Il Partito della Nazione a Cagliari

16 Giugno 2016
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Graziano Pintori

Appartengo ad una generazione che ha vissuto in modo appassionato e coinvolgente tante competizioni elettorali e di ogni tipo, con esiti che a volte mi hanno entusiasmato altre demoralizzato. Da qualsiasi esito comunque traevo nuova linfa per andare avanti, perché la pratica politica la sentivo appiccicata alla pelle, era un istinto naturale che ti spingeva sempre avanti, senza resa. Questo istinto si nutriva di idee, di confronti, di battaglie, di letture e discussioni che spesse volte avevano origine dagli articoli dei giornali: il sale dell’agire quotidiano.

Sento ancora oggi che quell’istinto non mi ha abbandonato, però, sarà per gli effetti dell’età, percepisco con un certo distacco, senza contraccolpi emozionali, le elezioni amministrative ancora in itinere per via dei ballottaggi. Questa forma di inappetenza ha origine non tanto dall’esito del confronto dei competitori, ma dall’impatto visivo suscitato dal cromatismo degli schieramenti.

Ciascun simbolo si distingue soprattutto per il colore, il quale non è altro che il risultato di una mescolata in parti uguali o diverse di altri colori, da qui l’annacquamento e la scomparsa del colore primario. Solo un po’ di rosso resiste in fondo – in fondo allo schieramento del centrosinistra. Nel complesso ti accorgi che la maggioranza dei colori sono, come dicevo prima, annacquati, attenuati, sfumati che denotano la politica liquida, cioè quella condizione che rende difficile capire perché un programma elettorale, che dovrebbe essere la carta d’identità di una coalizione, sia il copia incolla, salvo incomprensibili sfumature, del programma dello schieramento a cui ci si oppone.

Cagliari ha chiuso la partita elettorale al primo turno con la riconferma di Zedda, gli schieramenti non devono dedicarsi a ulteriori miscelamenti cromatici come avviene di solito al secondo turno, “per fortuna”, mi viene da dire, visto che i due gruppi principali, i centri sinistra e destra, contano ben 25 simboli con colori diversi su 34: 14 fanno riferimento al centrodestra dell’occhialuto ex Sen. Massidda e 11 al poco disinvolto Zedda leader del centrosinistra.

I colori delle restanti nove sigle sono gestite da altri 4 candidati a sindaco. L’idea che dà questa varietà multicolore è quella di un prato che accoglie un’unica categoria floreale divisa per famiglie, che si distinguono sia dalle sfumature sia da piccoli tratti delle forme dei petali, mentre il nutrimento è stessa acqua e stessa terra. Una famiglia su 34 emerge perché è l’unica con una percentuale a due cifre (19,24%) il PD, altre 4 invece si fermano sotto il 10% come 5 Stelle ((8,76%), Forza Italia (8,16%), SEL, il partito del Sindaco eletto, (7,84%), PSd’Az (7,01%); 11 famigliole sono delle comparse che non raggiungono l’1%, altre 8 quelle che non raggiungono il 2% e altre 6 restano sotto il 3%.

Chiudono i restanti concorrenti colorati che si attestano sopra il 3% e sotto il 6%. Il dato certo è che nello schieramento vincente l’ultimo voto della percentuale più bassa  è stato determinante, come il primo voto del PD, per la rielezione del Sindaco. Proprio da qui partiranno le note musicali e colorate di ciascun simbolo, ognuno difenderà i voti del proprio raggruppamento perchè indispensabili per la vittoria finale: eletti o non eletti pretenderanno di occupare un posto nella grande tavola degli assessorati, delle commissioni, enti, consorzi, partecipate, ecc.ecc. Suppongo che anche a Cagliari l’aspetto spartitorio non farà altro che confermare il manuale Cencelli, ossia l’indispensabile strumento per accordare ed equilibrare i rapporti dei soggetti politici vincenti durante la fase della distribuzione degli incarichi.

Proprio in questa fase ciascun partito, o simbolo colorato, metterà in luce la propria natura, cioè i motivi del fine che ha giustificato il mezzo per ottenere, come si dice, un posto al sole. Qui, in questa fase, ognuno si rimboccherà le maniche perchè non si risparmieranno colpi, tutto diventerà lecito pur di raggiungere lo scopo; tutto sarà mandato al diavolo: i bei discorsi, le promesse, il bon ton, le pacche sulle spalle, finte commozioni ecc.ecc. In pieno stile renziano, per riferirmi anche ad una eventuale vittoria romana o milanese del centrosinistra, l’importante è vincere sempre, anche se sul carro sono saliti ceti politici che fanno capo a Verdini, Alfano e in certi luoghi anche all’ex detenuto Cuffaro.

Si sta parlando del partito della Nazione dove non si guarda in bocca a nessuno, dove si acchiappa tutto e di tutto pur di tenere la maggioranza; è il grosso carro dove è importante salire perché tutto è semplificato e naturale, per esempio: ci si definisce di sinistra pur forgiando riforme con lo spirito della destra.

E’ il grosso carro che mira allo stravolgimento della Costituzione, mira ad una legge elettorale adattata al piglio provocatore e prevaricatore del verboso Renzi, che idealizza una società piramidale dove la BCE e il dorato a.d. Marchionne, in esilio imprenditoriale per motivi di tasse, possano fare scuola di liberismo sfrenato e di rottamazione della Costituzione antifascista, degli articoli 18, dei sindacati, degli operai in tuta blu con tutta la sinistra che li sostiene.

A questo punto mi viene da chiedere:” ma in fondo – in fondo agli schieramenti del centrosinistra quel rosso dei due partiti con falce martello, che a Cagliari uniti non raggiungono il 3%, cosa ci fanno in mezzo a quel prato miscelato con mille altri colori che hanno perso oltre che la loro originalità anche i profumi? Non sarebbe, finalmente, il caso di abbandonare il PD? O il gran carro del Partito della Nazione? O il centrosinistra dove i valori e i concetti culturali, sociali ed economici della sinistra non hanno più residenza?”. Potrebbe essere, per chiudere in rima, una bella riflessione da riprendere in altra occasione.

 

 

 

 

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