In ricordo di Federico Caffè, economista critico

7 Aprile 2021

[Marco Sini]

Qualche giorno fa ho visto un servizio in coda al TG2 che ripercorreva gli ultimi giorni di Federico Caffè prima della sua scomparsa avvenuta a metà a aprile 1987 e ho rintracciato quanto avevo scritto il 6 gennaio del 2014 in occasione del centenario della sua nascita.

“Federico Caffè era un economista ben noto che indagò e scrisse molto sui temi della politica economica e del welfare, con particolare attenzione agli aspetti sociali e alla distribuzione dei redditi. In particolare studiò e divulgò le caratteristiche dei sistemi economico-sociali scandinavi. Lo leggevo spesso negli anni ’80 su Il Manifesto.

Perché mai un “keynesiano liberal-democratico ha scritto così spesso i suoi <<Scritti quotidiani>> su un quotidiano <<comunista>>, come il <<Manifesto>>?” .

Se lo era chiesto Giorgio Lunghini, economista che con Federico Caffè ha interagito e che fino alla sua morte ha animato il suo “Keynes Blog”. Lunghini ne dà una risposta ironica e persuasiva, coerente con il pensiero di Caffè. «Una spiegazione ragionevole è che Caffè vedeva nel “Manifesto” l’unico giornale il cui direttore non poteva imporgli di scrivere, non poteva rampognarlo per quanto avrebbe scritto e non poteva pagarlo: la condizione ideale per un uomo libero».

Il 29 gennaio del 1982 Federico Caffè scrisse su “Il Manifesto”- Quotidiano comunista- un articolo intitolato “La solitudine del riformista”. Ne propongo uno stralcio significativo che rende l’idea del suo pensiero: “Il riformista è ben consapevole di essere costantemente deriso da chi prospetta future palingenesi, soprattutto per il fatto che queste sono vaghe, dai contorni indefiniti e si riassumono, generalmente, in una formula che non si sa bene che cosa voglia dire, ma che ha il pregio di un magico effetto di richiamo.

La derisione è giustificata, in quanto il riformista, in fondo, non fa che ritessere una tela che altri sistematicamente distrugge (…). Egli preferisce il poco al tutto, il realizzabile all’utopico, il gradualismo delle trasformazioni a una sempre rinviata trasformazione radicale del “sistema”, in un altro articolo, scritto pochi anni dopo, Caffè scriveva «Poiché il mercato è una creazione umana, l’intervento pubblico ne è una componente necessaria e non un elemento di per sé distorsivo e vessatorio. Non si può non prendere atto di un recente riflusso neoliberista, ma è difficile individuarvi un apporto intellettuale innovatore.». Quanta preveggenza e quanta attualità, eravamo a metà degli anni ’80 del secolo scorso.

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