La rivoluzione dei “rifiuti umani”

1 Agosto 2020

[Amedeo Spagnuolo]

Sono in molti a nutrire non poche speranze in una sorta di riforma morale delle società mondiali nell’era post covid che purtroppo ancora non ci appartiene.

L’idea è che questa pandemia abbia in qualche modo fatto capire, o meglio, cominci a far capire alle classi dirigenti mondiali, il cosiddetto popolo questo, dal nostro punto di vista, l’ha già capito da molto tempo, dicevamo cominci a far capire a chi ha la ferma convinzione di poter guidare il mondo che siamo arrivati a un punto di non ritorno, per cui se non si ripristinano gli elementi fondamentali della convivenza civile basati sui principi di solidarietà e fratellanza, a pagarne le conseguenze potrebbero essere gli stessi potenti del mondo che potrebbero diventare vittime esse stesse di uno scellerato progetto liberista e ultracapitalista che al contrario dovesse continuare a sfruttare la natura e la maggioranza della popolazione mondiale solo per aumentare gl’inauditi privilegi di chi detiene il potere. È sufficiente fare qualche esempio recente che può sembrare banale ma che analizzato più in profondità non lo è per niente, mi riferisco al contagio da coronavirus che ha colpito due dei massimi esponenti di questa filosofia iperliberista che considera gli uomini senza possibilità di consumo degli “scarti umani” come diceva il grandissimo sociologo polacco Zygmunt Baumann. Come tutti sappiamo, prima Boris Johnson, a capo del governo che guida attualmente l’Inghilterra e poi Bolsonaro, il dittatore che governa il Brasile, sono stati infettati dal Coronavirus e hanno rischiato non poco, questo significa che, probabilmente, abbiamo raschiato il fondo e che lo sfruttamento capitalista del pianeta Terra non può continuare all’infinito se due tra gli uomini più potenti del mondo non sono riusciti a difendersi dalle nefaste conseguenze dello sfruttamento scellerato del nostro pianeta. Infatti, questa pandemia non è forse il risultato di una cieca logica capitalista che mette davanti al valore della vita umana il valore dell’accumulazione della ricchezza? L’Inghilterra, il Brasile, gli Stati Uniti e nel piccolo la nostra Lombardia hanno preferito assecondare gl’interessi degli imprenditori locali e non la salute di migliaia di persone che sono state sacrificate sull’altare del dio – denaro.

D’altro canto il grande sociologo e filosofo polacco Zygmunt Baumann, tutte queste analisi le aveva già sviluppate da tempo e come abbiamo detto in precedenza il concetto di “rifiuto umano” gli era già chiaro. Egli per spiegare il devastante impatto della società fondata sui principi del capitale aveva coniato un concetto di fondamentale importanza che ormai è diventato di uso comune, quello di società “liquida” cioè una società nella quale tutto è incerto, mutevole, fluido. Le grandi ideologie ormai sono state spazzate via e tutto questo ha portato, inevitabilmente, alla crisi d’identità che attanaglia il genere umano ai nostri tempi. Ciò che domina le nostre società e quindi gl’individui che le abitano è un senso di competitività esasperato che inevitabilmente si trasforma in cinismo. In questa atmosfera livida può nascere però, dalla parte più illuminata e sensibile delle nostre società l’esigenza di ritrovare quella solidità dei rapporti interpersonali che il mostro capitalista ha spazzato via, apparentemente in maniera definitiva. Tutto questo, continua Baumann, ci ha portato in una situazione in cui non siamo più capaci di avere una visione organica e ampia di quello che potrebbe accadere in futuro, o meglio di quali potrebbero essere le scellerate conseguenze di questa famelicità capitalista. Per cui, per rendere meno oppressiva la nostra ansia sul nostro destino futuro, ci accontentiamo di vivere nel quotidiano intrattenendo rapporti interpersonali molto superficiali o preferendo addirittura la solitudine consumista. In una società di questo tipo, tutti coloro che non hanno le risorse necessarie per alimentare l’allucinante sistema della produzione finalizzata al consumo compulsivo, non sono altro che dei “rifiuti umani” e come rifiuti andrebbero in qualche modo eliminati.

Dunque, in che modo la fase post pandemica, in una prospettiva ottimistica, potrebbe effettivamente trasformare le nostre società? Certamente non possiamo aspettarci una redenzione morale da parte di individui come Trump, Bolsonaro, Jhonson e altri ovvero quelle che purtroppo sono le classi dirigenti dominanti del mondo, una volta superata la pandemia tornerebbero a comportarsi politicamente come e peggio di prima. Il cambiamento, definiamolo morale, dovrebbe attuarsi a partire dal “basso”, a partire da quello che una volta era definito popolo e che ora, in tutti i paesi capitalisti, non è più tale poiché è frammentato in categorie e lobbies guidate da interessi in contrasto tra loro che le hanno lentamente messo gli uni contro gli altri, indebolendo la forza d’urto che un tempo il popolo, unito dalle stesse rivendicazioni, poteva vantare. Probabilmente, nella fase post covid, quando finalmente avremo a disposizione un benedetto vaccino che ci consentirà definitivamente di metterci alle spalle le angosce provocate dal coronavirus, la presa di coscienza di tutte quelle categorie “popolari” che hanno affrontato con coraggio e dedizione il terribile virus, medici, infermieri, insegnanti, ecc. potrebbero rappresentare una sorta di avanguardia politica capace di trascinare dietro di sé il resto della popolazione in una grande operazione di rivendicazione di una società più sicura per tutti e più giusta, finalizzata alla creazione di una collettività meno “fluida” e quindi meno precaria, capace grazie a questa nuova spinta unitaria di riformare finalmente dal basso le nostre comunità. Non posiamo aspettarci dalle attuali classi dirigenti un progetto simile, esse appartengono a quella subcultura che ha sacrificato la convivenza civile e il benessere del pianeta alla perversa logica del profitto per pochi e del consumo per molti.

La palingenesi morale, se si realizzerà, sarà il duro compito che dovranno assumersi i lavoratori che hanno dimostrato di saper combattere un nemico molto più pericoloso delle lobbies dei ricchi che ormai da decenni basano il loro dominio sullo sfruttamento e l’egoismo. Baumann diceva: “Se tra i nostri antenati filosofi, poeti e predicatori si ponevano la questione se si lavorasse per vivere o si vivesse per lavorare, il dilemma che sempre più spesso si sente rimuginare oggi è se si abbia bisogno di consumare per vivere o se si viva per consumare. Qualora si sia ancora capaci di separare il vivere dal consumare, e se ne senta la necessità.”

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