Il futuro dell’Europa nei progetti di Macron

1 Marzo 2018
[Gianfranco Sabattini]

Jürgen Habermas è tornato a parlare del problema del futuro dell’Europa, pubblicando un ampio articolo (“Si può ancora fare politica contro le false idee sull’Europa”), apparso su “Der Spiegel” il 21 ottobre scorso e su “la Repubblica” il 28 dello stesso mese. Nell’articolo, il filosofo tedesco lancia un appello perché le classi politiche europee salvino l’Unione, attraverso una sua profonda riforma, che sappia andare oltre gli “steccati” costruiti intorno all’immobilismo posti dalla Germania al funzionamento delle istituzioni comunitarie.

Per tutto il tempo in cui l’Europa ha subito gli effetti negativi della Grande Recessione – afferma il filosofo –, a Angela Merkel e Wofgang Schäuble “è sempre stato consentito di presentarsi, in stridente contrasto con i fatti, come veri ‘europei’”; ora il contrasto è stato messo ancor più in evidenza dal recente discorso che il presidente francese, Emmanuel Mcron, ha tenuto alla Sorbona il 26 settembre scorso, rivelando i piani che egli intende attuare per dare corpo ad una nuova idea di Europa.

Nel suo discorso, il neopresidente ha proposto la creazione di un’Europa sovrana e unita, fondata su una cooperazione dell’Eurozona, finalizzata a realizzare di un fondo unico per finanziare gli investimenti comuni e ad assicurare la stabilità nel fronteggiare gli shock economici, ad uniformare il mercato delle materie energetiche, ad introdurre una “Carbon Tax” europea per migliorare la tutela dell’ambiente, nonché ad attuare una politica comune su difesa, immigrazione, forze di polizia e sicurezza dei confini.

Di fronte al discorso di Macron, Habermas ha constatato che, quasi a sostegno e a giustificazione della politica europea della Germania e soprattutto di quella del suo ministro delle finanze, le grandi testate giornalistiche tedesche sono sembrate preoccupate, per la paura che gli intenti dichiarati da Macron sul futuro dell’Europa possano “aprire gli occhi” ai loro lettori. Alla luce dei risultati dell’ultima consultazione elettorale, che hanno ridimensionato le forze del partito della Merkel, il prossimo governo tedesco dovrebbe raccogliere la sfida lanciata da Macron; Habermas dubita che ciò possa accadere, per via della probabile propensione del futuro governo tedesco ad assumere, riguardo al futuro dell’Europa, la tradizionale “politica del rinvio”.

Eppure, afferma Habermas, forse con un’eccessiva apertura entusiastica verso i propositi del presidente francese, quasi mai “le contingenze storiche hanno creato una situazione così chiara come nel caso dell’ascesa al potere di questa personalità [quella di Emmanuel Macron] così fascinosa, forse irritante, ma in ogni caso fuori dal comune”. Tuttavia, in considerazione delle tradizionali posizioni politiche della Germania nei confronti dell’Europa e visti gli ultimi risultati delle elezioni politiche tedesche, Habermas ritiene obiettivamente improbabile che “il prossimo governo tedesco abbia la lungimiranza di trovare una risposta costruttiva” alle intenzioni rivelate di Macron.

Per il filosofo è difficile che il futuro governo tedesco di coalizione, segnato da conflitti interni, voglia rivedere le “due scelte strategiche imposte da Angela Merkel all’inizio della crisi finanziaria”: da un lato, l’approccio intergovernativo agli effetti della crisi, che ha assicurato alla Germania un ruolo-guida nel Consiglio europeo; dall’altro lato, la politica di austerità, che la Germania ha imposto ai Paesi del Sud dell’Europa, sui quali maggiori sono stati gli effetti negativi della crisi, dalla quale la stessa Germania ha tratto “vantaggi sproporzionati”. Inoltre, Habermas ritiene che la sfida del presidente francese non sia destinata a non essere accolta dal nuovo governo tedesco, anche per via del fatto che esso potrà addurre la scusa dell’indebolimento del principale partito nelle maggioranze che hanno espresso i passati governi della Merkel.

Queste considerazioni inducono il grande filosofo a chiedersi se la Merkel, “così accorta e coscienziosa, finora favorita dal successo ma anche riflessiva possa avere interesse a finire i sedici anni di cancellierato in questo modo inglorioso”, oppure sappia “mostrare una vera statura e saltare la propria ombra” a dispetto di tutti quelli che già stanno speculando sul suo tramonto. Lo scatto d’orgoglio dovrebbe essere consentito alla cancelliera dalla consapevolezza, della quale ella certamente dispone, che “l’unione monetaria è d’interesse vitale per la Germania e che, sul lungo periodo, essa non può essere stabilizzata finché si approfondiscono le forti differenze tra le divergenze economiche del Nord e del Sud dell’Europa in termini di reddito, tasso di disoccupazione e debito pubblico”; la Merkel è sicuramente anche consapevole, ricorda Habermas, che è possibile porre rimedio alla divergenza distruttiva, solo se “si crea una concorrenza davvero equa oltre le frontiere nazionali, e se si persegue una politica di contrasto alla crescente desolidarizzazione sia tra le popolazioni nazionali sia all’interno della varie nazioni”.

E’ questo che il presidente francese, nel suo discorso alla Sorbona, rivolgendosi alla classe politica tedesca, ha chiesto che sia realizzato, evocando il fatto, ricorda Habermas, che la sovranità delle singole nazioni, dalla quale sinora i singoli Paesi membri del progetto europeo non sono mai riusciti ad allontanarsi, non “può essere più garantita dallo Stato nazionale, ma solo dall’Europa”, e che soltanto con “la protezione e la forza dell’Europa unita i suoi cittadini possono difendere i propri interessi comuni e valori”; è a tal fine che Macron, nel suo discorso, ha invocato “la rifondazione di un’Europa capace di agire sia al proprio interno che verso l’esterno”, nella prospettiva di poter intervenire politicamente sui “problemi di una società mondiale che cresce sempre più interdipendente”, e di superare in questo modo i limiti del ceto funzionariale europeo, opportunisticamente ridotto alla politica del giorno per giorno.

Per realizzare un‘Europa unita, forte e indipendente, secondo Macron, occorre che i partiti socialdemocratici, pur propulsivi sui temi europei e molto aperti alla globalizzazione, cessino di essere poco critici riguardo ai danni sociali provocati dal capitalismo fuori da ogni forma di controllo politico; controllo che, oltre ad attenuare tali danni, avrebbe dovuto consentire “una necessaria regolazione internazionale dei mercati”. Inoltre, rompendo il tacito consenso delle classi politiche europee sulla conservazione dello status quo, Macron, secondo Habermas, col suo discorso, si sarebbe distinto dalle altre “figure europee”, per aver affermato che è giunto per i partiti il momento di cambiare linea, cessando “di evitare i temi europei nelle elezioni nazionali” e maturando il convincimento che all’Europa urge una profonda riforma dei Trattati.

Habermas ritiene che Macron avrebbe già interiorizzato; ne è prova il fatto – afferma il filosofo tedesco – che il presidente francese ha messo il problema della riforma europea al centro delle elezioni che lo hanno espresso, sostenendo che la riforma dovrà essere diretta “ad assicurare il difficile equilibrio tra la giustizia sociale e la produttività economica”. Pur non ritenendosi politicamente un “macroniano”, Habermas è del parere che il modo in cui Macron ha parlato dell’Europa faccia la “differenza”; ciò perché egli, pur mostrando rispetto e considerazione per i “padri fondatori”, che “hanno creato un’Europa senza popolazione perché allora erano esponenti di un’avanguardia illuminata”, lui Macron vuole fare adesso “di quel progetto elitario un progetto di cittadinanza”. Quindi, ai governi nazionali che siedono nel Consiglio europeo, bloccandosi a vicenda, egli “chiede che si compiano dei passi chiari verso l’autodeterminazione democratica dei cittadini europei”.

