I problemi connessi all’uso ai demani civici

1 Maggio 2015
Cabras, Torre di S. Giovanni di Sinis
Gianfranco Sabattini

In un articolo pubblicato sul n. 190 del 16 aprile de “il manifesto sardo”, intitolato “I demani civici della Sardegna hanno bisogno di buon senso e legalità”, Stefano Deliperi commenta un articolo di Felice Corda, pubblicato su “La Nuova Sardegna” del 24 marzo u.s. sul problema dei beni immobili esistenti nell’area regionale gravati dall’onere dell’uso comune; Deliperi dissente dalle procedure accomodanti auspicate da Corda, sostenendo che il quadro normativo esistente (legge n. 1766/1927 e s.m.i., regio decreto n. 332/1928 e s.m.i., legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.) consentirebbe già oggi la soluzione dell’annoso problema del governo dei beni gravati dal vincolo dell’uso civico. Su alcune considerazioni di Deliperi si può nutrire qualche plausibile dubbio.
Secondo Deliperi, per risolvere le molte situazioni anomale che vedono coinvolti molti terreni di uso civico, anziché chiedere l’adozione di una nuova normativa regionale sulla base delle linee indicate dalla sentenza della Corte costituzionale n. 210/2014 per regolamentare in modo definitivo lo status giuridico delle terre civiche e dei diritti collettivi connessi, perché tanti cittadini – come afferma Corda – possano vedere avviate a soluzione problematiche causate dalle alienazioni attuate nei decenni scorsi di immobili, inalienabili, imprescrittibili ed inusucapibili, quali sono appunto tutti i terreni gravati dal vincolo di uso civico, sarebbe onvece opportuno pervenire ad una soluzione equa sul piano sulla base giuridico sarebbe possibile darla, secondo Deliberi, ai sensi della legge regionale n. 12/1994, con il trasferimento, a titolo compensativo, dei diritti “distratti” su altri terreni di proprietà comunale di sensibile valore ambientale. In questo modo, sarebbe possibile, conclude Deliperi, tutelare l’interesse della collettività locale al mantenimento del demanio civico e, contemporaneamente, disciplinare in condizioni di certezza il “traffici giuridico”.
Inoltre, Deliperi aggiunge che sarebbe anche possibile procedere a un’altra fondamentale operazione, consistente nel ricupero dei molti ettari di terreno appartenenti ai demani civici che nei territori di molti comuni della Sardegna sono stati occupati illecitamente; egli, però, trascura il fatto che molti di quegli ettari sono stati utilizzati, senza averne titolo, da alcune amministrazioni comunali per localizzarvi opere infrastrutturali o di edilizia pubblica. Ciò non sarebbe dovuto avvenire, perché, come giustamente ricorda Deliberi, il diritto di uso civico è un diritto comune indivisibile, che fa capo a tutti i cittadini di un comune, in quanto comunità indistinta, e non a un comune, in quanto aggregato di più soggetti, governato democraticamente, di volta in volta, da maggioranze di turno che non rappresentano l’intera comunità.
Quest’ultimo aspetto costituisce un punto dolente che in Sardegna non si riesce ad affrontare con la sensibilità politica e la competenza giuridica necessarie, soprattutto in un momento come quello attuale, in cui la crisi economica ha originato il cosiddetto “movimento benecomunista”, che prevede, in un probabile futuro riordino dei diritti di proprietà, il pieno ricupero, per una loro valorizzazione comune, di tutti gli immobili ricadenti nel demanio pubblico.
Ad opporsi ad una regolazione regionale degli immobili d’uso civico sono, ironia della sorte, ma per motivi che si possono anche comprendere, le associazioni dei comuni e delle province della Sardegna (ANCI e UPI).
All’inizio del decennio scorso, a seguito di una delle ricorrenti contestazioni concernenti il trasferimento, mediante contratto, di un terreno appartenente al demanio civico di un comune della Sardegna, l’Assessorato dell’Agricoltura e della Riforma Agro-Pastorale ha promosso la predisposizione di un progetto di legge regionale, per affrontare tutte le problematiche rimaste senza soluzione dopo l’entrata in vigore della L.R. n.12/1994; ciò perché tale legge si è limitata a ribadire l’esistenza dei diritti di uso civico, mancando però di stabilire (come sempre accade in Italia) le procedure operativamente valide per una sanatoria di tutte le situazioni illegittime esistenti. Con il progetto di legge d’iniziativa dell’Assessorato, l’accento era posto prevalentemente sul problema della gestione degli immobili d’uso civico, ma anche e soprattutto sul problema del ricupero degli immobili goduti da soggetti senza titolo legittimo.
Ciò che caratterizzava il disegno di legge era l’introduzione dell’istituto innovativo della consultazione referendaria; questo avrebbe dovuto coinvolgere in positivo tutti gli aventi diritto negli atti amministrativi che le amministrazioni comunali avessero dovuto compiere, riguardanti, non solo le variazioni nella consistenza e nella qualità dei diritti d’uso civico, ma anche le variazioni delle forme della loro conservazione e della loro gestione.
Altro carattere innovativo, posto a fondamento del disegno di legge era la delega ai Comuni di tutti gli atti concernenti, sia il ricupero e la gestione degli immobili gravati da diritti di godimento comune, sia la sanatoria di tutte le situazioni illegittime che di fatto si erano consolidate nel tempo. Tutta l’attività riordinatrice dei comuni interessati si sarebbe dovuta svolgere previa la compilazione dell’inventario generale degli immobili gravati da diritti di uso civico; l’inventario generale avrebbe dovuto costituire il documento ufficiale per la programmazione di tutte le azioni di ricupero, conservazione e valorizzazione degli immobili.
Il disegno di legge è stato letteralmente “stoppato” dall’Associazione dei comuni e dell’Unione delle province della Sardegna, per paura che l’approvazione potesse comportare, non solo oneri compensativi per i terreni abusivamente utilizzati sulla base di decisioni prese dalle maggioranze politiche dei singoli consigli comunali, ma anche perché i comuni e le province hanno preferito conservare una situazione di “vuoto legislativo”, in considerazione del fatto che tale “vuoto” rappresentava l’opzione più conveniente per continuare a fare uso di suoli civici secondo valutazioni e destinazioni d’uso appropriate agli interessi elettorali delle maggioranze di turno. Così, la Sardegna non potrà godere dei vantaggi che altre regioni, come ad esempio il Trentino Alto Adige, da tempo possono fruire, per aver saputo valorizzare al meglio, senza sacrificare i diritti acquisiti, le loro risorse.

