Ricostruzione. I soldi servono, molti, maledetti e subito

20 Aprile 2020
[Franco Ventroni]

Ospitiamo l’opinione di Franco Ventroni in risposta al recente articolo di Roberto Mirasola relativo agli accordi in sede Ecofin sull’ultimo numero del manifesto sardo. (red)

Recentemente, da europeista convinto, ho criticato la politica finanziaria messa in campo dalla Unione Europea per sostenere l’Italia e altri paesi europei in questo tristissimo momento di crisi epocale, scatenata dal corona virus.

Confermo, pertanto, quanto da me dichiarato sia sulle incaute dichiarazioni sul nostro Paese della Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, pronunciate in difesa dei Paesi forti del nord Europa, sia delle frettolose parole di Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea che aveva affermato rivolta all’Italia: “non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per questi problemi”. Tenete conto che il nostro Paese aveva semplicemente chiesto l’intervento della BCE per rispondere ai disastri lasciati dalla pandemia nel nostro tessuto economico.

Ad onor del vero devo affermare che Christine Lagarde ha brillantemente recuperato, sia sotto il profilo dell’immagine, sia sotto il profilo finanziario, mettendo a disposizione 750 miliardi dei paesi UE, tra i quali anche l’Italia, per acquistare i BTP necessari a rilanciare le loro economie.

La signora Von der Leyen, invece, ha continuato a sproloquiare salvo poi scoprire che è arrivata l’ora delle scuse affermando nella sessione plenaria del Parlamento Europeo “E’ vero che molti erano assenti quando l’Italia ha avuto bisogno di aiuto all’inizio di questa pandemia. Ed è vero l’UE ora deve presentare una scusa sentita all’Italia.” Subito dopo ha aggiunto: “Ma le scuse valgono solo se si cambia comportamento. C’è voluto molto tempo perché tutti capissero che dobbiamo proteggerci a vicenda.”

Le mie critiche però non intendono sminuire il ruolo fondamentale che l’Unione Europea ha sinora svolto nel promuovere, tra gli altri obiettivi, lo sviluppo economico, la stabilità monetaria, una buona politica di coesione, la preservazione della pace, l’affermazione dei diritti di cittadinanza e la costruzione di un’identità europea. Resto, quindi, critico ma ancorato ad una Europa solidale cosi come immaginata dai suoi padri costituenti a Ventotene.

Alcune affermazioni e soprattutto le conclusioni, proposte su questo giornale qualche giorno fa da Roberto Mirasola sul possibile utilizzo, da parte dell’Italia, del MES più noto come “Fondo salva Stati”, non mi trovano d’accordo.

Premetto che dopo lo tsunami del corona virus sono rimasto stordito ma pienamente convinto che i Paesi del Nord Europa (Germania, Olanda, Austria, Svezia e Danimarca) avrebbero avuto un atteggiamento ostile nei nostri confronti sia sulla ricostruzione, sia sull’utilizzo degli strumenti finanziari europei. Cosi come in Italia conoscevamo già da tempo le litanie e le giaculatorie di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini sui pericoli provenienti dall’utilizzo del MES. Mai avrei immaginato però un atteggiamento cosi barricadero assunto dai 5Stelle contrari a priori all’utilizzo del MES, con o senza condizionalità, che ha peraltro influito, e non poco, anche sul Presidente del Consiglio.

Intendo, quindi, esprimere il mio dissenso dicendo anche che la discussione, avviata a livello nazionale dai partiti della maggioranza, in particolare dai 5 Stelle, oltre ad essere sbagliata nel metodo resta ambigua, contraddittoria e sotto alcuni aspetti quasi “tafazziana”. L’astensione odierna al Parlamento Europeo dei pentastellati sulle risoluzioni riguardanti il MES e il Recovery Fund proposto dai francesi, rischia di potenziare enormemente il voto contrario della Lega e di Fratelli d’Italia, creando cosi una spaccatura insanabile all’interno della maggioranza di Governo. Del resto, come molti di voi sanno, non mi convincono ne la tardiva presa di posizione dei cerchiobottisti del PD, ne quella di Matteo “gianburrasca” Renzi, impegnato a rimarcare la sua visibilità quotidiana.

La stessa mozione proposta da Stefano Fassina, accompagnata dalle firme di circa 100 docenti universitari contro l’utilizzo del MES, non contribuisce a creare quel clima di unità necessario per conferire un “sereno” mandato al Presidente del Consiglio Conte per trattare la posizione italiana all’interno dell’Eurogruppo sul  MES e sul Recovery Fund.

Resto contrario, pertanto, ad una mera discussione incentrata solo sull’utilizzo di questo strumento senza collegarlo alle altre fonti di finanziamento (Riprogrammazione dei Fondi Strutturali 2014-2020; BCE; Fondo SURE; Risorse Fondi strutturali 2021-2027; Recovery Fund/Corona Bond; MES) anche perché l’incidenza di quest’ultimo, nell’ambito delle risorse da reperire, per fare fronte ai disastri determinati dal corona virus, incide per il 10-15%  sul totale delle risorse necessarie per la ricostruzione.

Perciò caro Roberto occorre fare chiarezza: come tu sai, dopo un serrato confronto delle diplomazie economiche dei paesi dell’Eurogruppo, sono crollati, nell’arco di 15 giorni, il mito del Patto di Stabilità e le condizionalità sul MES.

Per ottenere risultati tangibili su questo fronte occorre, quindi, ricostruire prima l’unità in seno alla maggioranza di Governo, per poi coinvolgere la Francia, la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda e la Grecia nell’aspra battaglia che si terrà il 23 Aprile.

