Stop alle bombe della Rwm. Ora la riconversione

27 Luglio 2017
Red

Pubblichiamo il comunicato stampa del movimento dei Focolari sul voto unanime del consiglio comunale di Iglesias che ha dichiarato la città luogo di pace e chiede l’impegno di tutti per una riconversione economica del territorio, libero dalla produzione di bombe. (Red).

Secondo alcuni la crisi economica ci obbliga ad accettare anche un lavoro legato alla produzione di bombe. Che tanto, se non le produciamo noi, qualcun altro lo farà al nostro posto. L’assenza di una politica industriale sembra obbligare ad accettare le strategie di chi decide di investire in Italia, anche se utilizza il nostro territorio per compiere azioni che non si permette di fare a casa sua, come ad esempio l’invio di armi a Paesi in guerra.

Anche il Governo afferma che, pur davanti a relazioni di esperti Onu su crimini di guerra in corso, come il bombardamento sugli ospedali in Yemen, non ritiene di dover applicare la legge 185/90 che vieta di vendere e far transitare armi destinate a teatri di guerra e violazione dei diritti umani. Una legge che rappresenta un vanto nazionale e un esempio da imitare a livello mondiale, nata dal sacrificio dei lavoratori che hanno rifiutato di produrre strumenti di morte in un Bel Paese che fabbricava e vendeva anche mine anti uomo.

Ma come ha detto nel 1955 Piero Calamandrei «la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove; perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica».

La Costituzione della “Repubblica democratica fondata sul lavoro e che ripudia la guerra” è viva ad Iglesias.

Grazie all’impegno dei cittadini attivi e responsabili che hanno rifiutato di restare indifferenti davanti alla banalità del male della fabbricazione di bombe sulla loro terra, il consiglio comunale il 19 luglio 2017 ha espresso con voto unanime «la volontà della Città di porsi come luogo di costruzione di rapporti internazionali di pace e solidarietà».

Arriva, così, da una provincia provata da anni di crisi economica la richiesta allo Stato «di mettere in atto tutti i meccanismi utili alla verifica del rispetto dei Trattati internazionali, i principi costituzionali e la normativa nazionale sulla commercializzazione degli ordigni fabbricati nel territorio italiano».

Allo stesso tempo la città di Iglesias «chiede allo Stato e alla Regione Sardegna un impegno concreto affinché vengano poste in essere tutte le azioni atte a creare le necessarie precondizioni funzionali alla possibile riconversione nell’assoluta garanzia e auspicabile ulteriore implementazione degli odierni livelli di occupazione».

I deputati italiani sono davanti ad una gravissima responsabilità perché proprio dal 24 luglio dovranno esprimere un voto palese sulle mozioni presentate in Aula il 17 luglio per chiedere al Parlamento italiano di uniformarsi a quello europeo che chiede di fermare l’invio di armi verso le nazioni in conflitto e in particolare verso l’Arabia Saudita come più volte denunciato anche con lettera che abbiamo inviato il 24 marzo 2017 al Ministro degli Esteri nel marzo del 2017 assieme a Amnesty International, Oxfam, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia e Rete Italiana per il Disarmo

I parlamentari italiani sono chiamati ad un voto che impegna direttamente la loro coscienza. A 50 anni dalla sua scomparsa è sempre più attuale l’invito di Lorenzo Milani ad «avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto».

Chiediamo perciò a tutti, parlamentari e cittadini, di ascoltare l’invito che arriva da Iglesias a non restare indifferenti.

Riportiamo qui di seguito il testo della lettera d’impegno nella costruzione della pace fatta pervenire a papa Francesco al termine del Giubileo della Misericordia il 20 novembre 2016:

Caro papa Francesco,

il percorso di quest’anno giubilare ci ha radicato nella scelta di lasciare sempre aperta a Dio la porta della nostra coscienza per essere pronta ad abbattere i muri dell’indifferenza e dell’odio.

Sappiamo che non possiamo costruire ponti di pace senza aver rifiutato ogni compromesso con «l’economia dell’esclusione e dell’inequità». Non possiamo dire «a me che importa?».

Non possiamo restare inerti di fronte alle tue parole che ci invitano a riconoscere l’esistenza dei «sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra. Allora si fabbricano e si vendono armi e così i bilanci delle economie che sacrificano l’uomo ai piedi dell’idolo del denaro ovviamente vengono sanati. E non si pensa ai bambini affamati nei campi profughi, non si pensa ai dislocamenti forzati, non si pensa alle case distrutte, non si pensa neppure a tante vite spezzate».

Di fronte al grido “mai più la guerra!” che «si leva in ogni parte della Terra, in ogni popolo, in ogni cuore», restiamo sgomenti di fronte a chi giustifica l’orrore del fratricidio con le ragioni del cosiddetto realismo politico. Affermiamo invece che, non solo per i credenti, «Gesù Cristo è il più grande realista della storia» e vogliamo seguirti in questo cammino di edificazione della pace. Come ci ha insegnato Igino Giordani, «Non si fa male per avere bene. “Se vuoi la pace, prepara la pace”». E gli operatori di pace, secondo Chiara Lubich, «non sono quelli che amano la tranquillità, non sopportano le dispute per non essere disturbati» ma «coloro che amano tanto la pace da non temere di intervenire nei conflitti per procurarla a coloro che sono in discordia».

Per essere credibili sappiamo, infatti, che non servono le dichiarazioni o le buone intenzioni. Come hai detto ai movimenti popolari in Bolivia nel luglio 2015, è «l’amore fraterno» che conduce a «ribellarsi contro l’ingiustizia sociale». Così oggi noi in Italia e nel mondo non possiamo accettare che si continuino a inviare armi verso i Paesi in guerra o che non rispettano i diritti umani. Come risposta al tuo invito, che conferma la scelta della nostra coscienza, ti dichiariamo che vogliamo contribuire a disarmare “l’economia che uccide” impegnandoci a lavorare per una riconversione integrale della produzione e della finanza. Adesso non domani.

Alcuni di noi saranno il 20 novembre in piazza San Pietro per confermarti questa scelta esponendo la scritta: “Mai più la guerra, riconvertiamo l’economia che uccide”.

Non resti inefficace la traccia del Giubileo della misericordia nel nostro cuore e nella nostra mente.

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