Tutti i CPR devono essere chiusi. Cominciamo da Macomer

17 Marzo 2023

[red]

La vergognosa inumanità che le istituzioni italiane mostrano nei confronti dei migranti sta mettendo in evidenza in questi giorni quanto senza fondo, senza vergogna, senza umana decenza esse possano essere. Riunito davanti alle bare dei migranti morti nel naufragio di Cutro, il governo italiano non ha trovato di meglio che rendere la vita ancora più difficile ai migranti che si ostinano a sopravvivere al mare, alimentando la costruzione di nuovi lager nei quali rinchiuderli senza processo, e diminuendo ulteriormente le già quasi inesistenti tutele legali per i reclusi. Pubblichiamo il comunicato dell’Assemblea No Cpr Macomer e di LasciateCIEntrare.

Da anni ci occupiamo di uno di questi insulti all’umanità presenti nel nostro territorio, il CPR di Macomer, cercando di rompere l’omertà istituzionale che circonda questo luogo. Gli abusi sono continui, parte della quotidianità di un sistema marcio, nel quale la norma è la violazione dei diritti umani, la continua sopraffazione per persone internate e private dei diritti più fondamentali solo per il fatto di non possedere un documento amministrativo, un permesso di soggiorno difficilissimo da ottenere e facilissimo da perdere. Basti pensare che, con un tratto di penna, il governo punta a togliere a migliaia di persone uno di questi documenti, il Permesso di soggiorno per protezione speciale, alimentando ulteriormente questa macchina infernale.

Con un finanziamento stanziato dal governo nella scorsa legge finanziaria, il CPR di Macomer sta per essere raddoppiato, superando la capienza di 50 persone per raggiungere quella di 100.I lavori, ci comunicano i reclusi da dentro il CPR, sono già iniziati. Con il raddoppio della struttura di Macomer, e il raddoppio degli internati, aspettiamoci il raddoppio degli abusi e delle violazioni dei diritti umani. Le condizioni della detenzione all’interno della struttura sono infatti pessime, e lo sono rimaste per tutti i tre anni di apertura.

I reclusi ci fanno sapere che, ancora una volta, in pieno inverno, il riscaldamento funziona poco o niente. L’acqua calda scarseggia o è addirittura assente in certi giorni. Le coperte sono “copertine”: troppo piccole e sottili, o ti copri la parte superiore del corpo o quella inferiore. “Oggi ho messo tre calzini”, ci dicono.  La motivazione del mancato funzionamento del riscaldamento parrebbe essere la mancanza di gasolio, un fatto che si commenta da sé, per una struttura finanziata con bandi milionari.

Ci dicono ancora una volta che il cibo è immangiabile e “fa male allo stomaco”. Per questo ci chiedono di fare entrare qualche alimento da fuori. Ci dicono che le pulizie delle aree di detenzione e dei bagni sono svolte solo una volta alla settimana, e i reclusi non possono essere messi nelle condizioni di utilizzare il materiale per tenere puliti gli spazi in cui vivono. Fare usare loro scope, stracci, ecc., è considerato troppo pericoloso! Ci dicono che i mediatori del centro non traducono in modo corretto ciò che loro dicono e che viene loro detto.

Ci dicono che diverse persone hanno problemi di salute. Quando accusano un malessere, o quando addirittura svengono, una volta soccorsi dai compagni devono attendere anche ore prima di ricevere assistenza da infermieri o medici. Raccontano che quando serve “il medico non c’è mai” o così viene loro detto. Qualsiasi problema sanitario si lamenti “non hanno mai le medicine”.

Nel CPR sono recluse anche persone che vivono da tanti anni in Italia e che qui hanno figli e famiglia. Basta un piccolo disguido burocratico per perdere il permesso di soggiorno e ritrovarsi reclusi dentro un CPR.

Le poche richieste di aiuto che oltrepassano le mura ci giungono da un telefono pubblico, per chi ha la possibilità di acquistare le apposite schede telefoniche, perché i cellulari gli vengono sequestrati all’ingresso nella struttura. A volte il gestore mette a disposizione un telefono per videochiamare le famiglie, ma spesso a tarda notte. Impossibile parlare con gli anziani genitori a queste condizioni.

Le proteste sono continue: qualche settimana fa alcune persone sono salite sul tetto del CPR. Nel silenzio generale. Dieci giorni fa, gli internati hanno iniziato uno sciopero della fame, la protesta è rientrata perché l’isolamento e l’indifferenza che circonda il CPR la rende inefficace. Dovremo aspettare l’ennesimo atto eclatante di autolesionismo per vedere un po’ di riflettori accendersi su questa struttura? La protesta, come sempre, è rivolta ad affermare i diritti fondamentali della persona: “ci impediscono di godere dei nostri diritti più elementari”. “Non è vita qui”. Con il raddoppio della struttura di Macomer, aspettiamoci anche il raddoppio delle proteste, degli atti di autolesionismo, delle rivolte.

Il 3 marzo si è provato a consegnare dei pacchi con viveri e schede telefoniche, frutto di una raccolta pubblica in solidarietà con le persone private della libertà personale nel CPR di Macomer. I pacchi sono stati respinti, perché ogni consegna dovrebbe essere autorizzato dalla Prefettura, non basta il controllo di sicurezza all’ingresso a opera delle forze di polizia. Così si dovrà aspettare l’arrivo dell’autorizzazione, in un contesto nel quale la prefettura si rifiuta sistematicamente di rispondere, mostrando a un tempo il proprio disprezzo per la società civile, e la propria coda di paglia. Ad oggi, dopo due settimane, la prefettura non si è degnata di dare una risposta.

I CPR sono notoriamente luoghi di segregazione e di discriminazione, spazi fuori dal diritto nei quali si viene reclusi non per quello che si è fatto, ma per quello che si è: migranti. Sono carceri gestite da enti privati, che non offrono nemmeno le tenui garanzie che vengono consentite alla popolazione carceraria. Sono spazi dove la regola è l’arbitrio del più forte, il silenzio delle vittime, il lucro di privati sulla violenza di Stato. Una violenza di Stato disumana, la stessa che continua a fare morire migliaia di persone nel Mare Mediterraneo, si accanisce sulle persone che invece fortunosamente il Mediterraneo sono riuscite a passarlo.

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