Babbauzzu

16 Maggio 2009

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Joan Oliva

Dove si narra di un’amministrazione comunale ambientalista tormentata da insetti ed altre bestioline. I fatti si svolgono in Sardegna. Notizie su Babbauzzu si possono trovare in coda al racconto. Dedicato ai bambini con i pidocchi fra i capelli e agli adulti con i grilli in testa

Il fenomeno di cui si narra in questo racconto, iniziò a manifestarsi nel piccolo centro di Babbauzzu sul finire della primavera del 1994, pochi giorni dopo l’insediamento di una nuova amministrazione comunale composta per la maggior parte da amanti della vita, che per tanti anni avevano lottato contro la speculazione edilizia che aveva già rovinato il centro abitato e ora minacciava le sue belle coste.  Pieni di buona volontà, quei cittadini prestati alla politica, avevano dedicato molte delle loro energie per la difesa delle molteplici forme di vita  che facevano di quell’angolo di Sardegna uno dei luoghi più suggestivi del  Mediterraneo.   Per primi fecero apparizione eserciti di assordanti grilli e cicale che in piena estate si  moltiplicarono a dismisura  producendo un baccano insopportabile. Gli uni facevano eco alle altre. Le cicale di giorno, i grilli di notte. Anche se un po’ infastiditi i nuovi governanti e i loro sostenitori presero la cosa, per quanto davvero inusuale, come fosse del tutto naturale. Quasi un segno di buon auspicio. “Prima non avveniva perché i vecchi governanti avevano avvelenato l’aria. – commentavano e concludevano rassicuranti – Tranquilli, il freddo  provvederà a contenere il fenomeno”. L’autunno e l’inverno successivi, particolarmente miti,  furono all’insegna delle blatte. Grossi scarafaggi neri, con antenne che li rendevano un po’ somiglianti ad antiquati telefonini cellulari, sbucavano da ogni anfratto in numero tale che a volte rendevano difficile camminare per le strade e dentro gli edifici.  Qualcuno notò che si annidavano soprattutto negli angoli dimenticati del palazzo comunale. “Forse si sono alimentati per anni della  sporcizia prodotta  e nascosta dalle passate amministrazioni. – si diceva – E ora, esaurite le scorte, evidentemente affamati, escono dai nascondigli.” “Stiamo provvedendo a far pulizia- rassicuravano i governanti di Babbauzzu – lasciateci completare l’opera, una volta eliminati i rifiuti organici dimenticati sotto gli armadi, sugli scaffali e nei fondi dei cassetti delle scrivanie del palazzo comunale, la situazione tornerà sotto controllo.” La seconda estate fu la volta delle mosche, dei moscerini e delle zanzare che proliferarono nelle pozze di liquami maleodoranti che attendevano da tempo un intervento di risanamento ambientale e che la nuova amministrazione non aveva ancora potuto eliminare.
I cittadini di Babbauzzu chiesero a quel punto un intervento immediato e drastico. “Rispondetegli a modo. Fate qualcosa o prenderanno il sopravvento. Spruzzate un po’ di  DDT”. “Sono in fondo solo degli insetti, non diamogli troppa importanza. E poi non possiamo intervenire con il vecchio sistema di spruzzare insetticidi ovunque con il rischio di avvelenare l’aria e seminare la morte indiscriminatamente, con gravi conseguenze per la salute di tutti. – spiegava il sindaco ambientalista –  Dateci tempo, rimedieremo in altro modo, siamo i primi ad averne l’interesse”. E in effetti quelli che erano maggiormente presi d’assalto da mosche, moscerini e zanzare erano proprio i governanti il cui sudore, chissà perché, sembrava attirare particolarmente i fastidiosi ditteri. Forse per questa ragione un buon numero di  cittadini fu disposto a pazientare ancora. Terribili vespe aggressive invasero il paese in autunno e, trascurando le vigne, i pergolati domestici e i tini pieni di mosto, si dimostrarono incredibilmente attratte dai fogli sui quali  venivano scritti gli atti amministrativi. Fu subito scartata l’ipotesi che fosse qualche particolare sostanza contenuta  nella carta ad attirarle, perché l’amministrazione utilizzava la  carta di sempre, non avendo ancora provveduto ad adottare quella  riciclata. Rimase in piedi l’ipotesi che ad attirarle fossero proprio le parole usate per redigere le deliberazioni, evidentemente troppo succose e dolci. Gli amministratori dapprima cercarono di convincere i propri sostenitori che le punture di vespe in fondo facevano bene