Le ragioni del No

16 Febbraio 2016
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Ottavio Olita

Un’assemblea affollata, partecipe, per dire no al progetto di revisione antidemocratica della Carta Costituzionale voluto da Renzi. Il Salone del Banco di Sardegna di Viale Bonaria era stracolmo, il 12 febbraio scorso, con tante altre decine di persone che non sono state ammesse per i limiti di capienza della sala.

Il primo appuntamento del comitato cagliaritano per il ‘No’ al referendum del prossimo ottobre è stato un successo superiore alle previsioni, che dimostra quanta voglia di capire, di partecipare, di discutere ci sia intorno ad un progetto governativo che tenta di modificare radicalmente gli equilibri democratici del Paese stabiliti dai Padri Costituenti al termine di un dibattito di grande serietà e profondità durato oltre un anno, nel 1947. Ora quell’impianto lo si vuole demolire con poche pagine sgrammaticate, scritte in pochi giorni, su cui gli italiani sono chiamati a pronunciarsi come se si trattasse di un plebiscito pro o contro Renzi.

“Io sono uno yogurt in scadenza” ha detto l’ego spropositato di questa sorta di Capitan Fracassa parlando ai giovani della scuola PD. E, guarda caso, la prima data di scadenza è fissata proprio in coincidenza con l’esito del referendum del prossimo mese di ottobre. La cosa che non ha detto è che, comunque, lui una scadenza politica, prima o poi, l’avrà, mentre non l’avrà la sciagurata modifica costituzionale ch’egli propone, se il referendum sarà vinto dal ‘Sì’ gettando le basi di uno stato autoritario in cui il Governo del Paese non avrà nessun contrappeso perché con il combinato disposto tra legge elettorale ‘Italicum’ e riforma costituzionale le minoranze saranno ridotte al silenzio.

E’ stato uno dei più illustri costituzionalisti italiani, Federico Sorrentino, introdotto da Andrea Pubusa, a spiegarlo con grande chiarezza e dovizia di particolari. Innanzi tutto – ha esordito – su quale base di legittimità il Parlamento attuale ha approvato il progetto di riforma? La sentenza della Corte Costituzionale aveva dichiarato incostituzionale la legge elettorale con la quale nel 2013 erano stati scelti gli attuali 945 parlamentari. Com’è possibile che dei rappresentanti del popolo, giudicati illegittimi, possano ribaltare la Costituzione? Illegale anche la procedura seguita, perché la stessa Carta Costituzionale, grazie alla sapienza profetica dei Padri Costituenti, prevede che essa possa essere sì modificata, ma con grande gradualità e progressività, non a pacchetti chiusi.

Qui, invece, millantando la necessità di tagli, di semplificazione di ammodernamenti che non ci saranno affatto, si elimina il bicameralismo, riducendo il Senato ad un’aula di mera testimonianza composta da 95 rappresentanti tra consiglieri regionali e sindaci e altri cinque direttamente nominati dal Presidente della Repubblica che rimarranno in carica per 7 anni. Non riceveranno alcun compenso – quindi con l’interesse prevalente, di quanti proverranno dal territorio, a mantenere saldo il legame con il proprio elettorato piuttosto che andare a ‘perdere tempo’ a Roma – e non avranno realmente voce in capitolo se non quando a camere riunite saranno chiamati a scegliere i giudici della Corte Costituzionale, i componenti del Csm o lo stesso Presidente della Repubblica. Tutto questo in un sistema elettorale ulteriormente stravolto dall’ ‘Italicum’, la legge che assegnerà il premio di maggioranza al partito che prenderà anche un solo voto in più: una vera dittatura della maggioranza che determinerà il nuovo volto delle Istituzioni a immagine e somiglianza di chi governerà.

Era questo che intendevano i Padri Costituenti ipotizzando possibili modifiche del testo? E’ evidente, al contrario, che si tratta di un radicale stravolgimento di quel complesso sistema di contrappesi e controlli incrociati tra le stesse Istituzioni costruito 70 anni fa, proprio perché si usciva da un sistema dittatoriale fascista e quindi si voleva impedire in ogni modo che quella tragedia si ripetesse. Cosa ci attende da qui ad ottobre? E’ una battaglia difficile e dura, soprattutto perché, come ha precisato Marco Sini, dell’ANPI – l’associazione dei partigiani italiani che dà la piena adesione ai comitati per il ‘No’ –, nell’aprire il dibattito, gli strumenti di comunicazione di massa sono quasi tutti schierati con il governo. Bisognerà quindi elaborare una strategia che tenga conto di questa situazione particolare.

Occorre anche una grande mobilitazione, proprio sui temi dei rischi per la democrazia, ha quindi detto Rosa Maggio, del CIDI. Nel mondo della scuola gli insegnanti democratici proseguono il loro lavoro che non si è mai fermato, ma ora occorre uno sforzo ulteriore perché si spieghi bene quel che sta accadendo. Federico Palomba, ex magistrato, ha illustrato i pericoli di attacco all’autonomia dei magistrati.

Altri interventi sono stati quelli di Giacomo Meloni, della Confederazione sindacale sarda, di Carlo Dore dell’Anppia, di Marcello Tuveri dell’associazione ‘Cesare Pintus’, di Mariella Montixi, di Rita Sanna e del deputato Michele Piras il quale ha sottolineato come il percorso di verticalizzazione della democrazia, di costruzione di una sorta di oligarchia del potere, sia una costante fissa del governo Renzi le cui tracce si trovano anche, ad esempio, nel ‘Jobs Act’ e nella riforma della scuola, così come nella riforma della Rai, azienda di servizio pubblico il cui controllo è stato scippato al Parlamento e trasferito d’autorità al Governo, mentre contemporaneamente non è stato proposto o pensato alcun progetto di legge sui ‘Conflitti di Interesse’.

Marco Ligas ha tratto le conclusioni di questo primo incontro che ha avuto il grande merito di scuotere dalla pigrizia e dalla rassegnazione quanti non si riconoscono più nella deriva populista e autoritaria che ha preso la politica italiana. Non solo. Il convegno ha avuto anche il merito di ribadire con forza che la Carta Costituzionale non è di proprietà priva di questo o quel partito, di questo o quel leader  – oggi Renzi, ieri Berlusconi – ma è lo strumento che garantisce i cittadini, tutti i cittadini, contro  prevaricazioni autoritarie.

Questo è il vero rischio che si sta correndo. Contro questo pericolo, nel prossimo mese di ottobre dovremo andare a votare compatti per il Referendum Oppositivo che – come ha ben chiarito il professor Sorrentino – si  vincerà anche con un solo ‘No’ in più dei ‘Sì’. ‘No’ a cui bisognerà dare forza parlando, spiegando, incontrandosi, per raccontare che la battaglia è per la difesa dello Stato Democratico e non contro o questo Presidente del Consiglio, questo o quel partito che vogliono nascondere i propri fallimenti sotto la presunta responsabilità di un documento straordinario che privilegia il cittadino su tutti gli apparati e che gli dà dignità, umanità, parità di diritti e di doveri.

La tentazione delle oligarchie economiche, finanziarie e politiche è di ridurci di nuovo a sudditi. Bisogna sconfiggerli, soprattutto per garantire ai nostri figli un futuro di democrazia.

 

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