Una guida rapida alla fine del mondo

17 Dicembre 2022

[Roberto Loddo]

Per usare le parole del curatore, il giovane giornalista e attivista Lorenzo Tecleme, Guida rapida alla fine del mondo. Tutto sulla crisi climatica e come risolverla (Castelvecchi editore) è un accompagnamento alla scoperta della crisi climatica, un bignami, una bussola delle soluzioni al riscaldamento globale ma non solo, perché la crisi climatica rappresenta una dimensione della grande galassia della crisi ecologica.

La soluzione passa per una rivoluzione globale, dalla consapevolezza di aver abitato un mondo sbagliato, un mondo che non metteva al centro le persone ma solo i mercati e la finanza. Il tempo che viviamo oggi è un tempo di disorientamento, che come ci insegna il racconto di una delle molteplici autrici, Sara Segantin, deve essere un tempo declinato come resistenza collettiva, perché l’isola descritta nel racconto è anche qui, è anche la nostra isola avvelenata da modelli di sviluppo neocoloniali che hanno trasformato la Sardegna in una terra di disuguaglianza, inquinamento e occupazione militare.

Consapevoli di vivere il tempo di un mondo sbagliato gli autori e le autrici del libro indicano da differenti punti di vista quanto è vicino il disastro e come cambiare radicalmente il nostro attuale modo di vivere, di produrre e di consumare. Senza però perdere d’occhio il senso della realtà. La crisi climatica non può essere compresa se non si conosce la misura del complesso risiko degli equilibri geopolitici e geostrategici globali abitati dai media e dalla scienza e del piano locale, come scrive Lorenzo Tecleme, un piano abitato dalle azioni di lotta dell’attivismo del passato, del presente e del futuro e un piano intermedio, spesso rimosso e abitato da interessi impercepibili e invisibili ma profondamente centrale e decisivo, il piano nazionale, dove, comunque, passano la maggior parte delle decisioni sul futuro del pianeta. Pensiamo all’Unione europea, terzo emettitore assoluto di CO2, che non esiste sulla politica del clima, se non nella misura di tante politiche di diversi paesi con alcune direttrici comuni.

La fine dei mali, delle pandemie, delle guerre globali, del capitalismo rapace è profondamente interconnesa con la fine della crisi climatica e ambientale. Perché come scrivono gli autori c’è una relazione tra le azioni di lotta collettive e la pratica quotidiana al cambiamento e alla trasformazione. C’è una forte relazione tra il fatto che nel futuro prossimo i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri saranno sempre più poveri e tra il fatto che questo impoverimento globale viene accompagnato da progressivo deterioramento dei diritti civili e delle libertà individuali.

Sono rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire di conoscere alcuni autori e alcune autrici del libro, perché dal piccolo osservatorio del manifesto sardo ho avuto il piacere di incontrali e di intervistarli in lotte che non avevano nulla a che vedere, apparentemente, con il clima e l’ecologia. Penso a Monica Di Sisto che ha portato avanti una battaglia globale contro Il Trattato di partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti e Martina Comparelli che l’anno scorso ha descritto alle lettrici e ai lettori del manifesto sardo gli effetti della crisi climatica, e oggi, ha descritto in maniera efficace come la scienza ci stia dicendo che la situazione potrà solo peggiorare e soltanto noi, le persone di tutto il mondo, unite, possiamo ribaltare questa situazione.

Voglio soffermarmi proprio sul capitolo della giustizia climatica scritto da Martina Comparelli che per me rappresenta una chiave per aprire tutte le porte dei conflitti sociali, mettendoli in comunicazione tra di loro. La chiave dell’intersezionalità ci fa capire che questo mondo è fallito attraverso dinamiche perverse che hanno contaminato tutte le dimensioni della società, dalla cultura alla politica, all’informazione e la conoscenza.

Non possiamo comprendere il senso del grande culto della efficienza e della prestazione, non possiamo comprendere nemmeno il modello di società che ci obbliga a stare nel mondo come esseri perennemente soddisfatti e infallibili se non comprendiamo ciò che scrive nel suo capitolo Martina Comparelli, e cioè che potere, oppressione e privilegio sono interconnessi con la classe, il genere e l’etnia. Sono interconnessi, e possono essere considerati attraverso gli occhiali dell’intersezionalità, termine adottato dalle attiviste femministe della terza ondata che ci aiuta a comprendere come la violenza delle disuguaglianze del sistema neoliberista è interconnessa con tutte le dimensioni della società.

Non ci può essere nessuna forma possibile di liberazione umana se nelle nostre lotte non consideriamo l’opportunità di connettere le classi, le identità di genere, le etnie, la disabilità, la cultura, la cittadinanza e ogni categoria umana che produce disuguaglianza. Se non consideriamo l’intersezionalità come motore della trasformazione sociale del pianeta non ci potrà mai essere nessun elemento di liberazione umana valido per ogni essere umano. Al contrario ci saranno sempre cause di serie A e di serie B, perché a seconda del contesto sociale possiamo essere considerate persone oppresse e contemporaneamente oppressori.

Possiamo batterci per costruire una società basata sulla giustizia climatica e contemporaneamente discriminare le persone non binarie o le persone rifugiate e richiedenti asilo? Possiamo essere militanti per il cambiamento e allo stesso tempo essere uomini maltrattanti, autori di violenza maschile sulle donne e magari segregare pure i nostri familiari disabili nei reparti psichiatrici? Sì Purtroppo. Accade quotidianamente. Ho scritto spesso nei miei articoli che se vogliamo considerarci veramente attivisti e attiviste per il clima e per l’uguaglianza, e non profeti sconfitti del ‘900, sarà necessario fare una rivoluzione, a partire dai rapporti tra le persone, nelle relazioni e nella società, dentro noi stessi.

Uno degli autori, Mauro Romanelli è un militante della sinistra e attivista per i diritti LGBTQIA+ ed è l’esempio perfetto di connessione dei conflitti sociali che ci ricorda che dobbiamo agire adesso per fermare la nostra corsa verso il disastro e non domani. Ci ricorda che possiamo e dobbiamo considerarci persone che cercano di superare l’individualità determinata da una società contaminata da un sistema che vorrebbe costringerci a stare in solitudine e senza diritti.

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