Povertà e sviluppo cerebrale

1 Giugno 2017

Foto Toni Frissel

Graziano Pintori

La rivista Le Scienze del mese di maggio ha pubblicato i risultati di un’interessante ricerca sul rapporto fra condizioni socioeconomiche e funzioni cerebrali. La mission era quella di dimostrare che bambini e adolescenti in condizione di povertà subiscono l’impoverimento delle funzioni cerebrali, ossia influenze negative nelle abilità linguistiche, mnemoniche, di autocontrollo e capacità di concentrazione.

Dall’esame di un campione di 1099 bambini e adolescenti, appartenenti a diversi livelli socioeconomici e culturali, è risultato che l’estensione della corteccia cerebrale, dove si sostengono le funzioni cognitive più pesanti, è minore del 6% nei bambini con un reddito familiare inferiore ai 25 mila dollari, rispetto a quelli appartenenti a nuclei con fasce di reddito più alti. I risultati ottenuti dallo studio escludevano relazioni con l’appartenenza etnica e l’eventuale corredo genetico, lasciando alla sola condizione socioeconomica le motivazioni dei risultati emersi.

La serietà dell’indagine e degli studi vorrebbe superare il campo delle ipotesi per approdare a quello della causalità, tanto è che negli Stati Uniti, luogo in cui si era svolta la ricerca, furono avviati degli esperimenti che prevedevano l’incremento del reddito a favore delle famiglie bisognose, a scapito dell’assistenza pediatrica e psicologica, lasciando alle stesse la libertà di spesa più convenienti per se e per i figli. Altre prove prevedevano la raccolta di fondi per promuovere un esperimento randomizzato, teso a dimostrare l’eventuale rapporto tra causa ed effetto, tra riduzione della povertà e sviluppo cerebrale.

L’impegno dei ricercatori era sostenuto da un forte ottimismo perché convinti che l’indigenza non consenta lo sviluppo cerebrale in modo regolare, perché causa, come già detto, di limiti alle abilità cognitive, percettive, uditive, ecc. La convinzione è che nel prossimo futuro, grazie ai risultati ottenuti, la politica potrà avvalersi di strumenti testati, tali da ridurre la diversificazione dei risultati scolastici tra gli alunni. In pratica si capirà che un sussidio, oppure un incremento di reddito, potrà cambiare il corso dello sviluppo cerebrale di molti piccoli cittadini appartenenti a nuclei familiari poveri.

Una forma di acconto per una società più sana e consapevole dell’ambiente sociale in cui si opera. In Italia siamo costretti ad ascoltare tantissimi politici che quando parlano dei diritti per l’infanzia usano chiamare in causa i propri figli, sia per avvalorare la bontà delle loro scelte, sia per sottolineare il fatto che un politico agisce spinto anche dall’amore materno o paterno; è evidente la distanza dagli studi e dalle sperimentazioni sopra richiamati. In generale, su questo fronte, abbiamo ancora tanto da imparare, però sarebbe già un notevole passo in avanti se i termini di paragone, o le chiamate in causa dei propri figli o nipoti, fossero sostituiti da quei 3,5 milioni di bambini italiani che vivono a rischio di povertà, o peggio da quell’1,1% di bambini italiani che vivono in povertà assoluta, ben correlati all’11,5% di disoccupati.

Cioè fare riferimento alla pancia della società italiana esclusa non solo dal sistema formativo, a partire dalla scuola primaria, ma anche, in nome dell’austerità, da altri diritti fondamentali quali sanità, casa, lavoro ecc. Siamo inondati di discorsi in cui si esaltano gli 80 euro da una parte e reddito di cittadinanza dall’altra per risollevare la sorte di tanti nuovi poveri, sorte che purtroppo non vede altra luce se non quella dell’indigenza persistente. Sono convinto che la sorte di tanti italiani potrebbe ridimensionarsi con un ritorno a un sano welfare, attualizzato, diffuso e consono alle nuove esigenze del millennio che abbiamo appena iniziato a percorrere.

Il riferimento all’indagine di cui sopra è scevro da qualsiasi mero e peloso intento assistenzialista, al contrario si dovrebbe intendere come un formidabile contributo della scienza teso a dimostrare che il cervello umano, se nutrito degnamente e in modo appropriato, è in grado di far emancipare qualsiasi persona e società a prescindere dalle razze, ceti sociali e provenienze geografiche.

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