L’opposizione studentesca al potere di Erdogan

1 Febbraio 2021

[Emanuela Locci]

Dopo alcuni mesi di pausa torniamo con la nostra rubrica Turchia e dintorni, in questo nuovo appuntamento che saluta il nuovo anno, poniamo all’attenzione dei nostri lettori un fatto gravissimo che sta accadendo in Turchia, i cui echi arrivano lontanissimi nei media italiani e internazionali.

 L’Università di Boğaziçi, uno degli atenei più conosciuti e prestigiosi della Turchia da più di un mese è in mobilitazione permanente a causa della nomina del nuovo rettore, Melih Bulu, fedelissimo del presidente. La sua nomina avvenuta con decreto presidenziale è contraria a ogni più elementare norma democratica e rappresenta secondo gli studenti e i professori dell’università una vera e propria minaccia non solo all’indipendenza intellettuale della stessa ma un vero e proprio attacco alla democrazia del paese.

Già il precedente rettore era stato eletto con un iter particolare, ma si trattava di una condizione straordinaria dettata dall’emergenza imposta da Ankara in risposta al tentato colpo di stato del 2016, e l’ex rettore Mehmet Ozkan era comunque un docente interno all’ateneo, che già svolgeva in questa università la propria attività. I docenti e gli studenti non si spiegano come mai non sia stato rinominato, soluzione che pareva ovvia, anche in considerazione del periodo pandemico che si sta vivendo.

In questo caso la nomina è calata dall’alto del governo che ha imposto un rettore completamente estraneo alla struttura, che non ha nessuna competenza specifica, se non quella di essere un uomo del presidente. Le azioni che hanno portato alla nomina del nuovo rettore non sono state trasparenti ne condivise e questo ha creato e sta creando un forte disagio all’interno dell’Istituzione accademica, già fortemente provata dai problemi legati alla pandemia.

Gli studenti e il corpo docente hanno deciso di manifestare pubblicamente il proprio dissenso e ogni giorno organizzano delle manifestazioni sia dentro gli spazi dell’ateneo sia nella città di Istanbul. In poco tempo si è organizzato un movimento di contestazione che non perde occasione per far sentire il proprio pensiero.

Il problema maggiormente sentito è il rischio che l’università entri nell’orbita del governo e che venga utilizzata come strumento della sua propaganda. Infatti, la riforma universitaria ideata nel 2017 consente al presidente della repubblica di nominare i rettori delle università. Questa norma è mal tollerata dalla maggior parte del corpo accademico nazionale e nella fattispecie una sessantina di docenti hanno sottoscritto una dichiarazione in cui esplicitano la propria preoccupazione circa il futuro dell’università, che da decenni rappresenta un punto fermo nella cultura turca, in particolare in riferimento ai valori democratici.

Il governo ha reagito alle manifestazioni, disperdendole in più occasioni e arrestando numerosi partecipanti. Gli studenti sono stati etichettati come terroristi, prassi comune nel regime pseudo autoritario che governa oggi la Turchia. Le proteste intanto proseguono in maniera serrata incassando anche il sostegno delle opposizioni che registrano una volta di più la volontà governativa di controllare la cultura e sottolineando l’azione distorta del governo che cerca di cambiare l’orientamento universitario con nomine che ne modificano l’assetto amministrativo e gestionale. Questa secondo gli oppositori una delle tante, troppe facce della repressione e del controllo posto in essere dal governo, su una società civile che cerca ancora di reagire, ribellandosi alle decisioni statali.

Un attentato alla libertà che gli studenti turchi non intendono subire. 

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