Sconfiggere il virus del patriarcato e del neoliberismo

8 Marzo 2020
[Roberto Loddo]

Il significato dello sciopero internazionale transfemminista non ha nulla a che vedere con le narrazioni retoriche e insopportabili dei donatori di mimose. Il femminismo oggi è diventato un grande spazio politico globale che cresce ogni giorno di più e combatte tutte le forme di sfruttamento di essere umani su altri esseri umani, a partire dal patriarcato e dal neoliberismo.

L’emergenza sanitaria legata al Coronavirus e il decreto legge che impedisce lo svolgersi di manifestazioni affollate ha portato le reti italiane e sarde di Non Una Di Meno a rinviare le iniziative che non garantiscono il rispetto delle norme previste per la salute, compreso il corteo che era previsto domani, lunedì 9 marzo, per lo sciopero transfemminista globale.

La marea femminista in Sardegna non si arrende alla paura e cerca di connettere la lotta contro la violenza patriarcale in altre forme. «In questo momento storico delicato e di emergenza sanitaria, in cui ci viene richiesto di limitare i contatti interpersonali, di stare a casa e di non dedicarci alle attività che amiamo fare, pensiamo che le nostre relazioni siano la nostra risorsa più importante e che vadano preservate. Non vogliamo permettere alla paura di sfilacciare il tessuto sociale e comunitario. Vogliamo ascoltarci, stare in contatto, creare legami, supportarci e stare in relazione.» si legge nel comunicato della rete cagliaritana di Non Una Di Meno.

Non sarà certo il COVID-19 a neutralizzare la straordinaria marea di conflitto sociale e di genere che viene quotidianamente praticata dalle attiviste di Non Una Di Meno. E anche in Sardegna il movimento femminista non si ferma, la lotta contro il patriarcato è legata alla lotta dei territori contro il mantenimento dell’industria inquinante petrolchimica, l’occupazione militare e la fabbrica di bombe Rwm.

Perché esiste un legame tra lotte così (apparentemente) differenti? Perché le forme di discriminazione differenti tra loro a volte si intrecciano. E il femminismo è una buona lente per comprendere l’intreccio di discriminazioni. La separazione delle discriminazioni in compartimenti stagni è stato il più grande errore della sinistra del ‘900. Non possiamo ripetere gli stessi errori, perché non ci può essere nessuna liberazione dell’umanità senza una connessione dei diritti civili e sociali. Ogni discriminazione non è mai solo di classe, razziale o di genere. Perché le differenti discriminazioni possono comunicare tra loro e talvolta possono avere lo stesso volto e lo stesso nome.

La giornata dell’8 marzo quindi non è riservata e dedicata alle sole donne. Ogni persona di sinistra, ogni persona impegnata in organizzazioni sociali e sindacali dovrebbe trarre insegnamento dalle parole che vengono urlate oggi in tutto il mondo.

La stessa sinistra, oggi si trova di fronte a due strade: La strada della contaminazione con il femminismo, un percorso che passa attraverso la costruzione dell’alternativa di società insieme a una nuova soggettività politica, la soggettività politica delle donne. Una medicina difficile, probabilmente imprevedibile, ma necessaria. Perché mette in discussione noi stessi e tutta la nostra storia per dare risposte a chi ci domanda di trasformare l’ordine delle cose esistenti. Oppure la sinistra può continuare a percorrere un percorso già conosciuto, il percorso di chi non vuole mettersi in discussione e volare basso senza riconoscere il conflitto di genere. E una sinistra che rimane incollata alle istituzioni del patriarcato è una sinistra di uomini sempre più piccoli destinata ad estinguersi.

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