Pontida in doppiopetto

1 Luglio 2011

Valeria Piasentà

Berlusconi è un uomo malato, dichiarò la moglie anni fa. Bossi è un uomo malato, e i maligni individuano in Rosy Mauro la sua badante parlamentare. Vedere Bossi arringare il popolo dal palco di Pontida mi ha ricordato gli ultimi anni di Francisco Franco, e la leggenda metropolitana allora fiorita in Spagna, secondo la quale Franco era già morto e a cavalcare lento e altero per Madrid era il suo cadavere impagliato e telecomandato dal Potere.
Un corpo esposto, esibito e venerato come la reliquia di un santo barocco portata il processione: la leggenda ci racconta come il potere si sostanzi nel corpo fisico, anche quando l’anima è svanita da tempo. E dire che per secoli, nelle sentenze delle condanne capitali, si è letto che Tizio «sarà appiccato affinché l’anima sua venga liberata dal corpo», dove era l’anima a rivendicare una purezza imprigionata nella pesantezza impura del corpo peccatore.
Invece oggi il corpo esiste a prescindere dall’anima, un accessorio passato di moda. A parte la compassione tutta umana per le sventure fisiche dei due personaggi, resta il fatto: l’Italia ha ai suoi vertici di potere uomini malati. Ma ora il vento è cambiato, come dice Bersani, così si è aperta la guerra per la successione. In questa rinnovellata e crudele ‘lotta per le investiture’ ora è il popolo ad avere l’ultima parola, quella del voto. Ed è alle viscere del popolo che i candidati della destra si mostrano.
Tutti vestiti di nuovo, come il Valentino di Pascoli. Che però non aveva scarpe. A Pontida 2011, mentre tutti si presentano con la camicia verde d’ordinanza pure i ministri Bossi e Calderoli, i presidenti di regione, i sindaci e l’entourage di amministratori e politici padani, Maroni è sul palco in giacchetta blu governativa.
Già divisa del rappresentante, negli anni della discesa in campo di Berlusconi diventa simbolo di una politica efficientista, la politica ‘del fare’, poi passa la mano a un look meno ingessato fino a raggiungere traguardi risibili: Marchionne dovrebbe rivedere il suo look in quanto superato dalle contingenze e dalla storia. Il golf girocollo blu austero e povero funzionava finché era a Torino, col suo amico ed ex sindaco Chiamparino.
Ora non abbocca più nessuno. Neppure Fazio a Che tempo che fa, e quando Marchionne ha provato a sottotitolare la sua immagine con la dichiarazione «Io sono un metalmeccanico», un Fazio basito gli ha ricordato «ma con ben altro stipendio».
Ma perché Maroni, e solo lui a Pontida è in total-blue? la risposta è nel grande striscione contrapposto al palco, dove si legge ‘Maroni presidente del consiglio!’ concetto ribadito nelle centinaia di volantini sventolati dal popolo leghista (si presume di Lombardia).
E cosa pensa del pubblico che assiste al suo intervento, ce lo dice Maroni:
«E’ un popolo di barbari ma di barbari sognanti». Alla fine del suo intervento, Maroni inneggia alla Padania libera e indipendente. Fra l’indifferenza della nostra classe politica tutta – e colposa di una sinistra che non tutela gli ideali dei suoi elettori – un pensionato di Alessandria denuncia il ministro alla magistratura per vilipendio alla Costituzione e alto tradimento.
Cosa che di certo non preoccupa il nostro ministro, ne ha viste ben altre uscendone con i soliti escamotages cui ci ha abituato il ventennio berlusconiano: fabbricando leggi ad personam. Lo farà anche per la denuncia di turbativa elettorale che ha seguito le sue dichiarazioni a urne referendarie aperte? Come ha sgamato una indagine per tangenti milanesi e il più preoccupante processo di Verona, dove era imputato ancora per attentato alla Costituzione e formazione di strutture paramilitari.
