Sardegna e Sardistàn

16 Luglio 2010

deliperi

Stefano Deliperi

Ci sono delle importanti riforme nel campo ambientale che entrano nell’immaginario collettivo e poi divengono parte del sentire comune.  Diventano così indiscutibili, da loro non si può più tornare indietro, sono un punto fermo per la salvaguardia del territorio.  Perché questo accada, però, è necessaria la volontà politico-amministrativa e rilevanti passi concreti. E’ il caso, ad esempio, della c.d. Legge Galasso, la n. 431/1985, che ha tutelato con il vincolo paesaggistico intere categorie di beni ambientali e ha reso obbligatori i piani paesistici, è il caso della legge regionale sarda n. 23/1993 che ha posto il vincolo di inedificabilità (temperato) nella fascia dei mt. 300 dalla battigia marina (e che oggi il becero piano dell’edilizia dell’Amministrazione Cappellacci tenta di rimetter in discussione). E’ il caso, in Francia, del Conservatoire du Littoral, che gestisce con successo ormai ben 135.000 ettari di litorali francesi, 1.000 km. di costa, 600 siti d’interesse naturale.  Nato nel 1975, si è sviluppato indistintamente sotto governi di centro-destra (il Conservatoire è stato istituito sotto la presidenza di Valèry Giscard d’Estaing) e di centro-sinistra.  Anzi, tutti i governi hanno tenuto in particolar conto il rafforzamento dell’attività di acquisizione e gestione delle coste da parte del Conservatoire. Oggi a nessun francese, ancor più se uomo politico, verrebbe in mente di metter in discussione l’esistenza del Conservatoire du Littoral.   Perché ha agito, ha fatto, gestisce e tutela concretamente significative parti delle coste francesi. In Sardegna s’è provato a seguirne l’esempio. La Conservatoria delle coste della Sardegna, nata nel 2005 quale Servizio della Presidenza della Regione autonoma della Sardegna e diventata Agenzia regionale nel 2006, è stata fortemente promossa e sostenuta dalle associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico ed era uno dei punti qualificanti del programma della coalizione di centro-sinistra di Renato Soru.   Era immaginata soprattutto sul modello del Conservatoire du Littoral (e in misura minore del National Trust inglese). I risultati, però, sono stati finora modesti sul piano della concreta gestione delle aree costiere e non sono certo compensabili dall’attività di sensibilizzazione e da svariati ed encomiabili progetti di tutela di specie marine (polpo, astice, riccio di mare, ecc.). Dopo un’iniziale e promettente ricognizione delle zone litoranee appartenenti al demanio e al patrimonio della Regione e dei vari soggetti controllati (E.R.S.A.T., oggi Agenzia Argea, S.B.S., ecc.), non vi è stato alcun conferimento di esse alla Conservatoria delle coste, anche per la malcelata ostilità dell’apparato tecnico-amministrativo regionale di settore, anche allora diretto da Gabriele Asunis, già Assessore regionale dell’urbanistica con la Giunta Masala (centro-destra) e oggi nuovamente al medesimo posto.   Da Direttore generale del demanio, nominato dalla Giunta Soru, non favorì in alcun modo l’acquisizione di tratti di costa alla gestione della Conservatorìa.   Per non parlare degli organici e dei bilanci ridotti all’osso. L’Agenzia della Conservatoria delle coste solo dal 2008 ha iniziato a dotarsi di personale in buona parte proveniente dal programma Master and Back. Di fatto, oltre varie manifestazioni di sensibilizzazione,  è ancora agli albòri riguardo la gestione di tratti di litorale, con l’avvìo del programma di recupero dell’ex tonnara di Is Mortorius (Quartu S. Elena) e di alcune torri costiere lungo i litorali isolani. L’obiettivo iniziale dichiarato di acquisire e gestire i tratti di costa più importanti dal punto di vista naturalistico per preservarli definitivamente dal rischio speculativo non è mai stato perseguito con decisione e convinzione, sia durante l’Amministrazione Soru che – men che meno – durante l’attuale Amministrazione Cappellacci.     Della promessa donazione di Scivu alla Conservatorìa delle coste da parte di Renato Soru s’è persa traccia, così come – ad esempio – se fossero stati acquistati gli ettari di Malfatano e Tuerredda oggi non assisteremmo agli scempi causati dalla speculazione edilizia arrembante dei Toti, della Marcegaglia, dei Caltagirone sulla costa di Teulada. Ora la Giunta regionale, con il suo disegno di legge sulla manovra per il riassesto finanziario, intende tagliare quattro agenzie regionali, fra cui l’Agenzia della Conservatoria delle coste sarde.   Tutto in linea con l’assenza totale di disegno politico-strategico di questa Amministrazione Cappellacci, ogni giorno sempre più screditata e travolta dalle indagini sugli scandali dell’energia eolica e della dipendenza da centri di potere opachi. Tuttavia non è proprio il caso di demordere: l’Agenzia della Conservatoria delle coste sarde dev’essere mantenuta, potenziata, portata ai virtuosi obiettivi iniziali.    Deve iniziare a gestire davvero i tratti più importanti sul piano ambientale delle coste sarde, deve iniziare ad acquistarli per sottrarli alla speculazione edilizia. Tagli per risparmiare si devono e si possono fare sui mille sprechi regionali: ad esempio risparmiando ben 300.000 euro destinati al sostegno di un cavolo di premio del cinema “Rodolfo Valentino” (deliberazione Giunta regionale n. 20/22 del 19 maggio 2010) tanto per iniziare. P.S.  sulla ventilata chiusura dell’Agenzia della Conservatorìa delle coste s’avverte finora un silenzio assordante quasi completo da parte delle forze politiche, comprese quelle che hanno dato vita all’importante strumento di gestione dell’ecosistema costiero. Per non parlare di Istituzioni universitarie e altro che – direttamente o meno – dalla Conservatorìa delle coste hanno avuto vari vantaggi.

