Stop alle forniture militari all’Arabia Saudita. Si salvi il lavoro in Sardegna

1 Luglio 2017

A boy walks as he collects toys from the rubble of a house destroyed by a recent air strike in Yemen’s northwestern city of Saada May. REUTERS/Stringer

[Red]

Pubblichiamo l’appello ai parlamentari italiani presentato il 21 giugno alla Camera da Reti e associazioni della pace, dei diritti umani e dell’intervento umanitario. Le bombe italiane fanno stragi di civili in Yemen, alimentando uno dei conflitti più drammatici e gravi al mondo (Red)

Presentata a Roma, in una partecipata conferenza stampa alla Camera dei Deputati, la proposta di mozione parlamentare predisposta da alcune organizzazioni e reti della società civile italiana a riguardo del conflitto in Yemen. «Si fermino le forniture militari verso Arabia Saudita e propri alleati» è il punto principale della proposta, lanciata da Amnesty International Sezione Italiana, Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari in Italia, Oxfam Italia, Rete Italiana per il Disarmo, Rete per la Pace. Il testo di mozione riprende e rilancia quello della Risoluzione votata dal Parlamento Europeo (a febbraio 2016 e a metà giugno 2017) che per ben due volte ha richiesto di «avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen».

Nel corso della conferenza stampa sono stati richiamati da Archivio Disarmo i dati delle forniture militari italiane verso Arabia Saudita e Medio Oriente, mentre Amnesty International Italia, Ofxam Italia e Medici Senza Frontiere hanno evidenziato le drammatiche situazioni umanitarie e di violazione dei diritti umani in Yemen, in particolare ricordando gli attacchi subiti dagli ospedali in questi due anni di guerra e la situazione socio-sanitaria completamente degenerata (da cui è derivata l’attuale epidemia di colera).

Dopo aver illustrato il contenuto dell’Appello ai parlamentari, e i dati riportati anche nel testo di Mozione, si è dato spazio al «Comitato Riconversione RWM per la pace, il lavoro sostenibile, la riconversione dell’industria bellica, il disarmo» composto da oltre 20 organizzazioni della Sardegna che ha riportato all’attenzione nazionale le azioni locali per la riconversione produttiva dell’industria bellica nel Sulcis Iglesiente. Iniziativa derivata proprio come azione territoriale di reazione alla produzione e vendita di ordigni della RWM Italia verso l’Arabia Saudita.

Hanno poi portato sostegno alle iniziative in programma i rappresentanti di Fondazione Finanza Etica, Rete della Pace, Movimento dei Focolari in Italia, Rete Italiana per il Disarmo.

Nel corso dell’incontro si è infine ricordato che secondo il “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen” inviato lo scorso 27 gennaio 2017 al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dichiara che «Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale». Da qui la richiesta di compiere azioni che riportino al centro i principi e le prescrizioni della normativa italiana (legge 185/90) e del Trattato sul Commercio delle Armi ratificato dall’Italia nel luglio 2014:

Bloccare l’esportazione di armi all’Arabia Saudita e a tutti Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen
Attivare e finanziare il fondo per la riconversione previsto nella stessa legge 185/90 contemporaneamente ad una discussione pubblica sull’impatto del complesso militare-industriale

Alcune dichiarazioni dei referenti delle organizzazioni promotrici dell’Appello ai parlamentari

La situazione oggi in Yemen è più che drammatica: un conflitto sporco che va avanti da più di due anni e di cui conosciamo poco forse anche perché pochi saranno i profughi che verranno in Italia da quelle zone. E così il disinteresse è generale! Una situazione che deve finire, per salvaguardare i diritti umani della popolazione yemenita”
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International

Oxfam è presente in Yemen da 34 anni e il principale intervento anche oggi riguarda la fornitura di acqua e servizi igienici di base; occorre ricordare che oggi circa il 60% dalla popolazione in Yemen ha difficoltà nel reperire il cibo quotidiano, con 4,5 milioni che soffrono di malnutrizione (di questi circa 2 milioni sono bambini). Ci sono 3 milioni di sfollati, di cui non si parla. La comunità internazionale deve farsi carico di questa drammatica situazione”
Paolo Pezzati, Oxfam Italia

In un territorio difficile, con tassi di disoccupazione altissima, abbiamo creato un Comitato formato da oltre 20 organizzazioni, perché vogliamo uno sviluppo sano, sostenibile, pacifico e non sfruttato o succube di logiche di guerra. Dal nostro lavoro non deve derivare morte e distruzione, in particolare di civili e bambini. Vogliamo poter costruire un lavoro che produce futuro e che si possa raccontare ai propri figli… Basato sulla pace. Chiediamo alle istituzioni di rovesciare la situazione che si è creata: nel 2001 una fabbrica esplosivi ad uso civile è stata convertita con soldi pubblici al militare. Perché non si può fare il percorso inverso?”
Arnaldo Scarpa, Comitato Riconversione RWM per la pace, il lavoro sostenibile, la riconversione dell’industria bellica, il disarmo)

La storia di Domusnovas ha una potente valenza simbolica che non può essere ignorata; oggi la politica nazionale ed internazionale si riempie la bocca con lo “sviluppo sostenibile” mentre nella realtà si favorisce la produzione di armi. Il nostro ruolo e apporto sarà quello di creare le condizioni di pressione sull’azienda tramite l’azionariato critico per un cambio di rotta. Riconvertire le aziende a produzione militare è possibile”.
Nicoletta Dentico, vicepresidente Fondazione Finanza Etica

“Secondo i dati del SIPRI, l’Arabia Saudita, nel quinquennio 2012-2016, è il secondo paese importatore di maggiori sistemi d’arma al mondo, conquistando l’8,2% del mercato globale. È stato inoltre accertato, per ammissione della stessa coalizione, l’impiego delle bombe a grappolo, bandite a livello internazionale dal 1 agosto del 2010, dopo la firma della Convenzione internazionale sulle bombe a grappolo. Dall’Italia invece sono partite bombe della classe MK e nel 2016 se ne ipotizza ragionevolmente un export di circa 20.000 tra bombe e parti di quest’ultime per un valore di svariate centinaia di milioni di euro.”
Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo e Rete Italiana per il Disarmo

Dobbiamo fare sinergia su questi temi, e portare avanti insieme questo lavoro e questo percorso. Perché le istituzioni non rispondono? Come mai non bastano gli appelli di Papa Francesco? Quante volte deve parlare il papa? Dobbiamo essere accanto a chi lotta per la riconversione e dobbiamo stare a loro fianco”
Alfredo Scognamiglio, Movimento dei Focolari in Italia

E’ importante questo lavoro congiunto, ed è rilevante che una grande fetta della società civile italiana si stia impegnando visibilmente e con forza sul tema del conflitto in Yemen e delle responsabilità dell’Italia. Occorre tenere insieme tutto il quadro, in particolare partendo da atti di trasparenza fondamentali. E’ inaccettabile che la vendita di armi sia un fiore all’occhiello che il Governo sta sbandierando da troppo tempo”.
Vittorio Cogliati Dezza, Rete della Pace

Iniziativa e appello promossi da: 
Amnesty International Italia
Fondazione Finanza Etica
Movimento dei Focolari in Italia
Oxfam Italia
Rete Italiana per il Disarmo
Rete per la Pace

IL TESTO DELL’APPELLO AI PARLAMENTARI E LA PROPOSTA DI MOZIONE

Dal 26 marzo 2015 è in corso in Yemen, in violazione del diritto internazionale, un conflitto armato che ha provocato migliaia di vittime tra i civili, milioni di sfollati oltre all’insorgere nelle ultime settimane di una violenta epidemia di colera tra la popolazione stremata.

Ormai è confermato ed incontrovertibile: da almeno due anni continuano a partire dall’Italia forniture di bombe destinate all’Arabia Saudita, Paese che è intervenuto a capo di una coalizione militare nel conflitto in atto in Yemen, senza alcun mandato delle Nazioni Unite. Gli ordigni sono prodotti nello stabilimento della RWM Italia Spa (azienda italiana con sede a Ghedi e controllata dal gruppo tedesco Rheinmetall) di Domusnovas, vicino a Cagliari.

Al contrario il “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen” inviato lo scorso 27 gennaio 2017 al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dichiara che «Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale». Il rapporto, tra le altre cose, documenta l’utilizzo di ordigni italiani nei bombardamenti sulle aree civili in Yemen evidenziando che queste azioni militari «may amount to war crimes» («possono costituire crimini di guerra»).

I parlamentari italiani intendono continuare a rimanere indifferenti alle sofferenze della popolazione dello Yemen evitando di dichiarare la propria contrarietà all’utilizzo di sistemi militari italiani nel conflitto? Possibile che si approfitti dello svantaggio economico e dello scarso sviluppo produttivo di alcune aree del nostro Paese – come la Sardegna – per avallare operazioni commerciali in aperta violazione della normativa italiana (legge 185/90) e del Trattato sul Commercio delle Armi ratificato dall’Italia nel luglio 2014?

Non dare risposte e non impostare politiche alternative alla produzione e esportazione di ordigni significa lasciare interi territori davanti al ricatto tra lavoro e concorso alla guerra. Senza una vera riconversione economica si rischia solo di fare del facile moralismo che scarica il peso della responsabilità politica sulle spalle degli operai e della popolazione di una regione, come la Sardegna, colpita duramente dalla crisi economica.

Ci rivolgiamo pertanto alle convinzioni profonde di ciascun deputato e senatore affinché nel tempo più breve, prima che termini questa legislatura, prenda una posizione netta ed esplicita per:
• Bloccare l’esportazione di armi all’Arabia Saudita e a tutti Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen, come prevedono recenti Risoluzioni del Parlamento Europeo, la normativa nazionale (legge 185/90) e il Trattato Internazionale sul Commercio di Armamenti (ATT);
• Attivare e finanziare il fondo per la riconversione previsto nella stessa legge 185/90 contemporaneamente ad una discussione pubblica sull’impatto del complesso militare-industriale italiano sulla instabilità geopolitica di questo periodo e nella definizione della politica estera e di sicurezza dell’Italia;

Ci impegniamo a rendere pubblica la presa di posizione, compresa l’omissione, di ogni persona eletta nel Parlamento rispetto alla nostra richiesta di votare in maniera conforme alla Risoluzione del Parlamento Europeo del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP)) – ripresa da ulteriore votazione il 15 giugno 2017 – che ha invitato ad avviare «un’iniziativa finalizzata all’imposizione di un embargo da parte dell’UE sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita». Alleghiamo a questo nostro messaggio una proposta concreta di mozione parlamentare, modellata sul testo al Parlamento europeo votato anche da diversi gruppi politici della delegazione italiana, che chiediamo di sottoscrivere e presentare senza modifiche come primo passo concreto.

Chiediamo ai parlamentari italiani di seguire l’esempio dei loro colleghi europei per fare in modo che la drammatica situazione dello Yemen trovi spazio nel dibattito all’interno dei loro partiti e movimenti politici e nell’agenda politica parlamentare come un’urgenza da affrontare.
Confidiamo nel senso di umanità e di responsabilità di ciascun parlamentare e chiediamo loro di dare piena attuazione all’articolo 11 della nostra Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

La Camera/il Senato
–  viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sullo Yemen, in particolare le risoluzioni 2216 (2015), 2201 (2015) e 2140 (2014),
–  viste le dichiarazioni sullo Yemen del 10 gennaio 2016 e dell’8 gennaio 2016 del portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite
– considerando che l’attuale crisi nello Yemen è il risultato dell’incapacità dei governi che si sono succeduti di rispondere alle legittime aspirazioni del popolo yemenita alla democrazia, allo sviluppo economico e sociale, alla stabilità e alla sicurezza; che tale incapacità ha creato le condizioni per lo scoppio di un violento conflitto, in quanto non si è riusciti a dare vita a un governo inclusivo e a garantire un’equa ripartizione dei poteri e sono state sistematicamente ignorate le numerose tensioni tribali, la diffusa insicurezza e la paralisi economica del paese;
– considerando che l’intervento militare a guida saudita nello Yemen, richiesto dal presidente yemenita Abd Rabbuh Mansur Hadi, compreso l’uso di bombe a grappolo bandite a livello internazionale, ha portato a una situazione umanitaria disastrosa che interessa la popolazione in tutto il paese, ha gravi implicazioni per la regione e costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza a livello internazionale; che membri della popolazione civile yemenita, già esposta a condizioni di vita terribili, sono le principali vittime dell’attuale escalation militare;
– considerando che i ribelli houthi hanno in passato posto sotto assedio la città di Ta’izz, la terza città dello Yemen, ostacolando la fornitura di aiuti umanitari; una situazione per cui secondo Stephen O’Brien, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti d’emergenza, i circa 200 000 civili intrappolati nella città hanno un disperato bisogno di acqua potabile, cibo, cure mediche e altri tipi di assistenza di primo soccorso e protezione;
– considerando che dall’inizio del conflitto sono state uccise oltre 10.000 persone (dei quali circa 4.700 civili), e 40.000 sono rimaste ferite (oltre 8.000 civili); che tra le vittime si contano centinaia di donne e bambini; che l’impatto umanitario sulla popolazione civile degli attuali scontri tra le diverse milizie, dei bombardamenti e dell’interruzione della fornitura dei servizi essenziali sta raggiungendo proporzioni allarmanti;
– considerando che 2 milioni di persone sono attualmente sfollate internamente ai confini a causa dei combattimenti; 2 milioni di bambini non hanno la possibilità di andare a scuola; 18,8 milioni di persone, tra cui 9,6 milioni di bambini, necessitano di assistenza umanitaria, compresi cibo, acqua, rifugio, carburante e servizi sanitari. Oltre a questo, circa 1500 bambini sono stati bambini reclutati come soldati
– considerando che, secondo molteplici segnalazioni, gli attacchi aerei della coalizione militare a guida saudita nello Yemen hanno colpito bersagli civili, tra cui ospedali, scuole, mercati, magazzini cerealicoli, porti e un campo di sfollati, danneggiando gravemente infrastrutture essenziali per la fornitura degli aiuti e contribuendo alla grave carenza di generi alimentari e di carburante nel paese; che il 10 gennaio 2016 è stato bombardato nello Yemen settentrionale un ospedale finanziato da MSF e ciò ha provocato la morte di almeno sei persone e il ferimento di una dozzina, tra cui membri del personale di MSF, oltre a danneggiare gravemente le strutture mediche; che si tratta dell’ultimo di una serie di attacchi ai danni di strutture mediche; che anche numerosi monumenti storici e siti archeologici sono stati distrutti o danneggiati irrimediabilmente
– considerando che, stando all’organizzazione Save the Children, in almeno 18 dei 22 governatorati del paese gli ospedali sono stati chiusi o gravemente danneggiati a causa dei combattimenti o della mancanza di carburante; che, in particolare, sono stati chiusi 153 centri sanitari che in precedenza fornivano nutrimento a oltre 450.000 bambini a rischio, insieme a 158 ambulatori che erogavano servizi di assistenza sanitaria di base a quasi mezzo milione di bambini al di sotto dei cinque anni;
– considerando che, secondo l’UNICEF, il conflitto nello Yemen ha avuto pesanti ricadute anche sull’accesso dei bambini all’istruzione, che ha smesso di funzionare per quasi 2 milioni di minori, con la chiusura di 3.584 scuole, ossia una su quattro; che 860 di tali scuole sono danneggiate oppure sono utilizzate come rifugio per gli sfollati;
– considerando che la situazione nello Yemen comporta gravi rischi per la stabilità della regione, in particolare nel Corno d’Africa, nel Mar Rosso e nel resto del Medio Oriente; che al-Qaeda nella penisola araba (AQAP) è riuscita a sfruttare il deterioramento della situazione politica e di sicurezza nello Yemen, espandendo la propria presenza e aumentando il numero e la portata dei propri attacchi terroristici; che il cosiddetto Stato islamico (ISIS)/Daesh ha consolidato la propria presenza nello Yemen e ha sferrato attacchi terroristici contro moschee sciite, uccidendo centinaia di persone;
