattutto quando suggerisce il controllo della spesa pubblica. Eppure proprio lei dovrebbe usare cautela quando affronta questi temi. Come abbiamo sottolineato in uno degli ultimi articoli del manifesto sardo, la società della Marcegaglia, la Mita Resort s.r.l., ha avuto in gestione per 40 anni  l’ex Arsenale di La Maddalena diventato un hotel a 5 stelle e un centro benessere con porto turistico, grazie agli interventi programmati per la riunione G 8. Per questi lavori sono stati spesi circa 120 milioni di euro (pubblici naturalmente). Per la gestione la Mita Resort, pagherà 31 milioni di euro (cioè poco più di 64.583 euro mensili per i 480 mesi di contratto) allo Stato e un canone annuale di 60 mila euro in favore della Regione autonoma della Sardegna. Un vero affare. L’affidamento è stato effettuato dal sottosegretario alla Protezione civile  Guido Bertolaso e successivamente il complesso è stato trasferito alla Regione autonoma della Sardegna che dovrà pagare quale proprietario ben 400 mila euro all’anno di sola ICI! Ecco, è con queste credenziali che governo e confindustria cercano di imporre i loro piani di risanamento, programmando un ulteriore impoverimento delle fasce più deboli della popolazione, usando gli strumenti del ricatto e dell’intimidazione. Ai lavoratori di Pomigliano ma anche a quelli della Vinyls o dell’Euroallumina rimane solo l’alternativa della lotta e del coinvolgimento in essa di quell’area sociale che vuole difendere la democrazia.

.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI