Giovanni Fancello risponde all’appello del manifesto sardo: Basta giustizialismo

8 Settembre 2022

[Giovanni Fancello]

Giovanni Fancello, candidato per il collegio uninominale e Sud Sardegna al Senato della Repubblica per Unione Popolare risponde all’appello del manifesto sardo rivolto a tutte le candidate e tutti i candidati alle elezioni politiche del 25 settembre in cui si chiede alle elette e gli eletti della Sardegna nel nuovo parlamento di difendere i valori dell’articolo 27 della Costituzione e di impegnarsi a sostenere i diritti umani, civili e sociali delle persone detenute nelle carceri della Sardegna.

Carissimз lettrici e lettori del Manifesto Sardo,

rispondo volentieri, e con l’urgenza che questo tema merita, alla sollecitazione che è giunta da Roberto Loddo, un compagno e un amico che fa della battaglia per i diritti della popolazione carceraria uno degli impegni costanti della propria attività, come cittadino e come giornalista. Mi permetto di prendere la parola non come singolo militante e candidato, ma a nome delle e degli attivistз che lavorano alla costruzione di Unione Popolare e del suo programma in Sardegna.

Come più volte denunciato dalle pagine di questo giornale, la questione dei diritti di chi oggi vive un’esperienza di detenzione è uno dei numerosi “convitati di pietra” del dibattito pubblico; non il solo: si ha quasi l’impressione che quantз patiscono quotidianamente una condizione di precarietà esistenziale e invisibilità sociale (penso anche – solo a titolo di esempio – alle persone senza fissa dimora, o a quantз vivono l’esperienza della sofferenza psichiatrica) rappresentino un motivo di imbarazzo per chi oggi ha il potere di definire l’agenda del dibattito pubblico, dalla grande stampa alle segreterie dei maggiori partiti politici.

Tale condizione di marginalità, all’interno delle società neoliberali, non è l’esito casuale di una negligenza dell’attore pubblico, ma ha una precisa finalità programmatica: l’esclusione delle e dei deboli, delle e dei “perdenti”, da un corpo sociale definibile come “sano”, in base a una logica che ci vuole tuttз efficienti, produttivз, “normali”. Una logica che riconosce i diritti delle e dei cittadinз solo nella misura del loro contributo economico (ad esempio: quante volte abbiamo sentito dire o letto, di un/a cittadinə immigratə, che si è integratə e merita rispetto perché è un/a cittadinə “che paga le tasse”?).

Come comunista e militante che ha avuto l’onore di essere candidato dalle compagne e dai compagni di Potere al Popolo nelle liste di Unione Popolare, sento di dover respingere in toto questa concezione intossicante e perversa di cittadinanza. Lo dico con la consapevolezza di chi quotidianamente constata l’imbarbarirsi del linguaggio politico e giornalistico sul tema dei diritti delle e dei detenutз (nelle poche occasioni in cui pure se ne parla), che in moltissimi casi patiscono non solo le conseguenze di errori individuali (sempre possibili), ma soprattutto la sistematica tendenza dello Stato a gestire le manifestazioni di un sempre più diffuso disagio sociale in termini di repressione poliziesca anziché di inclusione, di “sicurezza” anziché di protezione e cura.

La comunità politica che ha contribuito alla costruzione di una Unione Popolare che sia anzitutto espressione e strumento di lotta politica delle classi subalterne, ha elaborato un proprio documento politico attraverso un processo partecipato e plurale, ed ha sviluppato, su questo tema, una posizione molto netta, espressa nel punto 15 del programma (https://unionepopolare.blog/programma/programma-esteso/). In esso si parla di amnistia/indulto per i reati minori, di interventi di depenalizzazione per numerose fattispecie di reato (a iniziare da un quadro normativo rinnovato sul consumo delle cosiddette “droghe leggere”), di misure alternative alla detenzione, di estesi e ben finanziati programmi di recupero e reinserimento – in altri termini, di aderire al dettato costituzionale. Niente di più, niente di meno.

Dopo decenni di retorica giustizialista, durante i quali la parola “garantismo” emergeva solo quando un/a esponente del ceto politico era lambitə da indagini giudiziarie, e una perfetta unanimità securitaria ha compattato la quasi totalità delle forze parlamentari, è arrivato il momento di cogliere la possibilità di un’inversione di rotta.

Io credo che sia venuto il momento di restituire “anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza”, di giustizia sociale, di diritti.

Buon lavoro a tuttз voi, e grazie ancora per avere sollecitato questo mio breve intervento.

Immagine di apertura: Casa circondariale di Ariano Irpino, Non me la racconti giusta. Progetto di arte urbana all’interno delle carceri italiane a cura di ziguline, magazine di arte e cultura contemporanea, degli artisti Collettivo Fx e Nemo’s e del fotografo e videomaker Antonio Sena. Photo Credits Antonio Sena.

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