Cambiare si può?

16 Gennaio 2013
Nicola Imbimbo
“Io sottoscritto xxxxxx notaio a Roma. Attesto che Antonio Ingroia, Leoluca Orlando, Luigi De Magistris, Antonio Di Pietro, Oliviero Diliberto, Paolo Ferrero, Angelo Bonelli della cui identità personale sono certo ….ecc”
Con questo burocratico e scarno linguaggio notarile si attesta anche formalmente la morte del progetto originario di “Cambiare si può” di cui i primi firmatari dell’appello avevano già preso atto nell’immediata vigilia di Natale dopo l’Assemblea nazionale del 21 Dicembre del Movimento Arancione di De Magistris a Roma e la successiva del giorno dopo di Cambiare si può.
Quale era il senso della campagna di Cambiare si può, quale l’obiettivo:”presentare alle elezioni politiche del 2013 una lista di cittadinanza politica, radicalmente democratica, alternativa al governo Monti, alle politiche neoliberiste che lo caratterizzano e alle forze che lo sostengono.”
La lista avrebbe dovuto nascere dalle centinaia di migliaia di persone che si sono mobilitate in tante occasioni negli ultimi decenni: per la pace, sui referendum capace di mettere assieme movimenti, associazioni, singoli, amministratore di città piccole e grandi, lavoratrici e lavoratori precari e tante altre soggettività per un progetto di rinnovamento di modalità e rappresentanza. Il punto forte e delicato e che per primo è venuto meno era quello di evitare di “raccogliere i cocci di esperienze fallite, dei vecchi ceti politici, delle sigle di partito..”
All’assemblea Arancione già ricordata sedevano in prima fila tutti i segretari di cui si parla nell’atto notarile di sottoscrizione dell’alleanza tra PDCI, Rifondazione, Verdi,  Di Pietro , e i sindaci Orlando e De Magistris. Si prefigurava già allora, dal momento che i segretari di partito non avevano aderito alla richiesta e alle pressioni dello stesso Ingroia di sostenere il progetto dando un segnale di rottura rimanendo fuori dalle liste, una sorta di riedizione della vecchia e fallita “Sinistra arcobaleno” .
Con un referendum on line per decidere se “Cambiare si può” doveva continuare o meno nell’impegno per le elezioni  fu scelta con oltre il 60% di si, di continuare nonostante i primi firmatari avessero dichiarato di credere nel progetto ma di riservarlo per occasioni più propizie e quindi votare no alla prosecuzione di “Cambiare si può”
In Sardegna, dove si erano già tenute assemblee a Sassari e Cagliari, si decise di continuare con “Cambiare si può”. Protagonisti iniziali erano stati gli aderenti ad ALBA (Alleanza per il Lavoro i Beni comuni e Ambiente) che nelle due città ha due “nuclei” e parte di “Rifondazione comunista”. Si sono tenute complessivamente 4 assemblee, una anche ad Oristano, cui hanno partecipato centinaia di cittadini interessati dal progetto di alternativa, si sono presi contatti associazioni e singole personalità.
Non si è voluto in sostanza rinunciare al lavoro iniziato per salvaguardare una esperienza nuova, di persone e soggetti che si sono ritrovati su un progetto comunque innovativo al di là della militanza comune o meno, esperienza che potesse servire anche per un futuro impegno alternativo nella politicamente (e non solo)  disastrata nostra regione. Da questo punto di vista si sono ritrovati assieme persone,molti giovanissimi, accomunate da una profonda volontà di contribuire al cambiamento e ad agire per riconciliare con l’impegno politico, soprattutto a sinistra, tanta gente che dalla politica si è allontanata per l’incapacità ormai deleteria dei partiti di rinnovarsi.
Ai promotori delle iniziative per Cambiare si può, legittimati dall’aver sottoscritto l’appello e poi dal lavoro organizzato e svolto, è parso prima di tutto opportuno e politicamente corretto  prendere contatti con i vertici regionali dei partiti firmatari dell’accordo politico per costruire insieme una proposta di lista che nascesse in Sardegna e poi fosse sottoposta alla verifica nazionale.
Dai primi contatti si è capito subito che i partiti  si rimettevano alle decisioni nazionali e si rinviava ad una fase successiva anche la proposta di definire linee programmatiche e scelte politiche sarde cui gli eletti della Regione dovrebbero ispirarsi nel corso del mandato.
Col passare dei giorni mentre venivano concretizzate e rese note le proposte di candidature di Cambiare si può, dai partiti regionali, meno che mai da Roma, si avevano notizie su cosa succedeva.
In realtà è successo che ciascuna organizzazione, partito o movimenti o, chi sa, anonimi suggeritori, hanno inviato per i propri canali le proposte a Ingroia.
Le liste sono nate così. E al momento in cui si va on line si è tutti in attesa di sapere chi saranno le candidate e i candidati della lista “Rivoluzione civile Ingroia” in Sardegna.
Cambiare si può?

7 Commenti a “Cambiare si può?”

  1. Giovanni Nuscis scrive:

    Sono state proprio stamane preannunciate dai quotidiani due candidati, parrebbe, direttamente scelti e contattati da Antonio Ingroia. Persone diverse sia da quelle scelte, con assemblee democratiche ed inclusive, nell’isola, da Cambiare si può, sia dagli stessi partiti. Se dovessero essere confermate tali candidature, esse sarebbero dunque in contrasto con le indicazioni fatte, a buon diritto, dal territorio, che si vedrebbe negato il diritto di scegliere i propri rappresentanti; si avrebbe in tal caso la conferma di un sistema politico ancora immaturo a praticare la forma più elementare di democrazia partecipata, imponendo dall’altro scelte verticistiche invece che condividerle con le comunità interessate; se così fosse, ritroveremo metodi e stili propri del berlusconismo tanto criticato, in cui la notorietà mediatica dei prescelti era criterio supremo nella scelta, rispetto a quello delle competenze necessarie per rivestire quel determinato ruolo, appioppando così ai territori rappresentanti non richiesti né prescelti. Nell’ipotesi che siano confermate le candidature preannunciate, ci si chiede con quale animo le forze politiche in lista dovrebbero mettere in moto, sul territorio, il duro lavoro organizzativo e di propaganda? Il problema si pone, naturalmente, anche per le altre liste. Siamo purtroppo ancora lontani da un sistema politico che segni una rottura decisa col passato, nel rinnovamento del metodo, soprattutto, che è anche contenuto in una democrazia reale

  2. maurizio costantino scrive:

    No, scusa, non si “avrebbe conferma di un sistema politico ancora immaturo a praticare la forma più elementare di democrazia partecipata, imponendo dall’altro scelte verticistiche invece che condividerle con le comunità interessate”, ma dell’appartenenza organica di PRC, PdCI, VeRDI e IDV a quel sistema.
    Quindi, perché non evitiamo di non chiamare cose e persone con il loro modo ?
    ciao

  3. Gavino Dettori scrive:

    Le persone, la società….., si mettono “in moto ” su un progetto credibile ed anche, rappresentato da persone espressione delle realtà sociali. Il lavoro nel sociale dei cittadini, si sostanzia soltanto se sostenuto dalla prospettiva di una società alternativa, e dalla democrazia interna al gruppo. Se viene a mancare la democrazia interna, in specie nella fase del nascere, tutto si annulla, nessuno ha più parole e gambe per muoversi, viene meno ogni entusiasmo.
    Che dire ! attenderemo i risultati…..

  4. Andrea Pubusa scrive:

    E’ proprio vero che a sinistra è perenne la fine discussione sul sesso degli angeli mentre il nemico è alle porte! Rivoluzione civile nasce a dicembre. Le liste devono essere presentate a gennaio. Ci vuol poco a capire che si tratta di un’operazione ipergiacobina, al limite dell’azzardo, fondata sopratutto sul messaggio mediatico. Vengono così accantonati tanti ottimi compagni e si punta a chi, venendo dai movimenti, ha compiuto gesti stampati nella memoria collettiva, come il vaffa… di Pirotto all’allora Ministro Castelli. Pone, però, questo raggruppamento una discriminante politica importante, che ne legittima l’esistenza: è contro il montismo, che considera come la manifestazione dell’iperliberismo (quindi anticostituzionale, contro il lavoro, i diritti sociali ecc,, ecc.) in Italia. Questa è la proposta di Ingroia: prendere o lasciare. Lo spazio per l’esercizio democratico è riservato al dopo. Chi non ci sta, del resto, ha valide alternative: Vendola le primarie le ha fatte! Uras e Piras (sorprendentemente!) sono i prescelti in Sardegna. Oppure, se si sta con chi apre a Monti, Bersani è ancora più affidabile. Oppure, nessun dolore, si può stare a casa!

