Ricostruire la moralità

1 Giugno 2009

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Marco Ligas

È difficile riscontrare, nella breve storia della Repubblica, un’offensiva  così violenta contro la democrazia come quella che registriamo in queste settimane. Si colpiscono contemporaneamente i diritti dei migranti e quelli del lavoro, la libertà d’informazione e  quella di manifestazione del dissenso; soprattutto si attaccano le assemblee elettive considerate non strumenti di garanzia ma un intralcio alla governabilità.
Gli ultimi episodi che presentano un Presidente del Consiglio che fa il corruttore nelle sue attività imprenditoriali e al tempo stesso intrattiene rapporti con minorenni, sono di una tale gravità che, in un paese più sensibile del nostro nel rispetto della democrazia, avrebbero costretto qualsiasi leader politico alle dimissioni. Da noi invece queste vicende vengono messe ai margini e si individuano altri obiettivi per sferrare l’ennesimo assalto alle istituzioni. Con l’uso quasi esclusivo dei mezzi di informazione Berlusconi cerca di spostare l’attenzione degli italiani su un tema largamente condiviso, quello della composizione pletorica del Parlamento. Conduce questa operazione con la solita demagogia, come se fosse l’unico ad opporsi ai privilegi della casta e come se fosse estraneo alla creazione di una rete clientelare, proprio lui che ne è il promotore e che garantisce ai suoi cortigiani adeguate onorificenze per la subalternità che manifestano. Il suo disegno è quello di riportare l’organizzazione dello Stato alla fase prenapoleonica. È sempre più infastidito dalla presenza della magistratura e del parlamento perché non gli garantiscono piena libertà di movimento; e soprattutto non gli permettono di procedere con rapidità nella realizzazione del suo disegno autoritario. Disprezza la magistratura non solo e non tanto perché viene giudicato un corruttore (in Parlamento dispone di maggioranze che gli consentono di neutralizzare queste accuse), ma soprattutto perché è costretto a contrastare le incriminazioni, deve soffermarsi per tutelare la sua immagine e difendere il consenso di cui ha bisogno e che verifica ripetutamente attraverso i sondaggi.
Il guaio è che il paese sembra diventato amorfo, e insieme ad esso sono entrati in letargo i partiti, quelli che dovrebbero tutelare e lottare con i cittadini per difendere i diritti sanciti dalla Costituzione. Non si reagisce più all’arroganza e alla corruzione del premier, non si coglie sino in fondo il pericolo di un imbarbarimento sociale dove i rapporti tra le persone tendono a fondarsi sempre più spesso sulla competizione e sulla prevalenza sull’altro. Talvolta la competizione diventa un valore che viene idealizzato e perseguito come strumento fondamentale dell’avanzamento sociale.
Anche il ruolo delle donne appare nuovamente cambiato: il processo di crescita culturale e di  emancipazione non segue più l’iter delineato e conquistato dai movimenti femministi negli anni sessanta e settanta. La loro affermazione sociale sembra seguire itinerari diversi, passa attraverso le immagini dei loro corpi, e naturalmente più sono belli e maggiori sono le possibilità del successo; questo può verificarsi indifferentemente sia attraverso gli spettacoli di varietà che con la politica opportunamente trasformata in mercato; anzi l’intreccio tra i due campi è sempre più diffuso. Come interpretare diversamente la vicenda che ha visto coinvolta Noemi Letizia e che dire di una ragazza di 18 anni che dichiara di avere come aspettativa lavorativa o quella di soubrette o quella di parlamentare (neanche consigliere regionale!)?

***
È all’interno di questo contesto politico e sociale che ci apprestiamo ad affrontare due scadenze elettorali importanti. Non saranno determinanti ai fini del cambiamento che auspichiamo ma possono offrire segnali di risveglio.
Una delle due consultazioni riguarda la legge elettorale che verrà definita col referendum del 21 giugno. E’ bene dire subito che la proposta referendaria non solo non migliora la pessima legge attualmente in vigore, ma la rende ancora più sovversiva perché può garantire ad una formazione-partito che ottiene il 30% dei voti, o anche meno purché sia la più votata, una maggioranza di seggi pari al 54%. In presenza di un partito assolutistico come quello di Berlusconi, una riforma del genere garantirebbe i pieni poteri al premier. I dirigenti del Partito Democratico, che spesso dimostrano di aver perso il senso della ragione, invitano gli elettori a votare SI alla proposta referendaria. È invece necessario sconfiggere questo disegno plebiscitario e l’unico modo è far mancare il quorum, perciò il 21 giugno non bisogna andare a votare.
Il 6 e il 7 giugno si vota invece per il rinnovo del Parlamento Europeo. Nonostante l’ipotesi di una Europa Unita non sia recente, ancora oggi queste elezioni vengono considerate prevalentemente dei test, utili per misurare i rapporti di forza tra i partiti nazionali. Sicuramente le istituzioni europee contribuiscono a dare un’immagine di sé non sempre credibile. I loro poteri sono limitati tanto è vero che su alcune materie importanti (la fiscalità, la politica ambientale, quella sociale, ecc.) basta che il governo di un solo paese sia contrario e non si fa nulla. Il Parlamento inoltre non ha sufficienti poteri di bilancio nonostante la maggior parte delle decisioni di politica economica non le compiano più i governi e i parlamenti nazionali, ma l’Unione europea.
Il percorso per arrivare ad un’Europa più coesa e solidale è ancora lungo, anche perché stenta a farsi strada una politica che affronti in maniera efficace e rispettosa i diritti dei più deboli, soprattutto dei migranti, una politica che sia capace di sconfiggere una volta per tutte gli interessi corporativi e nazionali. Anche per queste ragioni, alla vigilia delle elezioni europee, riemergono tendenze astensionistiche alimentate soprattutto da quei partiti o da quelle comunità territoriali che difficilmente verranno rappresentate nelle istituzioni. La Sardegna è una di queste comunità o, come viene talvolta definita, una nazione senza stato e senza rappresentanza in Europa. Perciò riteniamo indispensabile che venga modificata la legge sulla composizione dei collegi elettorali. Ma l’assenza di questa legge e la negligenza di chi non ha provveduto ad attuarla non ci inducono a sostenere l’astensione. Mai come in questo momento è necessario sconfiggere chi intende realizzare un disegno che mortifica la partecipazione e la democrazia, al tempo stesso occorre dare un sostegno alle formazioni della sinistra che rischiano di scomparire anche dal parlamento europeo. Non è prioritario eleggere un candidato sardo, è più importante eleggere candidati di sinistra. Vi sembra che  Maddalena Calia sarda possa tutelare gli interessi della Sardegna meglio di Margherita Hack o Vendola non sardi?

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