– considerando che alcuni Stati membri dell’UE hanno continuato ad autorizzare il trasferimento di armi e articoli correlati verso l’Arabia Saudita dopo l’inizio della guerra; che tali trasferimenti violano la posizione comune 2008/944/PESC sul controllo delle esportazioni di armi, che esclude esplicitamente il rilascio di licenze relative ad armi da parte degli Stati membri laddove vi sia il rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate per commettere gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e per compromettere la pace, la sicurezza e la stabilità regionali;
– considerando che lo scorso 27 gennaio è stato trasmesso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen” che evidenzia che “I bombardamenti aerei condotti dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita hanno devastato le infrastrutture civili in Yemen, ma non sono riuscite a scalfire la volontà politica dell’alleanza Houthi-Saleh a continuare il conflitto”. E soprattutto riporta che “Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei che diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale”.
– considerando che nel medesimo Rapporto trasmesso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si dimostra il ritrovamento, a seguito di due bombardamenti a Sana’a nel settembre 2016, di più di cinque “bombe inerti” sganciate dall’aviazione saudita contrassegnate dalla sigla “Commercial and Government Entity (CAGE) Code A4447”. Quest’ultima è riconducibile all’azienda RWM Italia S.p.A. del gruppo tedesco Rheinmetall, con sede legale in via Industriale 8/D a Ghedi, in provincia di Brescia. Secondo gli esperti delle Nazioni Unite, “l’utilizzo di queste armi rivela una tattica precisa, volta a limitare i danni in aree in cui risulterebbero inaccettabili”. Gli esperti spiegano inoltre che “una bomba inerte del tipo Mk 82 ha un impatto pari a quello di 56 veicoli da una tonnellata lanciati a una velocità di circa 160 km all’ora” (cfr. pp. 171-172 del Rapporto).
– considerando che secondo recenti notizie di stampa (riportate in particolare dall’Ansa e da Avvenire) e grazie alle informazioni trasmesse dall’Ong yemenita Mwatana è stato recuperato in Yemen un frammento di ordigno con sigla ‘A4447’, che indica la provenienza  dalla Rwm Italia. Il numero di matricola, trasmesso all’ufficio Ansa di Beirut, è stato rinvenuto a Der al Hajari, nella regione nord-occidentale di Hodeida teatro di un attacco aereo condotto alle 3 di notte dell’8 ottobre 2016: almeno sei civili uccisi, tra cui 4 bambini.
– considerando che negli scorsi mesi sono stati esportati materiali di armamento per 257.215.484 € (tra cui in particolare bombe RWM MK82) verso l’Arabia Saudita, a capo di una coalizione (composta da EAU, Oman, Bahrain, Egitto, Qatar, Marocco, Kuwait)
– considerando che secondo l’ultima Relazione al Parlamento ex legge 185/90 per l’anno 2016, depositata in parlamento il 26 aprile, si legge che RWM Italia è salita al terzo posto per giro d’affari nel settore difesa in Italia. Dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016 RWM ha ottenuto 45 nuove autorizzazioni per l’esportazione di armamenti dal Ministero degli Esteri italiano, per un totale di 489,5 milioni di euro: 460 milioni di euro in più rispetto al 2015, quando la società aveva ricevuto nuove autorizzazioni per 28 milioni di euro.  La relazione del governo italiano mette in evidenza in particolare una commessa di RWM, per un totale di 411 milioni di euro, che riguarda l’esportazione di 19.675 bombe in totale (Mk 82, Mk 83 ed Mk 84). Non è però indicato il committente. Non sappiamo quindi verso quale Paese siano state esportate le bombe. Nella Relazione Finanziaria di Rheinmetall per l’anno 2016 leggiamo che c’è stato un ordine “molto significativo” di “munizioni” per 411 milioni di euro da parte di un “cliente della regione MENA (Medio-Oriente e Nord Africa)”. Di queste 19.675 bombe autorizzate nel 2016 (e di quelle relative ad altre licenze precedenti) ne sono già state effettivamente esportate solo lo scorso anno circa 2.150 per un controvalore di 32 milioni di euro.
– considerata la Risoluzione del Parlamento Europeo del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP)), e in particolare l’invito “al VP/AR ad avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all’Arabia Saudita violerebbe pertanto la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell’8 dicembre 2008”.
– considerata la Risoluzione del Parlamento Europeo del 15 giugno 2017 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2017/2727(RSP)) che richiama la precedente in merito alla proposta di embargo sulle armi e invita ad una soluzione negoziale del conflitto riaffermando “la necessità che tutti gli Stati membri dell’Unione applichino rigorosamente le disposizioni sancite nella posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio sull’esportazione di armi; ricorda, a tale riguardo, quanto indicato nella sua risoluzione del 25 febbraio 2016”;
– valutato quanto riportato dal sito “Viaggiare sicuri” del MAECI che, a proposto dello Yemen, affermava fino ad alcuni mesi fa che “le condizioni umanitarie stanno divenendo insostenibili per larga parte della popolazione civile, come indicato nei report delle Nazioni Unite, che hanno documentato anche arresti arbitrari e violazioni del diritto umanitario da ambe le parti coinvolte nello scontro armato”.

