Benedetto patrimonio

16 Luglio 2011

Marcello Madau

Si dice che in questa finanziaria, per la prima volta, non ci siano tagli sui beni culturali. Il ministro Galan lo rivendica, molti sembrano ammetterlo, l’articolo 10 della manovra confermarlo:
1. Sono preselettivamente esclusi dall’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 2 a 5 del presente articolo il Fondo per il finanziamento ordinario delle universita’, nonche’ le risorse destinate alla ricerca, all’istruzione scolastica e al finanziamento del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, nonche’ il fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, le risorse destinate alla manutenzione ed alla conservazione dei beni culturali (…) .
E’ davvero cosi, o la realtà è diversa?
Perchè il depotenziamento del nostro sistema cultura continua, agisce non solo con lo strumento classico del taglio dei finanziamenti (già usato ad abundatiam), ma con modifiche – generalmente surrettizie – delle leggi di tutela inserite in altri provvedimenti (nel recente ‘Decreto Sviluppo’ il ‘silenzio-assenso’ per le autorizzazioni paesaggistiche, la semplificazione delle procedure edilizie, l’ampliamento dell’età ‘vincolabile’ delle architetture moderne – vedi “Monumenti aperti. Alla speculazione”) e infine lo svuotamento degli organici.
In tutti i settori vi è una diminuzione degli addetti, da far paura: lo ammette persino, come apprendiamo da un articolo di Fabio Isman, il famigerato sottosegretario Giro: «Si dice sempre che la carenza di fondi, da cui quello dei Beni culturali è stato colpito come nessun altro ministero, sia il malanno peggiore del dicastero. Invece no: è ancora più grave la mancanza di personale: avanti così, e tra tre anni il Ministero rischia di non esserci».
Un esempio molto qualificante è la recentissima censura della commissione promossa dall’UNESCO su Pompei, composta dagli autorevoli Jean-Pierre Adam, Alix Barbet e Christopher Young, nella quale viene evidenziato il contesto dei drammatici crolli dei monumenti pompeiani. I relatori sottolineano che le strutture tecniche vanno rinforzate e non svuotate come sta accadendo (in pochi anni meno 30%, poiché oggi sono 509 unità rispetto alle 709 del 2004, con particolare impoverimento di restauratori e fasce intermedie, cioè del monitoraggio). Ma si è così senza vergogna da far passare la relazione come un successo. Guardate questo collegamento nella rassegna stampa del Governo.
Nella Finanziaria che ‘non tocca i beni culturali’ il blocco del turnover viene ribadito nell’art. 16. Lo accompagneranno percentuali di deroga sempre più risibili, calcolate su un totale già decurtato da anni di blocco turnover che non comprende pensionamenti e abbandoni (se ne vanno da ottocento a mille dipendenti ogni anno, e l’80% dei dipendenti del Ministero andrà in pensione entro i prossimi cinque anni). Che non corrisponde quindi al ‘dato’ originario. Decimati i ruoli degli archivisti, di bibliotecari, archeologi, storici dell’arte, demo-antropologi, informatici, etc… Gli specialisti se ne vanno, ma, con il blocco del turnover, prima di aver trasmesso i saperi ad altri. Stiamo costruendo un vuoto che prelude alla fine.
Le perdite salariali dei lavoratori della conoscenza nei vari settori (Scuola, Università, Ricerca, AFAM) sono impressionanti, come mostra la tabella elaborata dalla FLC_CGIL. La perdita di potere economico da parte dei lavoratori non è un attacco ai beni culturali? E l’espansione del precariato?
Certo a Galan va riconosciuta una maggiore lucidità, una personalità più strutturata rispetto al povero Bondi. Ma raccomandiamo prudenza. Il coefficiente dello sviluppo che parte da una base zero pare altissimo ma non lo è.
Galan, che rivendica la vittoria su Tremonti e (nel quotidiano ‘La Prealpina’ del 14 luglio) l’assenza di tagli sui beni culturali gestiti dal suo Ministero, esplicita con chiarezza il suo pensiero per quanto riguarda le Soprintendenze. E’ noto come da anni molte siano dirette “ad interim”, ‘a scavalco’ oppure con nomine non direttamente provenienti da procedure concorsuali ma con chiamate da altre istituzioni. Sapete cosa dice il ministro? “Sto pensando di ridurne il numero per coprirle tutte”.
Le insidie per il nostro patrimonio sono più ampie, con la riapertura degli spazi per la speculazione edilizia, non solo sulle coste, ma dappertutto e nei centri storici; il piano casa un grimaldello potente. Le insidie che mettono a rischio soprattutto le regioni del mezzogiorno d’Italia, ricche di patrimonio ma assai più deboli..
La Sardegna appare quindi molto esposta. Patrimonio immenso, istituzioni deboli.
Andrebbe impostata una grande battaglia su tali beni comuni: per natura quelli che uniscono e non dividono, da tutti riconosciuti. Su di essi la Regione deve saper indirizzare bene le risorse. Va fatto sistema sociale: oggi l’unica possibilità – in attesa di costruire e premiare elettoralmente politiche diverse – sta nel consolidare le reti di professionisti e associazioni che operano nel territorio. Hanno dato bella prova di sé, ben al di là e anche contro i partiti, hanno determinato la grande vittoria popolare e democratica su beni comuni come l’ambiente (no al nucleare) e l’acqua.
(Solo una posizione legittima ma di parte, e non certo prevalente, pensa che la pur importantissima questione della lingua sia e debba essere – per legge e con una forma per giunta artificiale – il principale aspetto di tale patrimonio. E che per connotare una lingua come bene culturale sia indispensabile essere linguisti… Qua solo un accenno su alcuni esiti del dibattito al quale abbiamo contribuito, senza offendere persone e idee diverse, con un recente articolo: la violenza sgangherata e maleducata di alcune reazioni esprime i profili democratici di chi le ha esercitate. In alcuni siti si è anche ironizzato sui nostri ‘pochi lettori’. Da quale fonte! Noi diciamo non pochi, e buoni, con oltre tremila letture a numero, ma colpisce in tali considerazioni la poca considerazione per le minoranze, forse organica a quella simile, ma certo più preoccupante, relativa al modello LSC).
***
In questo attacco pesante al sistema del patrimonio culturale italiano, e sardo, da parte del centro-destra c’è dell’altro, proprio dentro la ‘Finanziaria’.
Vediamo due esempi: un rischio, preoccupante, è stato segnalato da due senatori del PD (Della Seta e Ferrante) entro i commi 17 e 18 dell’art. 10, la possibilità cioè – non essendo previsti filtri autorizzativi delle soprintendenze e quindi del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali – che lo Stato onori suoi debiti verso privati con la cessione di diritti di proprietà autorizzati, a norma dell’art. 1197 del Codice Civile, dall’Agenzia del Demanio. Ovvero che si possano alienare beni culturali architettonici.
All’art. 5 (“Riduzione dotazioni Organismi politico-amministrativi e organi Collegiali”) invece si parla di passaggio nelle casse dello Stato degli “importi corrispondenti alle riduzioni di spesa che, anche con riferimento alle spese di natura amministrativa e per il personale, saranno autonomamente deliberate entro il 31 dicembre 2013”. Dal bilancio dello Stato saranno poi virtuosamente destinati per “gli interventi straordinari per fame nel mondo, calamita’ naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali previsti dall’articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222.”.
Quindi non solo niente tagli, ma finanziamenti per i beni culturali: neanche l’ottimismo di Galan l’aveva percepito!!! Ma di quali beni culturali stiamo parlando? Quelli della Chiesa.
La legge in questione infatti recita nel suo titolo Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastíci in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi.

