Un grande statista?

19 Agosto 2010

kossiga

Redazione

La morte di Francesco Cossiga ha scatenato un’ondata ampia di ricordi commossi e osannanti. Tutto secondo copione: era prevedibile; ma questa volta c’è qualcosa di più, che ci preoccupa perché non siamo fra i teorici dell’impazzimento del paese.
Cossiga è stato un personaggio dal profilo politico e curriculare giuridico per lo meno discutibile: ma nei ricordi funebri diventa persino un padre della democrazia e un maestro del diritto.
Che sia stato un altro Cossiga a mandare, ministro dell’Interno, i carri armati a Bologna l’11 marzo del 1977, persino prima dell’omicidio dello studente del movimento Francesco Lo Russo? A fondare quell’associazione democratica dal nome Gladio? Che tenne rapporti assai discussi con gli assassini di Aldo Moro, ed è ora da loro ricordato e onorato, non sappiamo quanto casualmente.
Che persino negli ultimi tempi mostrò la tempra sperimentata di provocatore di Stato suggerendo – durante le prime agitazioni dell’Onda contro la Gelmini – come operare, infiltrando agenti provocatori (leggete qua le dichiarazioni di questo presidente emerito) per sabotare le battaglie studentesche, secondo un’antica praticaccia a lungo perseguita da lui e da altri.
Non vorremmo offendere la memoria, affinché essa non si trasformi in cattiva storia: sinceramente, e senza ostilità preconcetta, non ci sembra sia stato un grande statista. Al massimo un anticipatore della politica-spettacolo.
Piuttosto un rappresentante, talora estemporaneo e narcisista ma senza grande spessore, dei valori di uno stato ingiusto e di classe. Uno di quei sardi servitori del potere più realisti del re, tali da sfiorare, come un altro presidente della Repubblica sardo anch’esso sassarese, oscure trame antidemocratiche e golpiste.
Il fiume in piena ne riconosce la figura: tutti ricordano di essere stati qualcosa per lui e con lui: amici talora con asprezza (Amato), sincero consigliere partecipe di anticipazioni politiche (Cossiga&D’Alema), mangiatore di cotolette (a casa di Tore Amadu), persino compagno di banco (Manlio Brigaglia): forse perché tutti i suoi affluenti non sono mai stati veramente lontani dal suo mondo così poco democratico e, a Sassari, da quella ‘cionfra’ (sorta di spirito scherzoso sassarese vagamente dissacrante e volgarotto) perfettamente interclassista che in fin dei conti ci fa credere che ricchi e ‘pubaracci’ siano tutti nella stessa barca. Neppure quella di Caronte, caro Presidente, è uguale per tutti.
Unendoci perciò al rispetto per la morte e al cordoglio dovuto ai suoi familiari, che vorremmo rendere, con le nostre critiche, almeno più sincero, dedichiamo a seguire tre articoli di Luigi Pintor, scritti fra il 1990 e il 1999.

4 Commenti a “Un grande statista?”

  1. Nico Orunesu scrive:

    Non sembra sia stato esempio di grande coerenza visto che frequentava indifferentemente “banditi” e carabinieri, compiacendosi coi primi di avere avuto antenati abigeatari e coi secondi di essere spietatamente persecutore dei primi. Mi ricorda un brigadiere dell’Arma di origine orgolese, che durante le perlustrazioni negli ovili dei pastori bittesi si intascava ricotta e formaggio offertigli; non appena rientrato in caserma stilava contravvenzioni, multe e denunce. Pace all’anima sua, a condizione che anche le vittime cadute sotto il piombo delle sue leggi siano in pace…

  2. Giulio Concu scrive:

    “Piuttosto un rappresentante, talora estemporaneo e narcisista ma senza grande spessore, dei valori di uno stato ingiusto e di classe.”. Non ci sono altre parole da aggiungere alle Vostre. “Senza grande spessore” è la triste realtà di simili e purtroppo tanti personaggi “sardi”, che dietro la bandiera dei quattro mori nascondo il vuoto della loro anima. Perché in fin dei conti una delle sue ultime apparizioni, vestito da pseudo-sardo sulle pagine di un pessimo “catalogo” di costumi tradizionali edito da l’Unione Sarda, è degna conclusione della sua vita: una macchietta sorridente e beffarda su sfondo vago e infingardo. Oserei dire, a tema di censura, una macchia nell’onore dei sardi, per i quali sfido una sola persona a dirmi che cosa abbia fatto di buono in 50 anni. Vantarsi di essere sardo è una cosa: esserlo è un altra, caro ex-presidente golpista e massone…

  3. Tiziana Fois scrive:

    E sarà per tutti i meriti riconosciuti al nostro concittadino dalla redazione, che è stato insignito persino dell’ambitissimo riconoscimento di “Mamuthone e Issohadore ad honorem”, per i profondi legami che lo univano alla Barbagia, dall’amministrazione comunale di Mamoiada?

    Vedi (anche): LA NUOVA SARDEGNA – Politica: Mamuthone onorario e ospite illustre in Barbagia 18.08.2010.

    Tra campidanesi il giorno in cui è stata data la notizia, mi è stato obiettato infine: – ma era sassarese! –
    – oh, bella! Quale sassarese piange per ogni sassarese che muore? –

  4. Francesca Cau scrive:

    L’Italia è un paese in cui la vecchiaia è considerata sinonimo di saggezza e dove la morte reca con sé un un colpo di spugna sulla traiettoria oscura di un politico. D’altro canto, il berlusconismo ha contribuito ad avvolgere il passato della Prima Repubblica con un manto di nostalgia del tipo “si stava meglio quando si stava peggio”, facendo rimpiangere la vecchia classe dirigente democristiana. In verità, di quella stagione, non rimpiangiamo la DC, bensì il fatto di avere una sinistra forte e con un progetto per il paese, che si opponeva a governi popolati da molti codini e affaristi. La DC fu un partito sopravvalutato, che non si spiega senza tener conto del contesto internazionale della Guerra Fredda e dell’anticomunismo militante. E per quanto riguarda la Sardegna, forse un giorno dovremo fare una storia approfondita della parabola dei “giovani turchi”, così osannati dalla stampa nostrana. Ho il sospetto che le radici di molti problemi che oggi attanagliano la nostra autonomia siano da ricercare negli anni di Dettori, Soddu, Giagu De Martini, ecc. Ma troveremo gli storici disposti a far luce su quel periodo? O meglio, ne troveremo che siano disposti a lavorarci su e sacrificare una carriera universitaria? Perchè sono temi scottanti e non digeribili per una parte dell’establishment accademico.

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