*Nell’immagine: Cabras, Torre di S. Giovanni di Sinis

3 Commenti a “I problemi connessi all’uso ai demani civici”

  1. Stefano Deliperi scrive:

    Gianfranco Sabattini ricorda alcune cose, ma ne dimentica altre, pur non secondarie.
    Buona parte delle alienazioni/occupazioni illegittime di terreni appartenenti ai demani civici sono state fatte a fini edilizi e speculativi. Vogliamo parlare, per esempio, della vendita di centinaia di ettari sul mare a Piscina Rey – Costa Rey negli anni ’60 del secolo scorso da parte del Comune di Muravera, pur essendo il decreto commissariale trascritto nei pubblici registri immobiliari fin dagli anni ’40 del secolo scorso?
    Così i Comuni sono titolari delle azioni di recupero delle terre civiche illegittimamente occupate fin dalla legge regionale n. 12/1994, ma in oltre vent’anni non han provveduto al recupero in nemmeno un caso. Così come non è mai intervenuta la Regione in via sostitutiva.
    L’Inventario generale delle Terre civiche esiste, vien fatto dalla Regione ed è qui: http://www.regione.sardegna.it/j/v/25?s=215979&v=2&c=1306&t=1 .
    Non c’è proprio alcun “vuoto legislativo”, c’è invece il “pieno” di volontà da parte di troppi nel non volere attuare la legge e difendere i diritti all’ambiente e al proprio patrimonio collettivo di tante collettività.
    Si vogliono sanare situazioni ormai consolidate? Bene. L’amministratore onesto e di buon senso lo fa trasferendo i diritti di uso civico su altri terreni comunali di uguale o superiore valore, così difende ambiente e beni collettivi delle comunità locali.

  2. Gianfranco Sabattini scrive:

    Sul commento di Deliperi mi limito a queste poche osservazioni: 1. d’accordo sul fatto che buona parte dei beni facenti parte del demanio civico è stato distratto illecitamente; 2. d’accordo anche sul fatto che chi doveva provvedere al loro ricupero(i comuni), irresponsabilmente non lo abbiano fatto. Tuttavia, sulla disponibilità dell’inventario generale dei beni civici, confermo, per esperienza personale, i miei dubbi sul fatto che esso sia disponibile; al riguardo, posso dire che, quando ho dovuto consultarlo, l’ho trovato molto incompleto. Ad ogni buon conto, può darsi che nel frattempo sia stato completato; ma non è questo il punto dell’”incumbent”. Posto che l’inventario sia ora completato, la legge regionali del 1994 non è utilizzabile per la definitiva sistemazione dei beni d’uso civico, perché manca di disciplinare le procedure necessarie per la soluzione di tutte le infinite problematiche esistenti. Pensare alla disponibilità dei comuni per “difendere i diritti all’ambiente” è fuori luogo; a parte il problema della difesa dell’ambiente (totalmente estraneo al tema di cui su discorre, ma importante perché indica un possibile uso del demanio civico), i comuni, in quanto comunità politica e non in quanto comunità in sé, sono i meno indicati, essendo essi i massimi fruitori delle destinazioni illecite dei terreni costieri utilizzati per scopi turistici ed alberghieri.

  3. Stefano Deliperi scrive:

    nessuno pensa che il quadro normativo vigente in tema di usi civici sia esaustivo, ma già oggi – se le disposizioni venissero applicate correttamente – può dare risposta alla gran parte delle esigenze che si manifestano in Sardegna.
    Una riforma complessiva non si può certo fare “sotto schiaffo” delle tante istanze “particolari” e degli interessi di vari politici locali.
    Intanto applichiamo le norme esistenti, sarebbe già un gran bel passo in avanti!

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