Il genocidio degli Armeni ancora oggi negato

1 Maggio 2021

[Francesco Casula]

Tra la primavera del 1915 e l’autunno del 1916, per volontà del movimento ultranazionalista dei Giovani Turchi, quasi un milione e mezzo di cittadini Armeni dell’Impero ottomano fu sterminato.


Si trattò a tutti gli effetti del primo genocidio del Ventesimo secolo e anticipò sinistramente i successivi. Parlarne è stato per decenni, se non proibito, almeno inopportuno per l’ostinato negazionismo storico dei regimi turchi. Ancora oggi il dittatore Erdoğan si ostina a negare quel genocidio. Come sostanzialmente, è stato se non negato, taciuto, anche dalla stessa storiografia occidentale a iniziare da quella italiana: tutta tesa, come documenterò ad esaltare Atatürk, il principale responsabile del genocidio armeno (e kurdo).
“Nel caso armeno – scrive Pietro Kuciukian, intellettuale e saggista di origini armene – le basi della storiografia ufficiale negazionista della Repubblica turca furono poste da Mustafa Kemal, detto Atatürk,il padre della patria. Il fondatore della Repubblica turca in un primo tempo aveva condannato l’operato del Partito dei Giovani turchi, definendoli assassini e ladri, ma poi, quando gli ufficiali, i governatori, i militari, i gendarmi e l’intera burocrazia genocidaria sono confluiti nel partito repubblicano da lui organizzato per costruire la Turchia del futuro, cambiò atteggiamento. Quattro dei maggiori carnefici erano divenuti suoi ministri e Mustafa Kemal portò a compimento la pulizia etnica degli Armeni su tutto il territorio: dei 3 decreti legge emanati dal precedente governo unionista (riforme, deportazione e confisca dei beni degli armeni), ha mantenuto in vita la legge della confisca dei beni abbandonati. Sui passaporti dei pochi Armeni sopravvissuti, poi “espulsi”, era scritto: pas possible le retour (non è possibile ritornare).
In un celebre discorso politico del 1927, Mustafa Kemal sottolineava la capacità del Paese di rinascere e di uscire rafforzato dalla guerra avendo saputo resistere agli attacchi di “minoranze immorali”, nello specifico della minoranza armena insediata da tremila anni sul territorio e che veniva così separata ed espulsa dalla storia dell’Impero ottomano. Come potevano i turchi dopo la fine della Prima guerra mondiale disconoscere gli “eroi” che avevano dato vita alla repubblica monoetnica, sterminando gli armeni e appropriandosi di tutti i loro beni? Se ci interroghiamo sulle cause che impedirono agli Armeni di ricevere giustizia e di dare sepoltura ai loro morti, può servire operare un confronto con la Germania dopo la Seconda guerra mondiale. L’esercito tedesco fu sciolto, i nazisti messi fuori legge, le nazioni vittoriose ottennero giustizia. Se oggi ci fossero al potere in Germania i nazisti chi potrebbe affermare che c’è stata la Shoah, il genocidio degli ebrei?”
Ebbene Mustafa Kemal più noto come Atatürk che dopo la Prima Guerra mondiale e la liquidazione dell’impero ottomano, fondò lo Stato Turco e fu suo Presidente dal 1923 al 1938, è stato il principale persecutore e massacratore del popolo armeno (oltre che di quello kurdo), eppure viene celebrato anche dai “nostri” storici in modo entusiastico come “autorevole Giovane Turco”, “Valoroso ufficiale”, “ammodernatore” del Paese che grazie a lui diventerebbe “laico” e “democratico”.
Ecco – ma sono solo degli esempi – alcune “perle”. Secondo questi storici Atatürk “Fece propria la concezione modernistica e laicizzante” 1; “Lottò per l’indipendenza e la democrazia”2; “Avanzò un notevole programma di riforme: tutte le religioni furono poste sullo stesso piano, si promulgarono nuovi codici, furono occidentalizzati il calendario e l’alfabeto, si abrogarono le tradizionali restrizioni cui erano soggette le donne. Fu promossa l’agricoltura, incentivata l’industria, vennero effettuate molte opere pubbliche”3; “Fece varare una serie di riforme quali la fine dell’islamismo come religione ufficiale dello Stato, la laicizzazione dell’insegnamento, la promulgazione di nuovi codici, l’abolizione della poligamia, l’adozione dell’alfabeto latino”4; “Avviò una vasta modernizzazione del sistema politico e dell’intera società ispirandosi ai modelli occidentali”5 ; “Creò uno Stato moderno e laico”6; “Si impegnò in una politica di occidentalizzazione e di laicizzazione dello Stato. L’esperimento riuscì solo in parte, ma ebbe il valore di un modello (sic!) per molti paesi impegnati sulla via della modernizzazione e dell’emancipazione dai vincoli coloniali”7; “Potè attuare quelle grandi opere di rinnovamento interno che avrebbero trasformato un arretrato paese islamico in uno Stato laico, moderno e indipendente”8; “Impose una serie di riforme che occidentalizzarono e laicizzarono lo stato e la società, fu introdotto l’alfabeto latino, fu adottato il calendario occidentale” 9.
A quest’entusiasmo occidentalizzante ed eurocentrico, osannante il Giovane Turco, xenofobo e precursore delle leggi razziste contro i Kurdi, massacratore degli stessi e della Comunità armena, secondo il criterio della “pulizia etnica”, non sfugge neppure l’Unesco, organismo delle Nazioni Unite che ha il compito di proteggere e sviluppare le varie culture e le lingue del mondo, soprattutto nel campo dell’istruzione.
Il 27 Ottobre del 1978 questo Organismo internazionale ha infatti deciso di celebrare il centesimo anniversario della nascita di Kemal Atatürk considerandolo come “Pioniere della lotta contro il colonialismo”. Nella decisione dell’Unesco si legge che il merito di Ataturk è stato quello di aver svegliato i popoli oppressi per condurli verso la libertà e l’indipendenza. Dio ci liberi da questo benemerito Organismo internazionale. C’è infatti da chiedersi: ma di quale libertà e di quale indipendenza, parla l’Unesco? Di quella forse che la Turchia anche con Ataturk ha riservato agli Armeni e ai Kurdi?

Note Bibliografiche
1.Franco Della Peruta, Storia del ‘900, Editore Le Monnier, Firenze 1991, pag.344.
2.Giovanni De Luna-Marco Meriggi- Antonella Tarpino, Codice Storia, vol.3, Il Novecento, editore Paravia, Milano 2000, pag. 107.
3.Antonio Desideri- Mario Themelly, Storia e storiografia, vol.3 secondo tomo, casa editrice D’Anna, Messina-Firenze, Gennaio 1992,pag.593.
4.G. Gracco-A.Prandi- F. Traniello, Le nazioni d’Europa e il mondo, vol.3, Sei editore, Torino 1992, pag. 385.
5.Mario Matteini-Roberto Barducci, Didascalica, Storia vol.3, Casa editrice D’Anna, Messina-Firenze, Gennaio 1997, pag. 44.

  1. Aurelio Lepre, La Storia del ‘900, vol.3, Zanichelli editore, Bologna 1999, pag. 1115, paragrafo 51/2.
    7.A. Giardina-G. Sabbatucci- V. Vidotto, Guida alla storia, Dal Novecento ad oggi, vol.3, Editori Laterza, Bari 2001, pag. 94.
    8.A. Brancati- T. Pagliarani, Il Novecento, Editrice La Nuova Italia, Pesaro 1999, pag. 66.
  2. Giorgio Candeloro-Vito Lo Curto, Mille Anni, vol.3, editore D’Anna, Firenze 1992, pag. 389.

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