Dopo il suo discorso il musicista Maroni salta dal palco, proprio come una star del rock. E con questo coup de theatre diventa un’icona pop. Circolano le foto in internet e lo chiamano ‘il fuori programma di Maroni’ Fuoriprogramma? ma se aveva un bel paio di preventive scarpe da tennis!che sotto il completo blu di regola non si usano…. No, no: sembra invece tutto preordinato da uno studiato testo drammaturgico e una regia un po’ meno curata (Maroni ha rischiato di cadere) infatti le scarpe non si vedono che al momento del salto, prima sono nascoste dal bordo fiorito e solo al momento del salto si svela l’inganno, per chi vuol vederlo…. Il salto del palco sfonda la quarta parete teatrale, immette il personaggio nella realtà del suo ‘popolo sognante’ che non è in blu ma di certo ha le scarpe da tennis.
Questo gesto che attira simpatia per la sua cifra giovanilistica, dice: ‘eccomi attore uscito fuori dal ruolo, perché io interpreto solo una parte ma nella realtà sono uno come voi, uno di voi’. Cosa si fa per divertire la plebe! Ma questo non è teatro serio, questa è una farsa.
Infatti, più tardi l’europarlamentare Borghezio si esibisce nei suoi tipici insulti volgari«Dell’Italia non mi frega un cazzo… via da Roma ladrona! Secessione, secessione, secessione….» e Matteo Salvini alza il morale dirigendo uno dei suoi simpatici coretti, questa volta scandendo «Silvio hai rotto i coglioni», «Pisapia è una malattia» e «Allemanno pezzo di merda» (chi li denuncia?).
La schizofrenia della Lega si sostanzia ancora una volta con l’uso di tutti i trucchi teatrali, e una cifra comunicativa che dal berlusconismo prende a man bassa l’uso di un corpo come primo veicolo di comunicazione, tutto agghindato per le riprese video. Se l’era delle tv commerciali berlusconiane ha lasciato qualche segno, uno dei più tangibili e diffusi pare proprio quello di una estrema e preventiva cura dell’immagine dei nostri politici: quando si cambia linea ideologica o posizione politica non occorre più scrivere articoli argomentativi, presentarsi alle riunioni per dibatterne, oggi prima si lancia l’immagine rinnovata da cravatte rosa e camicie a fiori, poi si fa la dichiarazione politica.
Il corpo è usato in tutta la sua fisicità ed evidenza come arma di comunicazione di massa, solo in seconda battuta arrivano ratio e logos.
Il ministro Maroni dopo aver cercato di fondare l’esercito padano ora manda l’esercito italiano in Val di Susa, mira a conquistare il potere tanto in Italia quanto dentro la Lega e lo dimostra anche col linguaggio del corpo. Bossi resiste. Ma che la Lega sia in serie ambasce lo evidenzia anche un destino baro e beffardo. Qualche giorno fa il partito ha riproposto il tiro alla fune sul Ticino (leggi qui la cronaca del primo rito voluto per festeggiare la vittoria di Cota in Piemonte), e la corda si è spezzata: attenta ‘gente padana’ che porta male! ma male, male, male….

2 Commenti a “Pontida in doppiopetto”

  1. Giulio Angioni scrive:

    Grazie!

  2. Francesco Buso scrive:

    Eh sì, la metafora della corda che si spezza ci sta tutta. A rivedere però l’orda di pseudo-padani che pseudotirano una fune, con pseudofurbezza padana preventivamente “assicurata” ai trattori, raschiando infine sul selciato gli pseudoattributi tanto cari, mentre i muscoli naturali – incolpevoli – disertano la prova impossibile: vedendo insomma andare a rotoli realmente, in ciccia e ossa, l’arma pseudopadana di comunicazione di massa (come puntualmente sottolinea la Valeria), ecco, mi dico, con ritrovato infantile entusiasmo, il linguaggio del corpo non sbaglia: queste sono le bugie dalla gambe corte!

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