La campagna di Telèfonu Ruju non si ferma

16 Settembre 2018
[Isabella Russu]

La stagione estiva è quasi giunta al termine e con essa il primo round della campagna “Telèfonu Ruju” lanciata da Caminera Noa e dalla USB. Un numero whatsapp, una pagina Facebook e una mail per dare sostegno a chiunque stia vivendo una condizione lavorativa di sfruttamento o abbia necessità di informazioni e chiarimenti che i datori di lavoro non possono (o non vogliono) dare.

Quello che si delinea dopo quasi tre mesi dalla sua nascita è un panorama lavorativo complesso e vario, ricco di contraddizioni e caratterizzato dalla totale mancanza di consapevolezza, da parte dei lavoratori e delle lavoratrici, dei propri diritti e di come farli rispettare. Il denominatore comune delle segnalazioni è quello che dovrebbe farci riflettere maggiormente: la giustificazione dello sfruttamento.
Per il datore di lavoro è colpa della crisi, delle tasse, dello Stato. Per i lavoratori e le lavoratrici è la normalità, l’unico modo per poter lavorare in tempi di crisi e anzi sviluppano un senso di colpa nei confronti di chi li sfrutta quando pensano di denunciare o anche solo di chiedere ciò che spetta loro.

I lavoratori si sentono soli, abbandonati da una politica che negli ultimi anni ha contribuito alla distruzione dei diritti acquisiti, allo smantellamento del sistema di tutele del lavoro dipendente che con grande difficoltà furono costruite con le lotte degli anni ’70. Si sentono soli soprattutto dentro il posto di lavoro in un’eterna lotta tra poveri, in cui il collega non è più un alleato contro il padrone, ma è costantemente sotto ricatto e per poter salvare quel poco che ha è costretto ad abbassare la testa perché “un lavoro mal pagato è sempre meglio di nessun lavoro”.

Spesso abbiamo dovuto supplire alle mancanze dell’ASPAL, il quale risponde alle mail con notevole ritardo privando soprattutto i tirocinanti delle informazioni necessarie per decidere se proseguire o meno il percorso di “formazione”. Molti si rivolgono a noi per avere delucidazioni in merito a retribuzione, problematiche legate alla svolgimento del tirocinio stesso, eventuali azioni da intraprendere nei confronti dei titolari che non rispettano le linee guida.

Per questo motivo abbiamo sentito l’esigenza di aprire degli sportelli fisici in cui i lavoratori e le lavoratrici potessero essere accolti e potessero finalmente confrontarsi con qualcuno che non li giudicasse “sfaticati” o “con poca voglia di lavorare” solo perché stanchi di lavorare 14 ore per 700 euro al mese. Abbiamo incontrato tirocinanti, bariste, camerieri, lavapiatti nelle nostre sedi di Oristano, Cagliari, Sassari.

A volte lo scopo era solo quello di parlare, di raccontare la propria situazione e di avere un appoggio, altre volte si è delineata la necessità di un intervento diretto del sindacato; nel secondo caso la maggior parte di coloro che arrivavano da noi erano spaventati anche solo dall’idea di presentare i conteggi giusti e richiedere il pagamento del TFR, della tredicesima, delle ferie non godute. Le basi dei contratti di lavoro.

Queste grandi difficoltà incontrate ci hanno spinto ad andare avanti con sempre più forza e sempre più decisi che il nostro lavoro sia di fondamentale importanza per ricostruire un minimo di coscienza all’interno della classe lavoratrice attuale, ormai disgregata e privata della possibilità di rivendicare ciò che è suo di diritto: la dignità.

Telèfonu Ruju proseguirà la sua attività aprendo nuovi sportelli fisici a Sassari, a Terralba, a Cagliari e sono in progetto sportelli a Olbia e Oristano (quest’ultimo attivo tutto il mese di Agosto) mantenendo il filo diretto con i lavoratori, i tirocinanti, gli studenti. Abbiamo bisogno della testa, delle competenze e del tempo di chi non vuole girarsi dall’altra parte, di chi è stanco di essere rassegnato, di chi ha ancora voglia di lottare per costruire una società più equa e che rispetti i (ormai pochi) diritti della classe lavoratrice.

Vogliamo aprire sportelli in tutta la Sardegna, offrire un sistema differente a quello individualista che non è altro che un prodotto dell’attuale neoliberismo spinto. Vogliamo puntare sul mutualismo, sull’assistenza reciproca, sull’organizzazione di spazi e metodi alternativi a quelli vigenti. L’estate è quasi finita, ma la nostra lotta è appena iniziata.

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