La discussione deve comunque tener conto che nel frattempo sono avvenuti alcuni fatti importanti: c’è stata la sospensione del Patto di Stabilità; l’approvazione del Piano da 750 miliardi da parte della Banca Centrale Europea che ci porterà circa 210 miliardi di euro; sono disponibili, inoltre, circa 100 miliardi rinvenienti dalla riprogrammazione dei Fondi Strutturali (FESR-FSE-FEASR-SFOP); altri 20 miliardi arriveranno dalle attività consolidate della BEI (Banca Europea degli Investimenti); altri 20 miliardi, invece, dal Fondo SURE a favore del mercato del lavoro, attualmente di competenza del Commissario Gentiloni; ulteriori risorse aggiuntive, si parla di circa 50 miliardi, potrebbero arrivare, soprattutto dopo le dichiarazioni della Von der Leyen, dal bilancio comunitario 2021-2027 e quindi dai Fondi Strutturali.

Rispetto al traguardo di 500 miliardi di euro, ipotizzato dal Governo Conte e necessari per la ricostruzione italiana, mancano ancora all’appello circa 200 miliardi. Allora come reperirli?

Questo può essere fatto come dice Emanuel Macron che lo ha proposto, attraverso un nuovo strumento chiamato RECOVERY BUND. Si tratta, in particolare, di costituire un fondo che dovrebbe avere “l’obiettivo di favorire una ripresa coordinata dell’economia dell’Unione Europea, finanziando attraverso il bilancio comunitario azioni specifiche elaborate per rilanciare l’economia in linea con le priorità europee e assicurando la solidarietà dell’Ue verso gli Stati membri più colpiti”. Il Fondo nello specifico dovrebbe finanziare, prevalentemente, progetti nel campo dell’economia circolare, nell’ambito della transizione energetica e del digitale, in grado di aiutare gli Stati dell’Ue a riprendersi il più rapidamente possibile dalla crisi.

Un fondo di questo tipo ha bisogno ovviamente di molte risorse, si sta ragionando su una dotazione di 600/800 miliardi di euro. Il progetto, presentato dalla Francia, contiene un’idea precisa di finanziamento: emettere delle obbligazioni basate su garanzie comuni dei 27 Stati membri. Il suo finanziamento passerebbe quindi dall’emissione di Eurobond, titoli di debito sostenuti dall’intera Unione Europea.

Questa modalità rischia però di negare i principi della politica di coesione e solidarietà. Tutti potranno accedere al Fondo indistintamente: ciò determinerà sicuramente che le risorse che servono ai Paesi, maggiormente colpiti dalla pandemia, vengano attribuite nelle stesse quantità anche ai Paesi ricchi appena sfiorati dal corona virus.

L’altro Fondo a cui attingere è il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità). Il Fondo è stato creato nell’ottobre 2012 in sostituzione del Fondo salva Stati, un meccanismo temporaneo istituito nel 2010 per far fronte alla crisi del debito sovrano. Nell’Eurogruppo del 9 Aprile scorso è stata creata, all’interno del MES, una nuova linea di credito, alla quale possono accedere tutti i Paesi dell’Euro senza condizionalità, fino al 2% del PIL, per fare fronte alle spese determinate dal corona virus. Quindi la sola condizione è questa: il finanziamento diretto o indiretto dei costi sanitari di cura e prevenzione dovuti alla crisi Covid-19. Resta fermo però, anche se in assenza di condizionalità, la garanzia sulla restituzione del debito resta in capo ai singoli Paesi che contraggono il debito. Non voglio annoiarvi con ulteriori spiegazioni ma semplicemente dirvi che verrebbe concessa “una linea di credito a condizioni rafforzate che è un modello di prestito per stabilizzare un Paese che rischia difficoltà di mercato”. Il sostegno previsto per la pandemia rientra formalmente in questo braccio operativo del Fondo salvataggi, con la novità che stavolta non prevede condizioni di riforma. Ma ciò che tutti omettono, perché in larga parte contrari, è un vantaggio competitivo non da poco: se un governo chiede al MES l’accesso al prestito anti-pandemia, che è di fatto una linea di credito a condizioni rafforzate, mette la BCE legalmente in grado di decidere di comprare i suoi titoli su scadenze da uno e tre anni senza limiti quantitativamente prefissati”. L’ipotesi di utilizzo va visto, quindi, positivamente: la condizionalità è in sostanza azzerata e il Paese che dovesse chiedere la linea di credito può beneficiare dello scudo della BCE ed evitare cosi manovre speculative.

Detto questo vorrei concludere invitando tutti, ma soprattutto gli amici di 5Stelle e l’On. Fassina, a fare un doppio salto mortale carpiato in avanti per uscire dall’angolo in cui si sono cacciati con il no categorico al MES. Li invito, inoltre, anche se bonariamente, ad un democratico silenzio almeno sino al 23 Aprile, se non altro per consentire al Presidente del Consiglio di presentare una posizione univoca all’Eurogruppo. Anche perché di oppositori in Italia ne abbiamo tanti e anche molto agguerriti.

Lasciamo, quindi, alle diplomazie economiche e ai responsabili dei Governi gli accordi finali che spero siano soddisfacenti per l’Italia e soprattutto per quei Paesi che hanno estremo bisogno delle risorse per uscire dal tunnel della crisi scatenata dalla pandemia.

Senza quelle risorse, provenienti dagli ultimi due strumenti prima richiamati, saremo costretti a rivolgerci ai mercati speculativi finanziari internazionali che ci chiederanno altissimi interessi, forse uguali o superiori a quelli che chiedeva l’usuraia nuorese Zia Kallina, ricordata da Grazia Deledda in “Canne al Vento”, che prestava i soldi al giovane Giacinto. Lascio però ai lettori la curiosità di andare a vedere come è andata a finire la storia.

I soldi per la ricostruzione, lo dico brutalmente, ci servono: molti, maledetti e subito.

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