5 Commenti a “Sardegna e Sardistàn”

  1. Giulio Angioni scrive:

    Parole giuste e importanti. E ne ringrazio Stefano Deliperi.
    Vorrei però far notare che non mi aggrada, se intendo bene, il titolo “Sardegna e Sardistàn”, probabilmente redazionale, che si ripete ormai spesso anche altrove in Sardegna, e che consiste, sempre che legga bene, nell’indicare così uno stato di minorità terzomondista, più o meno islamica, comunque arretrata e di malgoverno non degno di un paese occidentale odierno. Si è fatto per secoli con l’Africa, per decenni per la Corea, con il Far West, il Biafra e così via,. Sicuramente, se intendo bene il gioco, senza traccia di consapevolezza della gerarchizzazione dispregiativa che sottende un simile gioco di “parole”. Se ho qualche ragione, ne conseguirebbe un suggerimento di bando da queste pagine di un tal gioco eurocentrico di geopolitica gerarchizzante. Sempre che non sbagli.

  2. Stefano Deliperi scrive:

    il “Sardistàn”, oscura regione becerotta del Mediterraneo centrale, è soprattutto un “luogo dell’anima”. Delle “anime putride” che non gestiscono decentemente quella che dovrebbe essere una “regione dell’Europa unita”, che approfittano e derubano le risorse ambientali, sociali, economiche della nostra Terra. La geografia qui arretra davanti alla cialtronaggine. Sta a noi cacciar via tali “anime putride” e restituire dignità e valore alla nostra Sardegna.

  3. Marcello Madau scrive:

    Il titolo non è redazionale: è vero che operiamo un intervento sui titoli in ogni numero, come da tradizione manifestina. Ma – forse per la natura più meticcia del manifesto sardo (di manifestini d.o.c.g. siamo ben pochi….) – in presenza di termini tipici del pensiero di un determinato autore, non li modifichiamo: togliere Sardistàn sarebbe togliere un punto caratterizzante la critica di Deliperi. Etimologicamente possiamo dire senz’altro che il Sardistàn è la terra dei sardi, come l’Afganistan quella degli Afgani, il Turkmenistan quella dei Turkmeni e via dicendo.
    Stefano Deliperi – lo si vede nel ricchissimo sito del Gruppo di Intervento Giuridico, dove vi è un capitolo chiamato ‘Cronache dal Sardistàn’ – impiega da anni questo termine, che nel suo uso indica – come più sopra spiegato – una regione dove molte cose spiacevoli stanno succedendo: ed è una fortuna che ci sia gente come lui, il GIG e Amici della Terra a denunciarle senza sosta.
    Ma la questione posta da Angioni è molto seria, perché si tratta di un termine spregiativo che si connette al Vicino e Medio Oriente. Regioni dalle quali, anche se orgogliosi (io non lo sono troppo) del nostro ‘Occidente’, abbiamo anche molto da imparare e verso le quali – a giudicare da ciò che si è visto – esportiamo cose poco edificanti. Il segnale europeo di Stefano va accolto, eppure finchè saremo un Europa senza quello che noi chiamiamo Oriente, dove Europa originariamente era, saremo ancora figli di conquistadores, colonialisti e crociati.

  4. Giulio Angioni scrive:

    Fuori Firenze, ai tempi di Dante, c’era una discarica di putridumi e carogne che aveva per nome “Sardigna”. Forse i fiorentini allora erano informati della Sardegna meglio di quanto noi oggi siamo informati dei vari -stan orientali.

  5. Cristina Ronzitti scrive:

    E se si organizzasse qualche iniziativa di sensibilizzazione, magari con la Frassoni, per parlare di sviluppo sostenibile?

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI