Sa Die chi at a bennere

1 Maggio 2021

[Andrea Corrias]

Sarà una nuova giornata di Festa per il popolo sardo quando tutti, nessuno escluso, avranno preteso che la questione (universale) dello sviluppo umano, sociale ed economico prenda le mosse, nella ricerca di soluzioni ai problemi (cambiamento climatico, desertificazione, disoccupazione, spopolamento, emigrazione, inquinamento, povertà, diseguaglianze, dispersione scolastica), dal basso, cioè dalle società locali, dalle comunità e dai territori.

Sarà Festa nuova quando i processi di pianificazione, programmazione e progettazione dello sviluppo cominceranno all’interno del sistema educativo (reti cooperative tra università, centri di ricerca, istituzioni scolastiche territoriali) perché questo avrà formato in tutti, e non solo in delle élite, le conoscenze, le competenze e le capacità per partecipare ai processi sociali ed economici in corso realmente e continuamente e non soltanto mediante una partecipazione passiva, indiretta, rituale e retorica.

Le università e gli altri centri di ricerca facciano un reale servizio pubblico aprendo una frontiera di analisi interdisciplinare nei diversi territori. Si faccia lo studio delle caratteristiche strutturali e dinamiche dei sistemi locali (quali soggetti? quali risorse? quali processi? quali obiettivi? quali metodologie?) e sulla base delle competenze costruite si imposti la formazione degli insegnanti e degli studenti secondo la logica della ricerca-azione e della cooperazione per lo sviluppo sostenibile. Si parta dalla testa e dal cuore dei Sardi per educare alla collaborazione e per costruire, realizzare e valutare i progetti/processi di sviluppo dei territori. La cooperazione trovi fondamento (mediante i processi educativi di istruzione, formazione e ricerca) nella condivisione di linguaggi, codici morali, valori, norme, schemi cognitivi, rappresentazioni mentali e affettivo-relazionali; ma anche attraverso la condivisione di analisi, dati, ricerche, documenti, progetti, rapporti di valutazione, ecc. Si analizzino la Storia e la Geografia dei territori, la struttura socioculturale, economica, istituzionale, il patrimonio di risorse materiali e immateriali, i beni pubblici, comuni e collettivi, la qualità dell’aria, dell’acqua, del suolo, del sottosuolo, il paesaggio, la biodiversità, il cibo, i semi, l’insieme dei beni naturali e ambientali necessari alla vita, fondamento di qualunque transizione umana, ecologica, energetica. Si cerchino a scuola le risposte a semplici domande. Quale agricoltura? Quale artigianato? Quale turismo? Quale industria? Quali servizi? Quale pubblica amministrazione? Come far crescere le organizzazioni (imprese, unità della pubblica amministrazione e unità del terzo settore) esistenti e come farne nascere di nuove per valorizzare i patrimoni territoriali allo scopo di raggiungere gli obiettivi di inclusione e coesione sociale, piena occupazione, sviluppo sostenibile? Come costruire una struttura produttiva capace di dare a tutti reddito e occupazione, salute e benessere? Come valutare il raggiungimento degli obiettivi e come condividere continuamente gli esiti dei processi valutativi per favorire i processi di apprendimento personali, organizzativi e collettivi? Le facoltà universitarie e le scuole dei territori (ovvero gli insegnanti e gli studenti) collaborino per cercare le risposte a queste domande coinvolgendo tutti i soggetti individuali e organizzativi. Si tratta di far lievitare processi di crescita umana, civile e sociale che non possono essere sviliti e mortificati dalle esigenze di sviluppo della carriera di alcuni e della gestione del potere da parte di gruppi ristretti e dei loro interessati consulenti.

Ricorreva i giorni scorsi l’anniversario della morte di Antonio Gramsci. Per il pensatore sardo la sostanza midollare della filosofia della praxis è rappresentata dal superamento della separazione classista tra dirigenti e subalterni tramite il progresso culturale di massa. Gramsci auspicava per tutti una formazione da dirigenti per favorire la riunificazione intellettuale e morale del genere umano. Mi pare che la questione si collochi ancora al centro delle possibilità di sviluppo delle democrazie e ponga il problema educativo e la formazione democratica a fondamento della possibilità di sviluppare relazioni cooperative e progettuali all’interno di una società inclusiva, piuttosto che relazioni competitive, impersonali e di mercato che invece sono tipiche della società e della scuola di marca neoliberista.

Sarà nuova Festa per i Sardi quando una nuova scuola avrà smesso di alimentare la competizione di studenti contro studenti, insegnanti contro insegnanti, scuole contro scuole, università contro università, imprese contro imprese, organizzazioni contro organizzazioni, territori contro territori, regioni contro regioni, ecc. ma avrà creato le condizioni progettuali, di condivisione di conoscenze, competenze e capacità, per promuovere e realizzare la più ampia collaborazione per lo sviluppo umano, sociale ed economico.

Una legge regionale sull’istruzione nonché l’investimento delle risorse stanziate per gli Istituti Tecnici Superiori (corsi di due anni post diploma), a cominciare dalla loro istituzione nei territori che ne sono sprovvisti, potrebbero essere uno dei modi per tradurre in realtà i principi e gli argomenti sopra richiamati.

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