Santo Stefano: area naturale protetta, turismo e base militare

16 Ottobre 2016
Stefano Deliperi

La storia e la realtà dell’Isola di Santo Stefano, nell’Arcipelago della Maddalena, è davvero singolare e curiosa, per certi aspetti.

Tre chilometri quadrati (quarta per estensione nell’Arcipelago), dalla forma tondeggiante, con il solo piccolo rilievo del Monte Zucchero (m. 101), ricca di granito e macchia mediterranea, ha da secoli una funzione militare di grande rilievo.

Venne fortificata in epoca sabauda in funzione anti-francese, come buona parte dell’Arcipelago, con la realizzazione (1773) del Forte San Giorgio, munito di artiglierie. Pensò di servirsene bene un giovane ufficiale della Francia rivoluzionaria di cui ancora si parla, Napoleone Bonaparte, che, da buon artigliere, piazzò la sua raccogliticcia batteria di cannoni per bombardare La Maddalena nel corso della sfortunata spedizione contro la Sardegna del 1793.

A Santo Stefano, da più di 150 anni di proprietà della famiglia Serra, trovarono posto un oliveto, un boschetto di querce da sughero, un frutteto (piantati a fine ‘800) e la cava di granito di Villamarina, attiva fino alla fine della II guerra mondiale. Qui, abbandonata, si trova l’enorme statua grezza di Costanzo Ciano, gerarca fascista, mai posta nell’incompleto mausoleo dei Ciano, sul mare livornese.

Negli anni ’70 del secolo scorso venne realizzato il villaggio turistico Valtur, oggi della Club Viaggi del gruppo Uvet: 309 camere, 2 ristoranti, servizi vari. Nel corso dei secoli la “vocazione” militare venne comunque continuata, sul lato est dell’isoletta.

Il 23 dicembre 1969 vennero posti tre vincoli di servitù a destinazione militare (decreti ministeriali n. 1585, 1586 e 1587) su altrettante aree (parco torpedini di Punta S. Stefano, al deposito carburanti di Punta Sassu e batteria costiera di Punta dello Zucchero) e vennero realizzate alcune strutture militari, in un grande deposito militare, in parte in galleria sotterranea, posto sotto comando italiano e nell’organizzazione N.A,T.O. (Guardia del Moro).

I vincoli sono stati reiteratamente rinnovati e sono tuttora in corso, nonostante vari contenziosiL’11 agosto 1972 viene stipulato un accordo, il cui contenuto è stato secretato, fra Italia e U.S.A., che ha dato luogo alla realizzazione di un punto di approdo per una nave appoggio-officina della U.S. Navy per sommergibili a propulsione nucleare, con connesse strutture di servizio a terra.

La base d’appoggio della Marina militare statunitense venne dismessa il 25 gennaio 2008 per le mutate condizioni geopolitiche. E’ rimasta la base della Marina militare italiana, che recentemente ha avuto un forte ritorno d’interesse.

Infatti, le strutture saranno riconfigurate (abbassamento di un metro dell’attuale molo, ampliamento della testata di 600 metri quadri, realizzazione di un cassone don funzioni di briccola di 180 metri quadri, con costo complessivo 5 milioni di euro) per permettere l’approdo delle navi di grandi dimensioni, a iniziare dalla portaerei Cavour.

La relativa procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale è in via di conclusione positiva, con il parere favorevole dell’Assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente (nota prot. n. 18070 del 22 settembre 2016) in quanto le “l’entità limitata delle opere e il loro ricadere all’interno del compendio militare esistente … gli effetti previsti in fase di cantiere e di esercizio e le mitigazioni proposte, consentono di condividere le valutazioni del proponente che ritiene moderate le conseguenze complessive della realizzazione dell’intervento”.

Da notare il curioso siparietto fra il Presidente della Regione Francesco Pigliaru, l’Assessore della Difesa dell’Ambiente Donatella Emma Ignazia Spano e la struttura assessoriale.

Il 17 agosto 2016 tuona il Presidente Pigliaru: “la posizione della Presidenza della Regione Sardegna sul tema delle servitù militari è nota da tempo: si lavora per la riduzione delle servitù militari e qualsiasi incremento troverà la ferma opposizione del governo regionale. Proprio in merito all’imposizione della servitù a Santo Stefano, per la quale il presidente Pigliaru ha negato l’autorizzazione al rinnovo, al Governo si chiede da tempo di affrontare, in base al principio di leale collaborazione, i nodi cruciali del rilancio in chiave turistica di La Maddalena e non certo di programmare ampliamenti della presenza militare.

