Il controllo della TV prima di tutto

16 Aprile 2009

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Marco Ligas

Come si sa, la libertà di stampa nel nostro paese è un diritto riconosciuto dalla Costituzione, ma vale sino a quando non colpisce gli interessi degli eredi di Licio Gelli. Berlusconi non può permettere che sia la tv, la sua creatura, a incrinare la credibilità che si è costruito intorno ad essa. Perciò anche vicende drammatiche come i terremoti devono essere presentate in modo che la sua immagine emerga come quella di un leader risoluto e dinamico, capace di affrontare e risolvere le situazioni più difficili. Poco importa se, come ormai ci ha abituato da tempo, i suoi interventi sono accompagnati da note stonate che lo caratterizzano più come venditore che presidente del Consiglio. Anche in occasione del terremoto in Abruzzo ci ha messo del suo meglio impegnandosi a ‘mettere a disposizione le sue ville per garantire ospitalità ai terremotati’. La sua presenza in Abruzzo è stata accompagnata da servizi ridondanti, diffusi da una televisione  sempre più servile, con lo scopo di sottolineare l’impegno profuso dal governo in questa tragica vicenda. Neanche la massima carica dello Stato ha avuto gli spazi concessi al premier e agli altri rappresentanti delle istituzioni. Questa incapacità, da parte  dei responsabili del servizio televisivo, di presentare le notizie con obiettività e indipendenza è stata confermata dal silenzio totale sulle eventuali responsabilità di chi ha costruito al di fuori delle norme antisismiche, e sulla tempestività (o ritardi) con cui è intervenuto il servizio di Protezione Civile.
Ci hanno  provato Santoro e la redazione di ‘Anno zero’ ad uscire dal coro. Non hanno fatto niente di eccezionale se non presentare i risultati di alcune interviste che mettevano in evidenza una macchina organizzativa non perfetta. Ma la libertà che si sono presa non poteva minimizzare l’impegno mediatico con cui il governo ha voluto presentarsi al paese come esempio di efficienza e di tempestività. Ed è questa la ragione per cui è scattato il linciaggio nei loro confronti. Una trasmissione indecente, è stata definita la puntata dello scorso giovedì. Paradossalmente questa operazione repressiva, che supera per gravità e va ben al di là dell’editto bulgaro, trova sponda nella coalizione che invece dovrebbe contrastare il conflitto di interessi e garantire la pluralità dell’informazione.
E qui è opportuna qualche considerazione sul Partito Democratico. Ragionevolmente chi ha subito una sconfitta elettorale dovrebbe sentirsi obbligato ad una riflessione sulle cause che l’hanno determinata. E, soprattutto, dovrebbe predisporsi anche ad un eventuale cambio di programma. Questa prassi che, a ricordarla, appare persino banale risulta invece estranea alle classi dirigenti del nostro paese, compreso il Partito Democratico. Spesso coloro che perdono continuano a dirigere i partiti o le coalizioni che hanno guidato sino alla sconfitta. Tutt’al più si assiste a qualche scambio di incarichi, però mai tempestivo come è successo con Veltroni/Franceschini. Se poi andiamo a vedere quali aggiustamenti programmatici facciano i nuovi dirigenti ci rendiamo conto che le scelte sono spesso dettate o dall’immobilismo o dall’avvicinamento, con piccoli accomodamenti, ai programmi degli avversari, come se avessero il timore, nel prenderne le distanze, di apparire degli eversivi. Ecco, la scelta che i rappresentanti del Pd hanno fatto sulla vicenda di Anno Zero nasce da questo appiattimento, dal convincimento che il conflitto d’interessi relativamente all’uso dei mezzi di comunicazione sia ormai irrisolvibile e tutt’al più si possa raggiungere un accordo bipartisan, dove tutti possano gestire porzioni di potere. Quanto sia inefficace e disastrosa questa scelta è dimostrato dall’esperienza degli ultimi due decenni. La coalizione guidata da Berlusconi va dritta per la sua strada, più arrogante quando è opposizione, apparentemente più aperta al confronto quando è maggioranza, ma mai disponibile a modificare le proprie posizioni per accoglierne qualcuna del centrosinistra. Se non verrà accettata questa realtà e il centrosinistra continuerà a tergiversare sulle scelte inderogabili e diverse che deve effettuare andremo incontro ad un ulteriore arretramento democratico.

1 Commento a “Il controllo della TV prima di tutto”

  1. Mauro Melis scrive:

    L’informazione violata

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