contro i dolori reumatici ma alla fine, anche loro allo stremo delle forze per gli innumerevoli gonfiori, decisero di rendere più burocratico il proprio linguaggio e più prosaici i testi delle deliberazioni. Dopo le vespe fu la volta delle cavallette, dopo le cavallette fu la volta delle tarme, dei tarli, delle processionarie, delle cimici, degli scorpioni, dei ragni, delle formiche, delle zecche, delle falene, delle pulci, dei vermi, per nominare solo alcune delle specie di insetti e minuscoli animali che ad ondate successive invasero  Babbauzzu. Particolarmente colpiti erano proprio i luoghi dell’amministrazione comunale. Le bestioline uscivano dai faldoni dell’archivio, dai cassetti delle scrivanie, dalle macchine fotocopiatrici, dalle fodere delle sedie, da sotto i tappeti. Per farla breve ogni qual volta l’amministrazione sembrava aver bloccato un’invasione e ne dava notizia alla stampa, eccone un’altra più fastidiosa che spesso sembrava originarsi dalle pagine stesse dei giornali locali. Bastava sfogliarne  uno per  venir avvolti da una nuvola di insetti che aspettavano, mimetizzati fra i caratteri di stampa, il loro momento per saltar fuori. I sostenitori del sindaco, esasperati, invocavano ogni volta a gran voce una risposta adeguata e efficace: “Dai, e spruzza un po’ di insetticida!” La coerenza  impedì fino all’ultimo quel gesto. “Rimetteremo a posto le cose. – ripeteva quello con insistenza, fino alla noia –  Faremo ordine, svuoteremo e ripuliremo i cassetti delle scrivanie, cambieremo le fodere delle poltrone, se necessario, faremo pulizia anche sotto i tappeti. Riusciremo a contenerli e  a liberarcene. In fondo sono solo degli insetti.” Per ben quattro anni gli amministratori vennero tormentati da ogni genere di fastidiose infestazioni. Arrivarono così stanchi e consumati alla fine del mandato che per molti di loro fu una vera liberazione il non venir rieletti. E fu così che una variegatissima compagine avversaria, con alla testa un candidato a sindaco che assomigliava ad una mantide religiosa,  vinse le elezioni successive. L’aria di Babbauzzu si era fatta nel frattempo irrespirabile, satura di sostanze orticanti. Alle narici giungevano odori nauseabondi e la pelle orripilava al contatto di appiccicosi filamenti di ragnatela. Ovunque erano sparsi succhi dolciastri e vischiosi. Agli ambientalisti, non rimase che rinchiudersi in casa a fare l’amore con le loro sempre belle e giovani  compagne e  allevare figli. Ancora oggi quando si incontrano e accennano a questioni di politica cercano  di consolarsi a vicenda. Si scambiano commenti sulla situazione e  sui nuovi governanti e concludono con considerazioni che rivelano la loro inossidabile fiducia nei principi ambientalisti: la lotta biologica dovrebbe porre riparo a tutto. “Vedrai non dureranno.” “Come possono le mosche convivere con i ragni, gli scarafaggi con gli scorpioni, le cavallette con le vespe, le cicale con le processionarie?” “Si elimineranno a vicenda. Basta aver pazienza ed  aspettare.” Hanno evidentemente del tutto dimenticato ciò che aveva profetizzato qualche anno prima il nonno di Bachiseddu Piras. “Un’altra generazione come la vostra e il mondo sarà in mano alle formiche”.

*  Babbauzzu originariamente era una delle rare località esclusivamente marine della costa sarda. Con il passar del tempo si è trasformata in un parossistico cantiere edile: luogo di blocchetti di cemento, calcestruzzo,  leganti per malte, sabbia  ed  acqua dolce per gli impasti. Per tanti secoli Babbauzzu è stato un piccolo borgo fortificato, chiuso da una poderosa cortina di mura . Oggi, per chi arriva dalla campagna,  si presenta con il suo nuovo volto di città-alveare. Una serie  di nuovi edifici,  già fatiscenti, cinge Babbauzzu come una moderna muraglia. In un deserto di asfalto e cemento, dentro  enormi e semivuoti condomini, cercano inutilmente rifugio e riposo i suoi irretiti abitanti. Scarseggiano le aragoste; la fanno da padrone le cavallette. Nel suo ospedale nuvole di premurose e attivissime zanzare provvedono ai prelievi di sangue. Di notte le strade di Babbauzzu sono pervase da un rumoroso brulicare di ogni genere di minuscole esistenze. Nel buio, i suoi baldi nuovi governanti  prendono lucciole per lanterne. Promettendo a tutti una città pruriginosa.

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