Quando gli atti di guerra partono da un campo da golf

5 Gennaio 2020
[Ottavio Olita]

Non si sa se ha dato l’ordine dell’attacco imbestialito per aver sbagliato una buca facile facile, o infastidito perché la richiesta dell’autorizzazione a procedere gli è arrivata mentre si concentrava per colpire la pallina. I soliti ben informati non sono in grado di precisarlo.

Quel che è certo è che il rischio di una terribile guerra è stato innescato dal miliardario Trump mentre davanti a sé non aveva una visione del mondo, ma il rassicurante green del campo da golf della sua tenuta di Mar-a-Lago. Incoscienza o strategia? Sono più propenso ad avallare la seconda ipotesi visto che la sua prima dichiarazione è stata che quell’atto di aggressione non era stato voluto per avviare una guerra ma per evitarla!?

Un atto di guerra, dunque, scelto anche, con ogni probabilità, come forma di autodifesa nei confronti del rischio impeachment. Un presidente Usa in guerra è il Comandante in Capo e non può essere messo in discussione o rimosso.

E il resto del mondo? Non conta nulla. Onu e Unione Europea sono totalmente impotenti. La prima perché non è in grado di porre un qualunque freno alle grandi potenze; la seconda perché, essendosi trasformata ormai in un direttorio-osservatorio finanziario, ha abbandonato qualunque funzione di direzione politica mentre ogni Paese che formalmente ne fa parte fa quello che gli pare su diritti civili, tutele dei lavoratori e delle lavoratrici, lotta alle discriminazioni e ai rigurgiti di nazismo, fascismo e antisemitismo. Alla Ue i Paesi aderenti rispondono, di fatto, solo per i conti pubblici.

E gli altri potenti del mondo? La Cina tutela gli scambi commerciali con il colosso avversario evitando di irritarlo perché non infierisca sui dazi doganali. Putin è cauto perché il terreno su cui si muove, la Libia. è  l’altra faccia del disastrato quadro politico mediorientale. Erdogan cercherà di sfruttare la situazione per le sue ormai chiare ambizioni di costruire il nuovo Impero Ottomano ampliando le sue ingerenze.

E infine l’Italia. Ignorata come alleata, evidentemente non viene tenuta in alcuna considerazione. E allora ci pensa Salvini che addirittura ringrazia Trump per quello che ha fatto uccidendo Soleimani definito terrorista internazionale. Ora, che il capo della Lega faccia una dichiarazione del genere, sono affari dei suoi e di chi lo vota. Ma come si fa a dimenticare che questo signore solo un anno e mezzo fa era vice Presidente del Consiglio, Ministro dell’Interno e che non ha mai nascosto l’intenzione di vincere le elezioni per avere ‘pieni poteri’? Chi ha avuto e aspira a riavere un ruolo istituzionale tanto importante dovrebbe almeno informarsi sull’entità degli interscambi economici con Iran e Iraq, oltre a studiare meglio la Geografia per capire dove si trova il nostro Paese nei confronti del Medio Oriente. Un’Italia appiattita sugli Usa rinuncerebbe a qualunque ruolo di mediazione come in passato è autorevolmente avvenuto.

Qualche osservatore politico ha paragonato l’agguato nell’aeroporto di Bagdad all’attentato di Serajevo del 1914 che diede il via alla prima guerra mondiale. Sembrerebbe azzardato, se non si facesse il raffronto tra le due situazioni storiche utilizzando parametri adatti alle diverse epoche. Allora le rivendicazioni nazionali erano identitarie nei confronti soprattutto dell’Impero Asburgico. Oggi il disastro economico causato dal capitalismo incontrollato ha indebolito le capacità contrattuali degli Stati più piccoli rispetto ai grandi colossi economici.

Gli anni ‘20 del ventesimo secolo rischiano di ripetersi? Il rischio è colossale, anche perché c’è la tendenza a guardare da un’altra parte: i conflitti internazionali e la debolezza o l’assenza dei mediatori, le violenze interne agli Stati, l’insoddisfazione per la qualità della vita e le aggressioni sempre più palesi di neofascisti e neonazisti, la voglia – tutta italiana, stando all’Istat – di affidarsi ad un ‘uomo forte’.

Tutto questo mentre solo le giovani generazioni si mobilitano in massa per la tutela ambientale del pianeta alle prese con il surriscaldamento, incendi devastanti, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei livelli dei mari che rischiano di sommergere alcuni dei luoghi più belli al mondo.

In mancanza di scelte politiche a favore dell’umanità, bisogna anche ammettere la grande debolezza della presenza degli intellettuali, quasi inconsistenti, e la mancanza di un senso forte della storia.

Con i venti di guerra che si innalzano ogni giorno, io ho ripensato alle sconvolgenti immagini delle popolazioni di Hiroshima e Nagasaki immolate sull’altare della necessità di vincere una guerra. Perché dopo quegli spaventosi eccidi l’umanità non si è mai posta la domanda – o se l’ha fatto l’ha tenuta molto nascosta – se eticamente quei massacri di bambini, donne, uomini inermi e che vivevano la loro quotidianità fossero giustificabili. La guerra non si sarebbe potuta vincere in altro modo? E oggi, con l’armamento nucleare centuplicato almeno rispetto ad allora, possiamo accettare, ancora una volta sul piano morale, che una mostruosità del genere possa essere giustificata come deterrente. Che deterrenza sarà se quelle bombe saranno utilizzate?

Che Trump nel suo resort extra lusso tra una buca e l’altra non si ponga il problema – speriamo che, distratto, non risponda sì alla richiesta di un bombardamento questa volta nucleare – si può capire. Chi dovrebbe farlo con urgenza, con forza, è tutto il resto del mondo, magari rivitalizzando quel fantasma che purtroppo è ormai ridotto ad essere l’Onu.

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