Ad corruptorum libertatem

16 Gennaio 2010

Personam

Marco Ligas

L’auspicio che il nuovo anno potesse dare segnali di cambiamento si è dissolto rapidamente. Le vicende delle ultime settimane non solo non lasciano intravvedere alcuna inversione di tendenza nelle scelte del governo ma mettono in evidenza comportamenti sociali che si sperava appartenessero al passato più remoto.

I fatti di Rosarno, con l’aggressione programmata dei lavoratori immigrati e la loro deportazione nei campi di identificazione ed espulsione, sono una miscela di razzismo e sfruttamento: un ottimo favore alla criminalità organizzata che ricambierà la cortesia con il consenso alle prossime scadenze elettorali. Si potrà retribuire la mano d’opera con salari ancora più bassi e al tempo stesso sarà consolidato il messaggio che chi vorrà entrare nel nostro paese non potrà pretendere condizioni migliori. La protesta e la rabbia degli immigrati sarà usata dalle organizzazioni criminali per istigare le popolazioni locali alla rivolta: in situazioni di crisi e di emergenza l’accoglienza dei diversi diventa un lusso inaccettabile. Ma l’arroganza di questa classe dirigente si manifesta con modalità diverse, non solo con la repressione e l’esclusione. La demagogia è un altro tratto caratteristico. Una tassazione definita più favorevole per gli italiani (curiosa questa generalizzazione) è un vecchio obiettivo del Presidente del Consiglio. E quale occasione poteva essere più favorevole per annunciarla se non col nuovo anno? In che cosa consista la convenienza o il vantaggio per gli italiani è presto detto: in una riduzione di circa 10 punti percentuali delle aliquote sui redditi più alti e il mantenimento di quelle attuali sui redditi medio bassi. Dunque un altro sostegno ai più ricchi, un complemento dello scudo fiscale di recente approvazione. Poco male se poi questo obiettivo è reso impraticabile dalla inconsistenza delle casse dello Stato, l’importante è mostrare le buone intenzioni. Il problema fondamentale, ossessivo, rimane però il rapporto di Berlusconi con la giustizia. Tutte le sue iniziative sono finalizzate all’approvazione di una legge che gli consenta di evitare i processi che lo vedono indiziato per qualche reato. Quando i suoi avversari affrontano queste questioni fa la vittima e si proclama un perseguitato. Non legge ad personam ma ad (corruptorum) libertatem! È l’ultima trovata, ecco la vera novità del 2010, con cui cerca di farla franca. Il guaio è che queste modalità di governo sono sempre più estranee ai problemi reali del paese. I temi del lavoro e della crisi economica continuano ad essere vissuti con fastidio perché ostacolano la realizzazione di un progetto istituzionale che dia all’esecutivo e al suo presidente il massimo di libertà perché venga stravolta la nostra Costituzione. Come possono i lavoratori dell’Alcoa o di Portotorres o quelli di Termini Imerese trovare una soluzione ai loro problemi se il governo è impegnato nella ricerca di un espediente che garantisca l’impunità del suo capo? Tutt’al più il governo potrà dare un sostegno all’impresa per consentirle di stare sul mercato, riducendo i costi di produzione e migliorando le retribuzioni dei suoi manager. Ha ragione il Ministro Brunetta, che senso ha oggi parlare dell’Italia come di un paese fondato sul lavoro? Gli operai dell’Alcoa accettino questa realtà e smettano di fare le passeggiate a Roma per chiedere l’impossibile. È davvero difficile, in questa situazione, parlare di riforme condivise. Un Presidente che considera il Parlamento un ostacolo, che valuta la Costituzione italiana un residuato sovietico, che non capisce o non intende accettare l’importanza della divisione dei poteri non può garantire nessuna riforma condivisa: vuole imporre le sue idee e basta. Il dialogo su questi temi con lui non è possibile. D’Alema potrà pure illudersi e continuare con i tatticismi che conosciamo, cercare alleanze con Casini e chiudere, come già ha fatto Veltroni, qualsiasi dialogo a sinistra; su quel versante non andrà lontano. E Di Pietro, finché il Partito Democratico gli concederà spazio, continuerà a rappresentare in modo credibile l’opposizione. Certo, la democrazia non può essere identificata con le sentenze dei tribunali; richiede partecipazione e consenso, virtù che oggi appaiono sempre più rarefatte. Anche per queste ragioni vogliamo credere che i segnali di ricomposizione emersi recentemente fra le formazioni superstiti della sinistra si consolidino. Se questo non avverrà, se la sinistra non sarà capace di interrompere il processo autodistruttivo messo in atto nel corso degli ultimi anni sarà difficile modificare la natura dell’opposizione. Potremmo ribadire che il nostro progetto di società è ben altra cosa, ma intanto prevarranno ancora i modelli che noi non condividiamo.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI