Folli sono coloro che difendono l’ergastolo ostativo

1 Novembre 2019
[Graziano Pintori]

Finalmente la Corte europea e la Consulta si sono pronunciate sull’ergastolo ostativo. La Giustizia munita di bilancia da che parte farebbe pendere uno dei due piatti: verso la Corte europea che condanna i trattamenti inumani riservati agli ergastolani ostativi, detenuti nelle carceri italiane, oppure verso i vari Salvini e Di Maio che definiscono “una follia” la sentenza di Strasburgo?

Lo stesso piatto tenderebbe verso la Corte costituzionale che rende i permessi premio fruibili da tutte le categorie dei carcerati, compresi mafiosi e terroristi, oppure verso il ministro Guardasigilli che ritiene l’ergastolo ostativo, ossia la tortura, un caposaldo contro la mafia e il terrorismo? Interrogativi che mettono in evidenza, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la superficialità di molti politici italiani che aizzano “il populismo penale”, come definito dal Sen. Luigi Manconi, contro le decisioni delle supreme Corti.

Non tutti, ma in buona parte i politici nostrani, presi da una continua campagna elettorale, affidano alla pancia e al fegato l’elaborazione delle loro riflessioni, anziché analizzare con ponderate cognizioni la delicatezza delle sentenze espresse secondo i canoni costituzionali della civiltà giuridica. Sarebbe sufficiente un po di impegno e la lettura obiettiva delle notizie per capire che la sentenza di cui trattasi non consente un automatismo dei benefici previsti, ma una regola che stabilisce dei percorsi di abilitazione civile e di ravvedimento, affinché il reo possa dimostrare di aver reciso dalla sua esistenza di detenuto quella parte di vita vissuta da criminale prima della sentenza di condanna.

Nella sostanza si riconosce ai detenuti ostativi la possibilità di cambiare come avviene per le loro cellule, si riconosce loro la capacità di percepire il tempo che scorre giorno dopo giorno e “continuare a creare se stessi incessantemente” (H.L. Bergson). In poche parole anche per gli ostativi arriva la piena maturità, la quale rimarcherà la distanza epocale da quando erano ventenni o trentenni. Detto questo dobbiamo essere tutti ben coscienti che parliamo di Giustizia, quella materia che esiste perché esiste l’uomo, la persona, il cittadino, un argomento che non può essere trattato come un derby calcistico in cui tutti diventano calciatori, arbitri, allenatori e dirigenti, dimenticandosi che la Giustizia giudica le persone e le tragedie umane provocate dalle stesse, in cui gli attori sono il giudice, le vittime e i loro carnefici.
Tutti esseri umani, ciascuno con le proprie intimità.

Il caso di Mario Trudu da ragione, cito di nuovo, al Senatore Luigi Manconi quando dice “…in Italia l’ergastolo è applicato regolarmente”, e tra i 1400 ergastolani qualcuno lo ha vissuto fino alle estreme conseguenze, come avvenuto con l’ergastolano ogliastrino. Il quale lo ha scontato subendo sia la tortura fisica (negazione delle cure adeguate contro il male che lo divorava giorno dopo giorno), sia psicologica (negazione della possibilità di dimostrare che il maturo sessantanovenne non era più il giovane baldanzoso ventinovenne sequestratore di uomini).

Della vicenda Trudu resta l’amarezza di una vita bruciata dall’esperienza malavitosa che lo portò, ventinovenne, alla galera perpetua tra mura alte e robuste, esercitando sui restanti quarant’anni di vita un sequestro, nel vano tentativo di cancellarlo dalla memoria collettiva. Sono stati quarant’anni di inutile reclusione, secondo il mio parere, perché alla fine la giustizia non è stata in grado di valutare quanto quest’uomo si sia emancipato in senso umano e intellettuale, e che sia stato capace di appropriarsi di una ricchezza interiore che sarebbe potuta essere utilizzata a beneficio di tanti altri potenziali detenuti.

Restano le sentenze della Corte europea e della Consulta italiana che fanno vedere a tutti gli uomini e donne detenuti/e una luce in fondo al tunnel, che restituiscono la speranza di un riscatto futuro e il ritorno alla vita. Sentenze che cancellano il fine pena mai, il 99.99.9999, la morte lenta, il cimitero dei morti viventi ecc. E’ il primo passo verso la vera riforma carceraria e l’applicazione degli articoli 3 e 27 della Carta Costituzionale in ambito carcerario.

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