Sassari città dell’accoglienza e del dialogo

30 Ottobre 2017
[Red]

L’autoconvocata assemblea cittadina spontanea riunita a Sassari nel pomeriggio di sabato 28 ottobre, convoca un’incontro cittadino per parlare dei fatti accorsi al PIME di Santa Maria di Pisa per oggi lunedì 30 ottobre in Piazza S. Caterina alle ore 19.00. Pubblichiamo l’appello.

Nella giornata di venerdì 27 ottobre si è verificato uno scontro violento tra alcuni abitanti del quartiere Santa Maria di Pisa di Sassari e i richiedenti asilo che vivono nel centro di prima accoglienza PIME a pochi passi da dove sono avvenuti i fatti. Nella notte sono stati lanciati sassi e due bottiglie incendiarie sui muri del Centro di cui si possono vedere ancora i segni. In seguito a questi eventi si sono ritrovate spontaneamente diverse persone nel pomeriggio di sabato 28 ottobre in piazza Santa Caterina per confrontarsi sull’accaduto.

Al di là dei fatti di cronaca, ci chiediamo chi possa avere fabbricato delle bottiglie incendiarie e averle poi lanciate contro la struttura, mettendo a repentaglio la sicurezza di chiunque si ritrovasse all’interno. Crediamo che un tale gesto non sia partito dagli abitanti del quartiere ma piuttosto da gruppi organizzati, con l’intento di far alzare il livello della tensione.
La struttura PIME, che si trova a Santa Maria di Pisa, è un centro di accoglienza straordinaria (CAS) dove alloggiano diverse centinaia di persone che vivono in condizioni di degrado, dovuto a questo sistema di accoglienza che non garantisce la dignità umana, e che avvantaggia la speculazione dei gestori, senza alcun controllo.

Inoltre il quartiere Santa Maria di Pisa, già nato dal forzato trasferimento di due quartieri sassaresi durante gli anni ‘70-‘80, si ritrova in una posizione isolata dal resto della città, con una gravissima mancanza di servizi (ambulatori, biblioteche, cinema, consultori, trasporti pubblici efficaci, etc…) che permettano una vita dignitosa ai suoi abitanti: abbandonati a gestire da soli una situazione che è diventata un ghetto nel ghetto. Lo stesso avviene anche in altri quartieri in cui vengono relegati i richiedenti asilo, formando così dei sottoghetti in cui non solo non può attuarsi nessuna integrazione, figuriamoci il dialogo interculturale.

É in questo malcontento inoltre che si insinuano i movimenti neofascisti e razzisti, cavalcandolo per ottenere consensi elettorali (le elezioni saranno tra sei mesi).
Perciò ci siamo uniti sabato, per rifiutare fermamente questa guerraCi rifiutiamo di accettare la dinamica di contrapposizione tra sassaresi e migranti che ormai da mesi serpeggia per le vie della città. É una guerra tra poveri che distoglie l’attenzione dall’individuazione dai veri problemi sociali e dei loro responsabili. I quartieri e il centro storico, senza alcun sostegno e mediazione, subiscono le scelte istituzionali delle varie amministrazioni che si alternano alla guida della città; agli abitanti di questi quartieri è delegata la responsabilità dell’accoglienza, della mediazione culturale, della comprensione, senza nessun aiuto e onere da parte di chi ha messo nelle loro mani la patata bollente.

Crediamo che tante soluzioni si possano invece trovare nell’incontro e nel confronto tra le persone che vivono in questa città al di là della loro provenienza, nel condividere le responsabilità dell’accoglienza, per la costruzione di una società multiculturale e plurale fondata sui principi di equità e solidarietà. La stessa cultura e la lingua dei sardi di cui andiamo così orgogliosi non è altro che il frutto di millenarie interazioni tra popoli diversi e i sardi stessi sono stati e sono tutt’oggi un popolo di migranti che ben conosce sulla sua pelle l’odioso male del razzismo. Non vogliamo e non possiamo permetterci di assistere passivamente alla trasformazione di quella che è sempre stata una terra aperta e accogliente in un covo di fanatici razzisti e di predicatori di odio razziale.

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