Il successivo 29 settembre, a parere favorevole rilasciato, interviene ferma l’Assessore Spano: “la valutazione tecnica, però, certamente non si sostituisce alle valutazioni di carattere politico, già espresse in modo chiaro e netto in precedenti dichiarazioni dal Presidente della Regione. È evidente che l’iniziativa progettuale del Ministero competente risente ancora di un mancato coinvolgimento del governo regionale in una scelta che ha implicazioni sui programmi di sviluppo”.

Delle due l’una: o non hanno ben chiaro il ruolo e la funzione dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale oppure politicamente non contano nulla. Non so cosa sia peggio. Insomma, nel 2018 vedremo la portaerei Cavour all’attracco a S. Stefano. C’è comunque altro di cui occuparsi seriamente. In numerosi porti italiani possono attraccare navi e sommergibili a propulsione nucleare (e sarà già accaduto chissà quante volte), ma la popolazione residente non ha alcuna informazione su come comportarsi in caso di disgraziato incidente.

Secondo quanto indicato nel “Piano di emergenza per le navi militari a propulsione nucleare”, elaborato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione civile (luglio 1996), i porti che possono accogliere naviglio a propulsione nucleare sono quelli di Augusta, Brindisi, Cagliari, Castellamare di Stabia, Gaeta, La Spezia, La Maddalena, Livorno, Napoli, Taranto, Trieste e Venezi

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha, quindi inviato (3 e 7 ottobre 2016) una specifica richiesta di informazioni ambientali concernente la necessaria pubblicizzazione e informazione dei piani di emergenza per i rischi di incidente nucleare in favore della popolazione residente nelle città interessate, fra cui Cagliari e La Maddalena.

Sono stati coinvolti tutti i Prefetti e i Sindaci dei centri costieri interessati, il Dipartimento della Protezione civile ed è stata informata la Commissione europeaSi ha motivo di ritenere che questi piani ancora non siano stati predisposti, perché il Prefetto di Cagliari – in base a precedenti richieste ecologiste effettuate riguardo i porti di Cagliari e La Maddalena – aveva comunicato che “solo recentemente la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha diramato il ‘Rapporto Tecnico’ in base al quale potrà esser elaborato il citato Piano” (nota Prefetto Cagliari prot. n. 48804/2015/P.C. del 28 luglio 2015).

Eppure non si tratta di eventi impossibili: il 17 ottobre 2003 il sommergibile a propulsione nucleare Hartford della Marina Militare U.S.A. s’incagliò nella Secca dei Monaci, proprio nell’Arcipelago della Maddalena: ufficialmente non si è avuta notizia di fuga di materiale radioattivo, ma di sicuro solo una buona dose di fortuna evitò danni gravissimi all’ambiente e alle persone.

Il Prefetto di Sassari (nota prot. n. 2847/AREA III^/Prot.Civ. dell’8 aprile 2005) aveva reso noto che “il piano di emergenza esterna per l’arcipelago della Maddalena … di recente definito è attualmente oggetto di una specifica illustrazione agli organismi interessati alla sua attuazione” per consentire la condivisione delle procedure attuative. Successivamente “si prevede che a breve … verrà assolta la finalità di garantire alla popolazione, secondo prefigurate linee di indirizzo, sia l’informazione preventiva sui casi di emergenza prevedibili, sia l’informazione sul comportamento da adottarsi nelle ipotesi di una concreta effettività dell’emergenza”, pur non esistendo tuttora indicazioni da parte della prevista Commissione permanente per l’informazione né lo specifico decreto attuativo. Giustamente si ritiene che “un’efficace risposta di protezione civile a qualsivoglia previsione di emergenza” discende dall’adeguata informazione preventiva e dall’opportuna conoscenza delle norme comportamentali da seguire in casi di emergenza.

Nel maggio 2005 il Prefetto di Sassari aveva consegnato la voluminosa copia del piano di emergenza per i rischi di incidente nucleare derivante dalla presenza dei sottomarini U.S. Navy a propulsione nucleare di S. Stefano, nell’Arcipelago della Maddalena, ai Comuni interessati (La Maddalena, Palau, S. Teresa di Gallura ed Arzachena). Nel novembre 2005 il piano venne presentato a porte chiuse presso il Comune di La Maddalena, ma venne ritenuto inadeguato e inattuabile dall’Ente locale.