In tal modo, per il rinnovo delle istituzioni europee, Macron rivendica che i cittadini, non solo dispongano di un diritto di voto, ma pure che possano designare “candidati appartenenti a liste transnazionali”, attraverso la formazione di un sistema di partiti europeo; condizione, questa, a parere di Habermas, perché diventi possibile esprimere un Parlamento di Strasburgo che sia realmente il “luogo in cui gli interessi sociali possono essere generalizzati e valorizzati oltre i meri confini nazionali”.

Concludendo la sua analisi del discorso del neopresidente francese, Habermas sottolinea infine il fatto che Macron sappia “parlare”; con ciò, il filosofo non afferma che la “professione del politico” si misuri sulla base del talento oratorio, ma solo che la qualità e le modalità con cui il discorso è svolto “possono cambiare la percezione del politico nella sfera pubblica”. In un mondo, “dove l’assenza di forma dei talk show diventa il metro di riferimento per la complessità e lo spazio del pensiero politico pubblicamente ammesso”, Macron si distingue anche per lo stile dei suoi interventi.

L’entusiasmo di Habermas per il discorso che Macron ha tenuto alla Sorbona e per lo stile che lo ha caratterizzato, scegliendo anche un luogo che più appropriato non avrebbe potuto essere, riguardo al futuro dell’Europa, non può che essere condiviso; resta tuttavia il dubbio che i propositi di Macron siano destinati a cadere nel vuoto e che le giuste riflessioni di Habermas siano anch’esse destinate a non essere accolte positivamente sul piano politico. Le difficoltà con cui il discorso di Macron dovrà scontrarsi non si collocano solo dal lato del Paese, la Germania, che lo stesso Habermas ritiene decisivo, sol che lo voglia, per dare concreta attuazione alle proposte “macroniane”; esse si collocano, è plausibile supporlo, anche dal lato del Paese del quale Macron è al vertice delle istituzioni.

Per quanto riguarda la Germania, non si può trascurare la circostanza che Macron, divenuto presidente della Repubblica transalpina, dopo essersi dichiarato pronto a collaborare con Angela Merkel per portare avanti il miglioramento del funzionamento dell’eurozona con l’istituzione di un ministero delle finanze europeo, si trova ora a dover “fare i conti” con il risultato elettorale tedesco, che ha visto la crescita dei partiti antieuropeisti e il ridimensionamento della forza politica del partito della Merkel. Non solo, anche se il “campione ordoliberista”, Wolfgang Schauble, non sarà riconfermato nella sua carica di ministro delle finanze della Germania, per diventare presidente del Bundestag, Habermas informa che l’ex ministro avrebbe ideato per l’Eurogruppo “un programma fatto apposta per bloccare ogni compromesso col presidente francese”. “Sic stantibus rebus”, è fortemente improbabile che la Germania possa rappresentare un “utile sponda” per l’attuazione delle proposte del presidente francese.

Anche per quanto riguarda la Francia, non si può dimenticare che questo Paese, firmatario del Trattato di Roma, pur potendo vantare l’apporto di Jacques Delors alla firma del Trattato di Maastricht (che ha segnato uno “scatto in avanti” del processo di integrazione dell’Europa), ha condiviso l’atteggiamento verso l’Europa di Charles de Gaulle che, per dieci anni, ne ha ostacolato il governo; né si può dimenticare la bocciatura referendaria del progetto di Costituzione europea predisposta da un gruppo di lavoro presieduto dal francese Giscard d’Estaing; infine, non per spegnere l’entusiamo di Habermas per la personalità di Macron, non si può sottacere la circostanza che la sua elezione a presidente della Repubblica francese è stata il risultato, non di una scelta europeista dell’elettorato francese, ma di un voto composito, esercitato per esorcizzare il pericolo della vittoria della destra xenofoba e nazionalista.

In sostanza, le proposte di Macron sul futuro dell’Europa colgono sicuramente nel segno, così come lo coglie l’analisi di Habermas; le circostanze attuali e l’esperienza vissuta inducono però solo a sperare che le proposte del primo e le speranze del secondo abbiano la reale possibilità d’essere, rispettivamente, attuate e soddisfatte, come tutti gli europeisti si augurano.

1 Commento a “Il futuro dell’Europa nei progetti di Macron”

  1. Viagracheap scrive:

    Grazie Francesco sempre serio e preciso!!!

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