  5. Marco Ligas scrive:

    Penso che parleremo ancora di ‘Rivoluzione Civile’, soprattutto del modo in cui si è presentata alle elezioni. Sicuramente i tempi per la formazione delle liste sono stati brevissimi; ma è sufficiente questo dato per sostenere che non è il caso di fare gli schizzinosi perché il suo programma, fra i tanti presentati, è l’unico antiliberista e questo basta per appoggiarlo? Io condivido il giudizio sul programma; mi pare che nessun’altra formazione parli di riduzione delle spese militari, di rinegoziazione del debito, di tutela dei diritti del lavoro, di formazione come fa Rivoluzione Civile.
    Ma non sono convinto che sia possibile rendere praticabili le indicazioni programmatiche se non hanno un radicamento nella società, e soprattutto se non sono sostenute da protagonisti legati al territorio. Rivoluzione Civile, non solo in Sardegna ma anche in altre circoscrizioni, ha imposto candidati che rispondevano soprattutto alle esigenze dei gruppi che hanno dato vita alla nuova formazione, dando un’immagine di sé più vicina ad un cartello elettorale piuttosto che ad una coalizione nuova capace di praticare un metodo di lavoro finalmente diverso.
    Leggendo le liste imposte nella nostra regione ho pensato, non senza fastidio, ad una decisione presa da nuovi Viceré e naturalmente mi sono chiesto: chi ha dato i suggerimenti a Ingroia, di quali collaboratori si circonda?
    Non intendo invitare qualcuno al non voto ma non credo che riusciremo a recuperare molte persone che non votano più

  6. Marcello Madau scrive:

    Condivido quello che ha scritto Marco Ligas. E’ drammatica la divaricazione fra la qualità del programma di sinistra portato – pur nella pluralità dei soggetti – da Rivoluzione Civile, e la rappresentatività delle liste, sia per metodo di costruzione delle stesse sia per l’assenza sostanziale dei temi della cultura e del paesaggio: proprio dal territorio dove è possibile rappresentare più di ogni altro la speranza e la possibilità di uno sviluppo sostenibile dall’ambiente e basato su beni culturali, di cui tutti si riempiono la bocca.
    Il perché e il per come di quello che sta succedendo merita di essere approfondito. Ma voglio anche esprimere il mio fortissimo disagio verso alcune evidenti appartenenze opportunistiche a questa lista e a questo programma. Confidare in questo strumento per entrare in parlamento è normale, e più che legittimo: ma per alcuni soggetti ciò sembra l’unica ragione, che prima ha fatto cambiare strategia dopo l’offerta senza ricompensa del voto alle primarie del cosiddetto centro-sinistra, e ora digerire senza problemi, ad esempio, punti come il NO TAV e la valorizzazione della società civile (che in ogni caso non si manca di attaccare).
    Al di là del disagio e del dissenso, sono segni di debolezza interna per Rivoluzione Civile che preoccupano e che rischiano di rendere poco credibile questa nuova proposta politica.

  7. Francesca Cau scrive:

    Il ragionamento è terra-terra e pragmatico, ma, mi pare, anche importante: la sinistra deve tornare in Parlamento o non riuscirà a riprendersi più. Questi ultimi 5 anni sono stati terribili: siamo stati oscurati, la militanza è stata spaesata ed è diminuita e i soldi scarseggiano non solo per mantenere i piedi le organizzazioni dei partiti, ma anche per organizzare semplici iniziative culturali e politiche. La situazione è così nera che non riusciremo a continuare così per altri 5 anni (chiedetelo a Il Manifesto, la cui crisi è legata -non solo ma anche- alla crisi che ha attraversato tutta la sinistra). Tutte le critiche alla lista Ingroia che fa l’autore dell’articolo sono giuste, ma il punto è un altro, ovvero il “primum vivere”; hai voglia di parlare di democrazia partecipativa, ecc., quando sei ridotto all’extraparlamentarismo sterile (mi spiace, ma in Italia stare dentro le istituzioni conta ancora per incidere politicamente) e a vedere in TV i vari Bersani e Monti che ci applicano il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio, sconquassando il già deteriorato paese. Di queste cose ne parlaremo come si deve dal 25 febbraio. Ora dobbiamo sopravvivere. Se non sopravviviamo, non ne parleremo, perché saremo così pochi e litigiosi che non ce ne sarà l’occasione.
    Insomma, vedete che il ragionamento è terra-terra. Ma, ogni tanto, vale la pena rileggersi qualche conservatore intelligente come Max Weber per capire che in politica queste cose non sono così stupide…

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