Riprendere il dialogo tra laici e credenti

16 Luglio 2008

dialogo
Francesco Cocco

Credo vada dato atto all’ex presidente della Camera, Fausto Bertinotti, d’aver posto particolare attenzione ai temi della spiritualità, e particolarmente ai valori del dialogo tra laici e credenti. E’ questa una linea strategica che si riallaccia alla migliortradizione del PCI. In tal senso è significativo che tra i massimi dirigenti del Partito della Rifondazione Comunista, vi sia un uomo di dichiarata fede valdese come l’ex ministro Ferrero. Il PCI pose attenzione ai temi del dialogo con i credenti, già all’indomani della fine del Secondo Conflitto mondiale. La costruzione del partito di massa, ideato da Togliatti, doveva tener conto della forte presenza cattolica nella società italiana. Di qui il voto favorevole sull’ art. 7 della Costituzione ( Patti Lateranensi). I comunisti vennero allora accusati di “strumentalismo” per questa loro posizione che li differenziava dagli altri partiti laici. Non si comprese che era il naturale risultato di una linea politica che ricercava uno sviluppo originale verso il socialismo nella società italiana ed implicava la piena salvaguardia della coscienza religiosa. Era il rifiuto di ogni massimalismo ed anticlericalismo di stampo ottocentesco, Certo negli anni ’50 la controversia tra il PCI e la parte più conservatrice della gerarchia ecclesiastica era assai aspra. I comunisti, segnatamente i gruppi dirigenti che cominciavano ad introiettare la lezione gramsciana, non la intendevano come lotta contro il cattolicesimo e le sue istituzioni, piuttosto contro il modo in cui la fede religiosa veniva strumentalizzata. Bisogna ricordare che erano gli anni in cui si poneva l’identificazione tra Chiesa e mondo occidentale (e per esso il capitalismo). Poi venne il messaggio di Papa Giovanni ed anche il clima nel PCI ne fu profondamente influenzato. Fu cosi possibile affermare, in un celebre passo delle tesi per il X Congresso di quel partito, che una coscienza religiosa sinceramente sofferta lungi dall’essere di ostacolo può essere di stimolo nella lotta per il socialismo. Era un notevole passo in avanti nelle posizioni del più importante partito del movimento operaio europeo: la coscienza religiosa veniva assunta come elemento da valutare in positivo nella lotta per il socialismo. Non più quindi semplice elemento degno di rispetto ma estraneo al proprio contesto politico. Ora veniva assunto in una valenza positiva in quanto capace di stimolo in una ottica non contrastante con i grandi obiettivi ideali perseguiti. Poi nel ’65 “il memoriale di Yalta ” ( promemoria di Togliatti alla vigilia di un incontro con i dirigenti del PCUS) dove si affermava “ …..non ci serve a niente la vecchia propaganda ateistica. Lo stesso problema della coscienza religiosa…….. deve essere posto in modo diverso che nel passato, se vogliamo avere accesso alle masse cattoliche ed essere compresi da loro. Se no avviene che la nostra mano tesa ai cattolici viene intesa come un puro espediente e quasi come una ipocrisia“. Il documento, scritto alla vigilia della morte improvvisa del prestigioso dirigente comunista, sgombrava il terreno da qualsiasi dubbio sulla sincerità di un dialogo che rifiutava gli “espedienti”, secondo il vecchio refrain rivolto ai comunisti dal voto sull’art.7 Cost. in poi. Dai fatti, qui brevemente ricordati, deriva il dovere di non disperdere oggi un impegno che diede un importante contributo ad elevare il tono complessivo del dibattito ideale nella società italiana. I percorsi del dialogo tra credenti e laici oggi vanno rivisitati e valorizzati. Anche se la dimensione dell’ insegnamento giovanneo tende ad essere sempre più marginalizzata ed anche certe posizioni di Giovanni Paolo II (riconoscimento al pensiero comunista di un’ attenzione all’ uomo superiore a quella del capitalismo) non sembrano trovare molta attenzione. Il perseguimento dell’obiettivo di un’ umanità pacifica, capace di eliminare le sopraffazioni tra gli Stati e di guidare democraticamente il destino dei popoli, dovrà porre un’attenzione particolare al ruolo della fede religiosa. Essa non è di per sé fonte di alienazione. Lo diviene quando viene strumentalizzata per creare contrapposizioni ed assoggettarla ad obiettivi politici, Si pensi al terrorismo di matrice islamica, dove il richiamo religioso viene usato come collante per raggiungere, e talvolta nascondere, finalità esclusivamente di puro potere. La religione non è mai stata di per sé un ostacolo al dialogo tra gli uomini. Lo sono stati gli interessi di potere ed economici, spesso mascherati dietro i simboli della fede. L’ esempio di chi, guidato dalla sua religiosità, lotta sin all’estremo sacrificio della vita (e sono tanti nel terzo e quarto mondo, segnatamente nell’America latina) s’impone come coerente e forte stimolo al quale ispirarsi. Anche di qui la possibilità di cogliere in tutta la sua potenzialità l’affermazione che una coscienza religiosa, autenticamente vissuta, non è di ostacolo bensì di stimolo alla lotta per risolvere oggi i drammatici problemi dell’umanità, a cominciare dagli ineludibili temi della pace e della guerra.

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