Sosteniamo lo sciopero del 5 febbraio

3 Febbraio 2010

Marco Ligas

I sindacati confederali hanno indetto in Sardegna, per il 5 febbraio, lo sciopero generale. Da tempo la nostra isola sta vivendo una fase estremamente difficile. Vengono chiuse le poche fabbriche ancora in attività, vengono licenziati o messi in cassa integrazione migliaia di lavoratori, tutti i settori produttivi sono in crisi, mai come oggi risulta vera la frase ‘non si riesce più a chiudere il mese’.

Le ragioni di questo malessere hanno un’origine antica: il sistema capitalistico conduce un attacco forte contro le fasce più indifese della popolazione, impone alla collettività i costi della ristrutturazione delle proprie imprese, non accoglie le rivendicazioni dei lavoratori. E proprio nel momento in cui la crisi raggiunge il suo apice vengono premiati i manager aziendali con aumenti intollerabili delle retribuzioni. Il potere pubblico, le istituzioni che ci governano, si muovono in sintonia con i protagonisti di questo sistema capitalistico. Lo sostengono e al tempo stesso ridimensionano le politiche del welfare. Uno sciopero contro questo stato di cose è perciò indispensabile. Ma è altrettanto necessaria l’individuazione di una piattaforma rivendicativa che segni un’inversione di tendenza nella politica della nostra regione, anche in direzione dell’economia ambientale e dello sviluppo sostenibile,  e nelle scelte delle imprese che investono nella nostra isola.

C’è nelle decisioni dei sindacati confederali questa ispirazione? Troviamo nella piattaforma rivendicativa con cui è stato proclamato lo sciopero questa esigenza di cambiamento? Purtroppo non troviamo né l’una né l’altra. Gli obiettivi dello sciopero rimangono sfumati, emerge piuttosto la preoccupazione di non scontentare i vari interlocutori come se tutti avessero gli stessi interessi, e ciò impedisce una critica severa rivolta sia alle istituzioni che al sistema delle imprese. In questa fase non si può dialogare con la Regione accettandone gli indirizzi programmatici, senza contrastare le sue politiche economiche e di tutela ambientale, improntate al sostegno delle imprese che speculano. Sarebbe opportuna anche una riflessione che valorizzi le risorse locali e imposti una volta per tutte un’analisi nuova sull’uso delle fonti energetiche alternative.

Tuttavia, nonostante siano presenti questi limiti nella piattaforma delle confederazioni, ritengo importante partecipare allo sciopero del 5 febbraio. Quando i lavoratori stanno conducendo una lotta difficilissima per la difesa del lavoro è fondamentale non lasciarli da soli, al primo posto va posta la solidarietà e l’unità, che sono anche i luoghi migliori dove esercitare la critica. Per queste ragioni non condivido la scelta degli amici che disertano questa occasione di lotta  o per sfiducia o perché la ritengono un teatrino dei sindacati italiani. I dirigenti sindacali non sono tutti uguali, non credo per esempio che le posizioni di Rinaldini siano le stesse di Bonanni; anche per queste ragioni ritengo possibile un cambiamento nelle scelte dei sindacati sia per quanto riguarda la democrazia sia per quanto riguarda gli obiettivi di lotta.

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