3 Commenti a “Benedetto patrimonio”

  1. Annamaria Janin scrive:

    Esattamente, caro Marcello: come tu dici a proposito di Bondi versus Galan

    “il coefficiente dello sviluppo che parte da una base zero pare altisimo ma

    non lo è”. E allora – ricordando il tira e molla fra i due ministri a proposito

    del “dottor professor truffatore imbroglione” (sto citando il grande

    Fabrizio De Andrè) Vittorio Sgarbi, dovresti spiegarmi

    il perché del credito concessogli da tutti, ma proprio tutti ahimé, anche nella

    povera Sardegna. Con immutata stima

  2. Marcello Madau scrive:

    Annamaria, comprendo il tuo scoramento. E’ importante capire che le istituzioni pubbliche – che naturalmente in quanto tali non è che non siano criticabili – costruiscono rapporti istituzionali innanzitutto con interlocutori istituzionali. Sgarbi per la ‘Biennale federalista’, come amo definirla, lo è, avendo questo incarico per l’appunto istituzionalmente. Non mi sembra che tutti, intendendo per ‘tutti’ l’insieme dei soggetti: istituzioni, circoli, artisti, associazioni etc., abbiano dato questo credito e lo abbiano dato acriticamente.
    Oggi la situazione è cambiata, e personalmente sono meno pessimista: vi è una maggiore vivacità istituzionale e soprattutto una grande vivacità delle associazioni e di gruppi di giovani artisti, sperabilmente in grado di costruire canali autonomi (alcuni ci sono già, e li abbiamo ospitati) e di influenzare le stesse politiche istituzionali. A Sassari, ad esempio – e tutto entro il grande tema e movimento verso i ‘beni comuni’ – il processo è molto dinamico.

  3. Annamaria Janin scrive:

    Io sono scoraggiata, e così (scoraggiamento-rassegnazione) mi spiego la collaborazione con la “Sgarbata” – assieme a tanti cialtroni – di stimabilissimi studiosi (come Salvatore Settis, che non molto tempo fa si dimise dal Consiglio superiore dei B.C. proprio in polemica col signor Bondi).
    Scoraggiamento e accettazione di una situazione che si vede senza rimedio.
    Forse, per riprendermi dall’abbattimento, mi trasferirò a Sassari: che ne dici?

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