Nel gennaio 2008 la U.S. Navy levò le ancore e non se ne fece più nulla. Ora, il Prefetto di Sassari (nota prot. n. 80888 dell’11 ottobre 2016), dopo l’ultima istanza ecologista, chiede alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione civilecortesi delucidazioni sulla possibilità di futuro approdo in quel sito di navigli a propulsione nucleare e sul conseguente obbligo … di fornire la ‘informazione preventiva alla popolazione’”.

Per avere una risposta, seppur di massima, basterebbe ricordare che le marine militari americane, britanniche e francesi sono dotate di navi e sottomarini a propulsione nucleari e – dettaglio non secondario – sono alleate dell’Italia nell’ambito N.A.T.O. Comunque, la predisposizione dei piani di emergenza per il rischio di incidenti nucleari è un obbligo comunitario da parecchi anni.

Infatti, il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 e s.m.i., attuativo delle direttive n. 89/618/Euratom e n. 96/26/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, prevede che lo Stato provveda alla tutela delle popolazioni potenzialmente esposte al rischio di incidenti negli impianti nucleari delle varie tipologie mediante la predisposizione di specifici piani di emergenza (art. 115). Detto obbligo sussiste anche nei casi in cui il rischio non sia preventivamente correlabile con alcuna area del territorio nazionale, nei casi di impianti situati al di fuori del territorio nazionale, nel corso di trasporti di sostanze radioattive e – in particolare – in caso di incidenti su naviglio a propulsione nucleare in aree portuali.

Aspetto fondamentale della predisposizione dei piani di emergenza per i cc. dd. rischi di incidente nucleare è la specifica campagna di informazione (art. 129), a carattere obbligatorio: le informazioni devono, inoltre, le informazioni devono essere sempre accessibili al pubblico e devono essere fornite senza che la popolazione debba richiederle. La popolazione deve, inoltre, essere regolarmente informata e regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria a essa applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul comportamento da adottare in caso di emergenza nucleare (art. 130)1.

Responsabile dell’attuazione dei dispositivi dei piani di emergenza e dell¹informativa alla popolazione previsti dalla legge è il Prefetto territorialmente competente, che si avvale di un Comitato del quale fanno parte i rappresentanti delle Forze dell’ordine, dei Vigili del Fuoco, del Servizio sanitario nazionale, del Genio civile, dell’Esercito, della Marina, dell’A.P.A.T., della Regione interessata e degli Enti locali. Il Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri deve essere costantemente aggiornato sui piani di emergenza locali e loro eventuali modifiche per potere coordinare eventuali emergenze di vasta scala che coinvolgano più Regioni.

Finora l’attuazione sembra sia ancora in alto mare, è proprio il caso di dire. L’Arcipelago della Maddalena – e l’Isola di S. Stefano – sono tutelati con specifico vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), nonché con parziale vincolo di conservazione integrale (legge regionale n. 23/1993.     Rientrano, inoltre, nel parco nazionale dell’Arcipelago della Maddalena (legge n. 394/1991 e s.m.i., D.P.R. 17 maggio 1996) e nel sito di importanza comunitaria – S.I.C. e zona di protezione speciale – Z.P.S.  “Arcipelago La Maddalena” (codice ITB010008), ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali.

Vi sarebbe la concreta possibilità di puntare con decisione su un economia basata sugli eccezionali valori ambientaliDa più di due secoli la presenza militare a La Maddalena è parte rilevante della vita dell’Arcipelago, la dismissione, la bonifica ambientale e la riqualificazione a fini turistici di numerosi edifici e aree storici, l’Arsenale in primo luogo, han dato luogo a uno dei peggiori fenomeni di criminalità ai danni dell’ambiente e della pubblica amministrazione dell’Italia repubblicana. E’ sempre più necessario voltare pagina, ma come?

1 L’informazione deve comprendere almeno i seguenti elementi:
a) natura e caratteristiche della radioattività e suoi effetti sulle persone e sull¹ambiente;
b) casi di emergenza radiologica presi in considerazione e relative conseguenze per la popolazione e l¹ambiente;
c) comportamento da tenere nella malaugurata eventualità di incidente nucleare di vario tipo;
d) autorità ed enti responsabili degli interventi e misure urgenti previste per informare, avvertire, proteggere e soccorrere la popolazione in caso di emergenza radiologica (art. 130 del decreto legislativo n. 230/1995 e successive modifiche ed integrazioni).

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