TUTTO CIO’ PREMESSO

1.  esprime profonda preoccupazione per l’allarmante deterioramento della situazione umanitaria nello Yemen, caratterizzata da una diffusa insicurezza alimentare e una grave malnutrizione in alcune parti del Paese, da attacchi indiscriminati contro civili, personale medico e operatori umanitari e dalla distruzione delle infrastrutture civili e mediche a causa del preesistente conflitto interno, dell’intensificarsi degli attacchi aerei ad opera della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, dei combattimenti a terra e dei bombardamenti, nonostante i ripetuti appelli per una nuova cessazione delle ostilità; deplora profondamente la perdita di vite umane causata dal conflitto e le sofferenze delle persone rimaste coinvolte negli scontri, ed esprime il proprio cordoglio alle famiglie delle vittime; riafferma il proprio impegno a continuare a sostenere lo Yemen e il popolo yemenita;
2.  esprime grave preoccupazione per gli attacchi aerei da parte della coalizione a guida saudita e il blocco de facto da essa imposto allo Yemen, che hanno causato la morte di migliaia di persone, hanno ulteriormente destabilizzato il paese, stanno distruggendo le sue infrastrutture fisiche, hanno creato un’instabilità che è stata sfruttata dalle organizzazioni terroristiche ed estremiste, quali l’ISIS/Daesh e l’AQAP, e hanno aggravato una situazione umanitaria già critica; condanna fermamente anche le azioni destabilizzanti e violente condotte dai ribelli houthi, che sono sostenuti dall’Iran, compreso l’assedio della città di Ta’izz, che ha avuto, tra l’altro, conseguenze umanitarie disastrose per gli abitanti;
3.  sottolinea la necessità di un’azione umanitaria coordinata sotto la guida delle Nazioni Unite ed esorta tutti i Paesi a contribuire a far fronte alle esigenze umanitarie; esorta tutte le parti a consentire l’ingresso e la distribuzione di generi alimentari, farmaci e carburante di cui vi è un urgente bisogno nonché di altre forme di assistenza necessaria, tramite le Nazioni Unite e i canali umanitari internazionali, al fine di soddisfare le necessità impellenti dei civili colpiti dalla crisi, secondo i principi di imparzialità, neutralità e indipendenza; chiede una tregua umanitaria affinché l’assistenza di primo soccorso possa essere fornita con urgenza alla popolazione yemenita; ricorda che è pertanto essenziale facilitare ulteriormente l’accesso delle navi mercantili allo Yemen;
4.  invita tutte le parti a rispettare il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale in materia di diritti umani, a garantire la protezione dei civili e ad astenersi dall’attaccare direttamente le infrastrutture civili, soprattutto le strutture sanitarie e gli impianti idrici; esige un’indagine indipendente su tutte le accuse di abusi, torture, uccisioni mirate di civili e altre violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani e del diritto umanitario internazionale;
5.  ricorda a tutte le parti che gli ospedali e il personale medico sono esplicitamente tutelati dal diritto umanitario internazionale e che un attacco deliberato contro i civili e le infrastrutture civili costituisce un crimine di guerra; chiede un’indagine imparziale e indipendente su tutte le presunte violazioni del diritto umanitario internazionale e del diritto internazionale in materia di diritti umani, come pure sui recenti attacchi che hanno preso di mira le infrastrutture e il personale umanitario; invita tutte le parti a rispettare i diritti umani e le libertà di tutti i cittadini yemeniti e sottolinea l’importanza di migliorare la sicurezza di tutti coloro che lavorano per le missioni umanitarie e di pace nel paese, compresi gli operatori umanitari, i medici e i giornalisti;
6.  chiede all’Italia e all’UE di promuovere con efficacia il rispetto del diritto umanitario internazionale, come stabilito nei pertinenti orientamenti dell’UE; sottolinea in particolare la necessità che l’Italia e l’UE mettano in evidenza, nel proprio dialogo politico con l’Arabia Saudita, l’esigenza di rispettare il diritto umanitario internazionale e, qualora tale dialogo risulti infruttuoso, che consideri ulteriori misure in conformità degli orientamenti dell’Unione volti a promuovere l’osservanza del diritto umanitario internazionale;
7.  invita il Governo Italiano ad avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all’Arabia Saudita violerebbe pertanto la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell’8 dicembre 2008;
8.  ritiene che l’Arabia Saudita e l’Iran siano la chiave per risolvere la crisi, ed esorta entrambi a operare in modo pragmatico e in buona fede per porre fine ai combattimenti nello Yemen;
9.  sottolinea che soltanto una soluzione al conflitto politica, inclusiva e negoziata può ripristinare la pace; esorta tutte le parti a impegnarsi quanto prima, in buona fede e senza condizioni preliminari, in un nuovo ciclo di negoziati di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite, anche superando le loro divergenze attraverso il dialogo e le consultazioni, rifiutando gli atti di violenza finalizzati al raggiungimento di obiettivi politici e astenendosi da provocazioni e da tutte le azioni unilaterali volte a compromettere la soluzione politica.

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