Quale pace con le armi?

1 Agosto 2014
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Michela Angius

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. L’art. 11 della Costituzione sembra non avere dubbi sulla posizione che l’Italia dovrebbe assumere in caso di conflitti armati.
Come però spesso accade, la realtà è ben diversa.
Nel mese di marzo in un comunicato stampa l’OPAL (Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere) aveva messo in luce alcuni elementi in aperto contrasto con la Costituzione e la legge in materia di esportazione di armamenti. Secondo la legislazione, le aziende italiane non possono fare affari con paesi in conflitto o in cui è stata appurata la violazione dei diritti umani o ancora la cui spesa militare supera quella sociale.
Le esportazioni di armi dalla provincia bresciana, dove sono collocate le più importanti aziende del settore, sono state sostanzialmente stabili nel 2013. Se nel 2012 erano oltre 315,8 milioni di euro, nel 2013 sono state poco più di 316 milioni. Sono comunque cifre esorbitanti.
Non è tutto. Ciò che meraviglia è il forte aumento di esportazioni verso parti del mondo in cui sono presenti forti tensioni e scenari di guerra. In Medio Oriente la crescita delle esportazioni di armi è stata del 23% e ha interessato Stati come il Kuwait, gli Emirati Arabi Uniti e il Libano in cui tra l’altro dovrebbero essere osservate le misure di embargo delle armi.
Le forniture militari italiane in Siria sono state nettamente superiori a quelle degli altri paesi europei. Nell’ultimo decennio sono stati consegnati oltre 131 milioni di euro di materiali militari.
Anche se nel 2012 c’è stata una riduzione delle esportazioni verso lo Stato di Israele (-4.3%), l’Italia è il primo paese UE che ne rifornisce i sistemi militari, superando di gran lunga Francia e Germania. Solo nel 2012 sono state rilasciate 470 milioni di euro di autorizzazioni per l’esportazione di sistemi militari e tra il 2008 e il 2012 sono state esportate oltre 21 milioni di dollari di “armi leggere”. Più del 41% degli armamenti regolarmente esportati dall’Europa verso Israele sono di origine italiana.
Sul sito web di Alenia Aermacchi, la maggiore industria aeronautica italiana, è in bella vista la notizia della consegna alla Forza Aerea di Israele dei primi due di trenta velivoli M-346 concepiti per l’addestramento avanzato e facilmente armabili. Tale consegna avviene proprio durante l’acceso inasprimento del conflitto. Cosa pretendiamo? Business is business!
Non c’è solo il Medio Oriente. Le esportazioni militari italiane sono aumentate anche in Africa (+36%), con forti picchi in Egitto (+119%) e Kenya (+298,4%).
Tra i primi venti paesi extra-UE destinatari di armi e munizioni dalla Provincia di Brescia c’è la Russia. A Strasburgo in un’aula semi deserta i pochi parlamentari presenti hanno esaminato la drammatica situazione in Ucraina rilevando come alcuni Paesi, tra cui Italia e Francia, continuino a rifornire militarmente la Federazione russa.
Il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini ha dichiarato che “l’Italia, presidente di turno dell’Unione europea, ha proposto un pacchetto aggiuntivo contro la Russia” e ha aggiunto che “l’Italia insiste perché le sanzioni vengano estese, per avere un pacchetto che includa misure aggiuntive contro cittadini e aziende russi”. Fare dichiarazioni politically correct è una caratteristica tutta italiana.
Sappiamo bene che il commercio di armi non è un’esclusiva dell’Italia. Nel 2013 la spesa militare globale è stata pari a 1.747 miliardi di dollari, in diminuzione rispetto ai due anni precedenti (-1,9%). Ma se si escludessero gli Stati Uniti dal computo, il dato della spesa militare mondiale risulterebbe in aumento, nonostante le diminuzioni di Europa ed altre regioni.
Quello che come cittadini ci interessa sapere, è da che parte vuole stare l’Italia.

2 Commenti a “Quale pace con le armi?”

  1. Silvana Bartoli scrive:

    Sono indignata quanto te, cara Michela, ma come si spiega che nessuno, né pacifisti né movimenti per la vita, organizza manifestazioni davanti alle fabbriche di armi?
    Forse perché in quelle fabbriche non ci sono mai scioperi o rivendicazioni salariali?
    E’ vero: business is business, ma non solo per i fabbricanti.

  2. gianni lixi scrive:

    Nell’ambito della rassegna di film e dibattiti “Lettere da Gaza” vorrei, grazie all’opportunità dell’articolo di Michela, ricordare il dibattito sulla campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni e per la sospensione delle esercitazioni israeliane nei poligoni in Sardegna che si terrà alle 20:30 il 5 agosto. Interverranno Francesco Bachis, a nome dell’Associazione Amicizia Sardegna Palestina, Ester Garau, per la campagna BDS-Sardegna, Rosalba Meloni. Il dibattito sarà coordinato da Silvio Pilia dello staff del sito arrexini.info. È previsto un intervento del Comitato Sardo Gettiamo le Basi.
    Le altre date sono:
    2 agosto, 20:30. GAZA: GUERRA ALL’INFORMAZIONE di A. Maria Selini, documentario. Segue dibattito.
    4 agosto, 20:30. VOCI PER GAZA. Reading di scrittori sardi con Davide Grosso e Salvatore Bandinu.
    5 agosto, 20:30. ASSEMBLEA SUL BDS e dibattito sulle prossime esercitazione israeliane in Sardegna, con Francesco Bachis, Ester Garau, Rosalba Meloni. Coordina Silvio Pilia.
    7 agosto, 20:30. LETTERA DA GAZA di Ghassan Kanafani lettura di Alessandro Congeddu e Giuseppe Boi.
    8 agosto, 20:30. ROADMAP TO APARTHEID di Ana Nogueira e Eron Davidson, documentario. Segue dibattito.

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