RAI. Un’altra occasione sprecata?

1 Agosto 2014
Swingeing London III 1972 by Richard Hamilton 1922-2011
Gianfranca Fois

Nel calderone di revisione della spesa decisi dal governo Renzi è finita anche la Rai, potrebbe essere una buona occasione per rivederne la situazione, razionalizzarla e riformarla, eliminando l’ingerenza dei partiti e restituendola alla sua funzione originaria di servizio pubblico.
Il governo Berlusconi, in pieno conflitto di interessi, era intervenuto pesantemente su programmi, persone rendendo la Rai meno competitiva e di livello decisamente basso con trasmissioni scadenti e volgari, un’informazione spesso faziosa, non sempre corretta e completa. Nel frattempo da molti veniva indicato come ingiusto il canone Rai e si aggiungeva la richiesta di abolizione del servizio pubblico con relativa vendita di uno o più canali.
Ci si è dimenticati però sia la centralità del servizio pubblico in un campo così delicato come l’informazione, anche perché le reti private tendono soprattutto al massimo profitto, sia il ruolo importante che la Rai ha avuto nella cultura italiana. Pensiamo soltanto a come in anni passati ha avvicinato i cittadini alla grande letteratura internazionale, al teatro, alla scienza, alla conoscenza dell’italiano e della realtà del proprio paese.
E’ perciò urgente e necessario che si incominci a discutere su quale debba essere il fine e il ruolo della Rai insieme alla definizione di un’efficace gestione.
Purtroppo nel momento in cui si è chiesto al servizio pubblico di contribuire con 150 milioni al risanamento dello Stato si è capito che una volontà di riforma non c’era, Lo si è visto nei toni usati e nei modi indicati, un taglio lineare che colpisce sedi estere, come ad esempio quella di Nairobi, unica sede nel continente africano, e sedi regionali, indebolendo così sia la possibilità di conoscere direttamente quanto avviene nel resto del mondo, sia la presenza sul territorio e il pluralismo diffuso dell’informazione. Non si interviene invece sugli sprechi e i privilegi come appalti, consulenze e produzioni esterne, contratti di collaborazione inutili e superpagati, senza contare il fatto che l’Italia sarebbe l’unico paese europeo in cui il governo interviene nel bilancio dell’azienda del servizio pubblico rendendolo così ancora più sottomesso all’esecutivo.
La Commissione UE e le agenzie che si occupano di libertà di informazione inoltre hanno spesso richiamato l’Italia ad attuare una normativa antitrust e contro il conflitto di interessi e a liberare le autorità di garanzia e la Rai dalle interferenze continue dei governi e delle forze politiche.
D’altra parte il modo in cui Renzi ha impostato la sua azione politica e la sua immagine pubblica lascia, nonostante i proclami, poche speranze. Infatti in quest’ottica la gestione mediatica del potere ha una funzione importantissima nell’organizzazione del consenso e nel suo mantenimento. E questa passa non solo attraverso le informazioni, la serie di trasmissioni che rafforzano visioni superficiali e stereotipate del mondo ma soprattutto attraverso la creazione di uno specifico ed efficace regime di visibilità.
Si istituisce così un nesso tra l’instaurazione di una leadership e la produzione di immagini incisive, capaci di suscitare simpatia e acclamazione popolare, immagini, così come le parole utilizzate, che rimandano alla sfera dell’emotività, non della razionalità.
Ricordo che in alcune scuole statunitensi gli insegnanti di inglese stampavano i discorsi di G.Bush Jr, poi invitavano gli alunni ad eliminare con le forbici tutti gli slogan, le frasi e le espressioni prive di contenuti concreti e/o politici, spessissimo non rimaneva niente o quasi. Sarebbe interessante fare lo stesso esercizio con i discorsi di Renzi.

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