Scenari possibili per la sinistra dispersa

1 Novembre 2014
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Franco Tronci

Ora che si è, finalmente, dileguato ogni equivoco intorno alla natura del partito, il PD, disceso dal PCI e l’esigua speranza che qualcuno nutriva che questo potesse ancora rappresentare almeno una parte di quella che un tempo veniva chiamata Sinistra,  che oggi è frantumata nelle schegge di piccole formazioni che si ispirano al comunismo, nella disperazione dell’astensionismo, e nella consolazione del movimentismo, è forse venuto il momento di procedere alla ricostruzione e di provare a delineare possibili itinerari di rinascita.
Nel desolante spettacolo di una sinistra PD inebetita dal trionfo della pochezza intellettuale, della spregiudicatezza senza limiti, delle trovate avventurose di una banda di masnadieri sostenuta, senza reticenze, da quasi tutti i mezzi di comunicazione e pronta ad alleanze inimmaginabili e compromettenti (già si parla di partito-nazione) poche alternative restano a chi si ritiene portatore e compartecipe di un’idea di società alternativa al liberismo e agli spiriti animali del capitalismo generatori della crisi nella quale ci troviamo.
In sintesi e semplificando al massimo: se l’attuale leader del destra-centro-destra al governo trova difficoltà a superare indenne la reazione che comincia a manifestarsi nella società (movimenti, parte dei sindacati, aggregazioni sociali, culturali, ecc.) in difesa del welfare, delle garanzie costituzionali, delle regole della democrazia parlamentare, dei diritti civili, lo sbocco della convocazione delle elezioni con una legge elettorale persino, se possibile, peggiore dell’attuale (giudicata, peraltro, incostituzionale dalla Consulta) appare molto probabile.
Una scelta simile vedrebbe la minoranza del partito di Renzi espulsa o resa totalmente ininfluente dall’alleanza con una destra riunificata.
Il secondo scenario che si prospetta è quello che vede l’attuale maggioranza di governo (col soccorrevole appoggio di Berlusconi) navigare in semi-tranquillità e realizzare le cosiddette “riforme” nel prossimo triennio predisponendo per il paese un altro ventennio di malgoverno e corruzione.
In questa successione di possibili scenari mancano, come è evidente, considerazioni pertinenti sul ruolo della presidenza della repubblica e sulla delusione generata da fenomeni politici approssimativi come il movimento di Grillo e Casaleggio. Tali questioni, tuttavia, potrebbero essere riprese qualora si riuscisse a riattivare, nella sinistra dispersa, l’abitudine all’analisi ed al confronto politico. In ogni caso, esse risultano, dal modesto punto di vista di chi scrive, secondarie rispetto a quelle che attengono alla riaggregazione ed alla fine della dispersione della sinistra.
I.
Di fronte allo scenario n.1 (elezioni  nella primavera del 2015) è d’obbligo pensare a processi rapidi e ad iniziative antitetiche alle ragioni che hanno generato la dispersione e la frantumazione (settarismo, leaderismo, rifiuto della politica attiva, opportunismo, ecc., ecc.). E’ doveroso ricordare come a queste logiche non sia sfuggita neppure la recente esperienza di Tsipras.
In particolare, deve essere evitata qualsiasi tentazione di accelerare la costituzione di un partito unico della sinistra che non sia stata preceduta da una profonda riflessione delle esperienze passate e da uno stringente dibattito sulla direzione della progettazione del futuro.
Più impellenti appaiono, invece, altri due aspetti: il programma elettorale di governo e il modo di costruzione della rappresentanza.
Il primo deve far perno sulla difesa e l’attuazione della Costituzione, sul ripristino  della legalità, la promozione del lavoro, la tutela dell’ambiente, della cultura, della scuola, dell’università e dei diritti della persona.
Aldilà delle semplificazioni, si tratta di delineare un’alternativa ricca di prospettive di sviluppo nonché di soluzioni utili all’uscita dalla crisi. Ad essa deve accompagnarsi l’impegno della cancellazione delle leggi più deleterie prodotte, negli ultimi trent’anni, dal berlusconismo e dalla logica dell’emergenza.
Le candidature, infine, devono essere formulate promuovendo incontri e dibattiti che consentano di evitare l’eccesso di centralizzazione e la prevaricazione di alcune organizzazioni sulle altre.
II.
La seconda prospettiva (elezioni nel 2018) lascia tempo alla sinistra alternativa per la costruzione di un partito nuovo all’altezza del compito.
La nascita di una forza politica di tipo nuovo, oltreché essere storicamente indispensabile, deve caratterizzarsi positivamente per la capacità , creativa, di un’analisi profonda delle virtù e dei vizi della forma-partito consegnataci dal passato. Le esperienze del Novecento dovrebbero essere sufficientemente istruttive al proposito. Viene spontaneo, a prima vista, indicare nel fideismo, nel settarismo, nell’arrivismo alcuni dei peccati capitali insiti nell’adesione alle organizzazioni politiche.
Ma ciò non basta.
La sinistra dispersa deve riaggregarsi intorno ad un progetto capace di spiegare la natura, la capacità attrattiva, la dimensione globale, i vizi irredimibili del capitalismo. Deve costruire, in tutto il territorio nazionale, luoghi di formazione civica, intellettuale, e morale. Deve dettare le regole per l’esercizio della democrazia e gli antidoti alla formazione delle caste e della nomenclatura del cursus honorum. E, soprattutto, deve educare al pluralismo consentendo il confronto fra impostazioni metodologiche diverse (comunista, liberaldemocratica, cristiano-sociale, ecc.), di sperimentare, nella prassi, la risoluzione di problemi che si presentino di fronte all’agire politico nell’ambito dell’interesse generale.
Non si tratta, com’è ovvio, di questioni da poco. Ci sarà, ci auguriamo, tempo per riparlarne.
L’importante è che qualcosa si muova al più presto nella giusta direzione.

2 Commenti a “Scenari possibili per la sinistra dispersa”

  1. Scenari possibili per la sinistra dispersa | nuovAtlantide.org - Nuova Atlantide scrive:

    […] URL della Fonte (link): http://www.manifestosardo.org/scenari-possibili-per-sinistra-dispersa/#more-19344 […]

  2. Lorenzo Mazzucato scrive:

    La forma Partito, così come ce l’ha consegnata il secolo scorso, ha mille difetti riformabili ma è l’unica forma che possiamo usare per ridare rappresentanza politica e istituzionale alla classe lavoratrice. Aggiungo che la forma Partito è tuttora il luogo migliore per educare i giovanissimi al senso di responsabilità, individuale e collettivo, e al bene comune.

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