Ogliastra unita contro la violenza di genere

3 Gennaio 2019
[Lisa Ferreli]

Ilbono è un paesino di poco più di duemila anime, collocato nel cuore dell’Ogliastra. Media tra le verdi montagne e le coste azzurre, con una storia che spesso rimanda alle donne. Sono famosi i ricami provenienti dalle mani femminili, sono famosi i dolci sardi delle signore con sa fardetta, come delle donne è nota l’indole ribelle davanti ai soprusi e alle vessazioni. La fiaccolata che si terrà il 7 gennaio alle 19 a Ilbono, “Ogliastra unita contro la violenza di genere”, ricorda un po’ la ribellione del 1943 di un nutrito gruppo di donne e madri, guidate da Giulia Floreddu, ilbonese, allora incinta della sua secondogenita. Stanche delle continue vessazioni di un funzionario del regime, organizzarono una rivolta terminata però con l’arresto delle ammutinate e della loro guida. Davanti alla decisione del procuratore del Re di liberare Giulia Floreddu poiché con una figlia in grembo, lei rispose con una frase celebre per noi ilbonesi: “o totus o manc’una”, o tutte, o nessuna. L’idea di una fiaccolata nasce da due donne: una madre, e una figlia. Nasce dopo l’ennesimo caso di violenza domestica che ha scosso la loro piccola comunità. Una scossa intensa, forte, ma breve. Di quelle fastidiose, che scendono lungo la schiena a picco lasciando la scia di un brivido, per poi svanire. Queste notizie non sono come i piscini, i pettegolezzi. Questi ultimi hanno molta più gloria, vagano nel tempo, ricevono addobbi da qualunque bocca li tramandi, puntano gli occhi di tutti addosso agli sfortunati protagonisti. La violenza domestica, avviene dentro casa, e su ciò che avviene dentro casa spesso si preferisce non mettere bocca. E così spesso accade che anche se la comunità è piccola, anche se tutti conosciamo i nostri vicini di casa, il commerciante, la postina, a volte non si sa come agire, o non si sa chi dovrebbe agire, e si preferisce abbassare i toni, e lo sguardo. Queste notizie hanno meno fama. Sono schiette, pochi dettagli, un’unica espressione, tante opinioni ma alla fine nessuno ha il coraggio di guardare in faccia la verità. Si preferisce il silenzio. Ma è proprio il silenzio che ha stancato, è questa volontà di occultare, nascondere per preservare chissà cosa o chissà chi che porta alla ribellione contro l’oppressione. Tutti sappiamo, quindi perché non dimostrare che tutta la comunità è a conoscenza dei fatti? Perché non sensibilizzare, perché non porgere una mano, un sostegno, una parola, un sorriso? Perché far finta che nulla stia accadendo, e realizzare le manifestazioni solo dopo che la tragedia è compiuta, quando non serve più trovare il coraggio per incrociare uno sguardo che non c’è più? Come donna, come figlia e come cittadina attiva nella mia comunità, mi sono posta queste domande. Ho trovato la risposta nel tentativo di organizzare una fiaccolata che portasse luce nelle situazioni più buie, che unisse l’Ogliastra, che unisse donne e uomini di una comunità dove conoscersi deve significare anche saper porgere una mano, essere disposti a parlare e ad agire per il bene di tutte e tutti. Evitare che ancora oggi vi siano persone recluse dentro le mura di una casa che in realtà è una prigione, è un dovere cittadino, del singolo, prima ancora che istituzionale. Là dove le istituzioni non sanno, non possono – o non manifestano intenzione di – agire, spetta a noi parenti, conoscenti, compaesani fare qualcosa, qualunque cosa affinché ci si opponga alla violenza, in qualunque forma essa si presenti. “Siamo la prima istituzione, siamo il primo soccorso e la prima assistenza, siamo la mano pronta a sostenere, siamo il prossimo tuo” dice mia madre. Io penso che la mia consapevolezza, la mia volontà, i miei diritti e le mie libertà debbano essere di tutte. O totus o manc’una.

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