L’urgenza di abbattere il razzismo

16 Luglio 2020
[Graziano Pintori]

Non so se in America il tunisino pestato a sangue a Jesolo avrebbe avuto la stessa tragica fine di George Floyd, visto che in Italia se l’è cavata con un trauma cranico facciale e tuttora è ricoverato in stato di coma all’ospedale di Mestre. I due fatti di ordinaria violenza li accomuna un solo movente: il razzismo. I bulli di turno sono tre trentenni, che alle tre del mattino degustavano fresche birre o prosecchi veneti DOCG, i quali si sono sentiti in dovere di dare una lezione a colui che osava disturbare la movida notturna a base di alcol e razzismo. Le cronache dicono che un tunisino trentottenne in stato di ebrezza ha lanciato contro gli avventori di un bar una bottiglietta di vetro, senza colpire persone o cose,  seguita da improperi. Gli implacabili tre, dell’arancia meccanica italiana, sotto un ponte hanno tempestato di botte l’uomo nero con calci e pugni, anche dopo essere stato steso a terra tramortito.

“Devi rispettare il paese che ti ospita, ti dà da mangiare e da dormire e soldi. Non sei in Africa!”, questi i commenti dei forcaioli della tastiera; mentre il sindaco della cittadina veneta, espressione del PD, Forza Italia e lista civica, non ha sprecato mezza parola di condanna contro il gesto violento, e tanto meno  parole di solidarietà umana nei confronti del diseredato. In questo caso  la locale Istituzione Democratica, rappresentata anche dal PD, paga al razzismo un costo assai alto, presumo a tutela della governabilità del Comune, allineatosi sul fronte dell’indifferenza e dell’andazzo politico culturale tipico della destra. Atteggiamenti che evidentemente si assumono nei confronti dell’infelice fenomeno del caporalato, che prende piede anche nel civilissimo Veneto, dove i lavoratori fantasma dalla pelle nera potano vigne e raccolgono uva per undici ore di lavoro senza sosta a tre euro l’ora, da cui i vini DOCG da bere nel mondo e in laguna, durante la movida estiva.

Questo violento quanto triste episodio mi dà l’occasione di fare una considerazione sulla diffusione del razzismo: pseudo cultura della supremazia di una razza umana rispetto a altre ipotetiche razze. Sicuramente non sono solo nel ritenere che l’idea razzista sia addentellata all’economia, cioè un’idea strumentalmente utilizzata per giustificare la pratica dello sfruttamento lavorativo nei confronti di coloro che apparterrebbero a una sub razza. Voglio dire che l’ideologia razzista genera lo schiavismo, esercitato nei confronti di persone solitamente di pelle nera, ridotte a “fantasmi” essendo private di dignità e di equità nell’esercizio dei diritti e dei doveri, gli stessi riconosciuti a altri esseri umani.

E’ risaputo che il suprematismo razziale è solo un’idea egoista, priva di base empirica quindi in antitesi alla scienza, che dimostra l’inesistenza delle razze umane. Infatti il nostro genoma, indistintamente, al 99,9% è uguale in tutte le persone, tanto è che l”unica differenza che ci distingue è l’”involucro” del corpo, cioè il colore della pelle e il taglio degli occhi, per tutto il resto risultiamo parenti stretti l’uno con l’altro: neri e bianchi, rossi e gialli e viceversa. Queste informazioni sono alla portata di tutte le categorie di cittadini, anche di quelle che, ostinatamente, esercitano il razzismo per affari o per costruire le proprie fortune politiche,  o per dare sfogo all’istinto di violenza da esercitare sui più deboli e indifesi, come fanno bulli e fascisti. Per assurdo, questo campionario umano appena citato si alimenta anche di antirazzismo, quando quest’ultimo si esercita ponendosi sullo stesso piano dei razzisti in termini di verbosità e violenza.

A mio parere il metodo più opportuno per andare oltre il razzismo potrebbe essere quello di diffondere, in tutte le realtà di formazione e contesti lavorativi, il concetto che fra gli umani le razze non esistono, mentre coesistono differenze tra i popoli, sia dal punto di vista etnico sia da quello antropologico. Ma questo è un tema che ci porterebbe molto lontano, anche perché necessiterebbe dell’analisi delle nostre comunità e degli strati sociali che le compongono, ossia il collocamento degli uomini in una ipotetica scala di superiorità o inferiorità, a seconda della ricchezza, del potere, della cultura, del prestigio ecc. Come a dire che ci stanno uomini che occupano solo e sempre le parti alte delle scale o i capo scala, altri che stanno sempre in basso e chi, ancora peggio, nei sottoscala.

Il razzismo purtroppo si è diffuso come la peste in larga parte del pianeta, radicandosi come la gramigna infestando idee, culture, civiltà e società. Resta il fatto che se la peste si sconfigge con il vaccino e la gramigna con il pesticida, il razzismo si potrà sconfiggere  solo sul lungo cammino della cultura e della civiltà dei popoli, passando, voglio aggiungere, per l’abbattimento delle classi sociali.

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