Ramadan e consumismo

16 Luglio 2017
Graziano Pintori

Il mese sacro dell’Islam è finito. Il Ramadan, mese del digiuno e della preghiera, si è concluso. Il credente praticante musulmano per 16 ore al giorno e per 30 giorni si è astenuto dal cibo, dal bere, dal sesso, dall’alcol, dal gioco e dal fumo per sentirsi più vicino a Dio e averne timore. Il Ramadan è una pratica di purificazione, è la ricerca interiore della pace, l’assunzione della consapevolezza di appartenere a una nazione benedetta. La persona che pratica il Ramadan si sottrae dalla schiavitù dei sensi e sa che il digiuno fortifica la pazienza, la volontà e la pietà. Il digiuno è sentire la fame come chi non ha di che nutrirsi, è una pratica che perfeziona la propria condotta astenendosi da pensieri illeciti. Con il Ramadan i personaggi neri dell’Isis non hanno nulla da spartire, però di questo non voglio parlare. Trovo interessante, invece, immaginare il digiuno del Ramadan in una società illogica dei consumi come la nostra, che non esiterebbe a definirlo sciocco e dannoso. Un giudizio conseguente al consumismo, ossia a quella cultura dell’usa e getta che domina e condiziona l’uomo“webizzato” dell’occidente, dove i rapporti sociali appaiono semplici rapporti fra cose. Non a caso il consumo di oggetti inutili e insensati è spinto dalla forza propulsiva della pubblicità ossessiva e subdola, tanto è che il consumatore si identifica come un componente della stessa merce consumata: “ nella società dei consumatori nessuno può diventare soggetto senza prima trasformarsi in merce…” (Bauman). Immaginare il Ramadan in una società pervasa, come un cattivo odore in una stanza, dal consumismo chissà a quale sconvolgimento economico si andrebbe incontro. Per esempio: se si dovesse “stringere la cinghia” per un mese come reagirebbe la grande distribuzione alimentare, con dietologi, programmi televisivi e riviste specializzate annesse? E le palestre che rassodano pance e sederi? E il nostro monopolio di Stato? Che trae vantaggio da fumo, alcol e varia ludopatia? E i trafficanti malavitosi? Il mercato del porno shop? Uno tsunami! Un vero disastro, per il sistema finanziario che basa la sua potenza sulla velocità del consumo compulsivo, in cui l’uomo non è altro che una ruota dentata nell’ingranaggio produttivo senza limiti e senza sosta. La tregua di un Ramadan occidentale a-consumistico è inconcepibile, proprio perchè l’uomo occidentale è ridotto a mera macchina da consumo, schiavo dei sensi e privato della bontà delle pause e del silenzio interiore, indispensabili per ascoltare la propria coscienza. Le Encicliche di Bergoglio, contro i “mercati che creano un meccanismo consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti”, si rivelano come voci nel deserto. Prova ne sia anche l’inefficacia delle sue parole assai critiche nei confronti del salvataggio delle banche, valutato, sempre dallo stesso pontefice, come una garanzia per la continuità della “crescita ad ogni costo”, che non è altro l’accrescimento dell’economia dell’esclusione e delle iniquità. Sarà il caso di valutare che per l’occidente sarà sempre più difficile liberarsi da certi stili di vita che scandiscono i nostri ritmi, le nostre abitudini, i nostri vizi, i nostri egoismi. In prospettiva anche il Ramadan potrebbe essere assorbito dal vortice del mercato finanziario, con le sue merci globali e l’universalizzazione degli stili di vita e delle maniere transnazionali di comportamento. Da un estremo all’altro del pianeta si consumano gli stessi programmi televisivi, s’indossano blue jeans e si fuma Marlboro. Non a caso questo tipo di cultura globale ci ricorda il termine macdonaldizzazione. Quindi, ci salverà il Ramadan? Saremo mai capaci di distinguerci dai rifiuti indifferenziati? Siamo veramente nell’Epoca delle passioni tristi? (M. Bensasayag / G. Schmit Ed. Feltrinelli) In cui l’orizzonte sociale e temporale di questi ultimi decenni da futuro-promessa si è trasformato in futuro-minaccia. I fumi delle guerre permanenti, il G20 tedesco appena concluso, purtroppo, ci conferma questa brutta realtà.

[Foto di Anna Maria Brancato del Ramadan a Cagliari]

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