Martedì 18 maggio alle ore 19.00 a Tortolì, nel piazzale delle scuole elementari centrali e di fronte Café noir un gruppo di donne ogliastrine hanno deciso di mobilitarsi per sottolineare aspetti che sono passati in secondo piano, come il tentato femminicidio, come la violenza maschile che ad oggi continua a produrre vittime. Pubblichiamo il loro comunicato stampa e aderiamo al loro appello come redazione del manifesto sardo, invitando le nostre lettrici a partecipare alla manifestazione indossando qualcosa di colore fuxia.
Pubblichiamo il video della diretta del sit-in di venerdì 14 maggio, in Piazza Garibaldi a Cagliari, in occasione dei 73 anni dall’inizio della Nakba e in solidarietà con i palestinesi in Cisgiordania e a Gaza, che ancora oggi resistono alla violenza dell’occupazione sionista organizzato dall’Associazione Amicizia Sardegna Palestina e dalla Comunità Palestinese Sardegna
La discriminazione viene definita come un comportamento – diretto o indiretto – che causa un trattamento non paritario di una persona o di un gruppo di persone, in virtù della loro appartenenza ad una determinata categoria.
“La legislatura comincia adesso e i cambiamenti cominciano adesso”. Così ha detto lunedì scorso Yolanda Diaz, una settimana dopo il devastante tsunami politico-elettorale delle regionali del 4 maggio a Madrid che ha segnato il trionfo della destra trumpista di Isabel Díaz Ayuso e dell’ultradestra fascio-franchista.
Tra qualche giorno cade l’anniversario della Nakba, la “catastrofe” vissuta dal popolo palestinese nel 1948, anno simbolo del processo di pulizia etnica del popolo palestinese. Un crimine contro l’umanità compiuto dalle milizie ebraiche ancor prima del ‘48 e perpetuato dallo Stato di Israele fino a oggi.
I provvedimenti ‘italiani’ per le vaccinazioni dicono una cosa? La Sardegna ne fa un’altra. Per migliorare? No. Per incasinare. Affermazione da prevenuto, non avvalorata da fatti? Tutt’altro. Ecco quel che continua ad accadere, ormai dal 27 dicembre dell’anno scorso.
Pubblichiamo il resoconto della conferenza stampa organizzata ieri mattina davanti al Tribunale di Cagliari dalle ‘Madri contro la Repressione e contro l’Operazione Lince’, un gruppo composto dalle madri dei giovani coinvolti nelle udienze e dagli attivisti e dalle attiviste contro l’occupazione militare in Sardegna, la produzione di armi e la repressione.
Un anno fa, profondamente indignate, ci armammo dell’unica arma (bianca) rimastaci, in quello stato di confino: la parola. La usammo per esternare l’amarezza provata nel constatare che la Scuola e la Sanità pubbliche, nel nostro Paese, stessero cedendo sotto l’urto di un minuscolo esserino.
L’arresto di alcuni latitanti italiani rifugiati in Francia da decenni e protetti dal “lodo Mitterrand” non è che un’applicazione della legge, attribuendo però alla pena una finalità “retributiva” del tutto estranea alla Costituzione, che le attribuisce solo finalità rieducative (quelle che, come ha scritto Adriano Sofri, la permanenza in Francia aveva ampiamente realizzato).
Festa celebrata con tristezza, oggi come tante altre volte, perché ancora scorre, davanti ai nostri occhi, il lavoro come forma di sfruttamento, il lavoro che manca, il lavoro che uccide.
Purtroppo perdura da mesi l’ultimo degrado, in ordine di tempo, ai danni della splendida spiaggia del Poetto, otto-nove chilometri di sabbia fra Cagliari e Quartu S. Elena, fin troppo massacrata da pessima gestione nel corso degli ultimi decenni.
Al nostro Presidente della Regione (autonoma?) è stato affibbiato il soprannome di ‘Sergente García’, per la evidente somiglianza con Henry Calvin, lo straordinario attore che interpreta Demetrio López García, meglio noto come ‘Sargento Garcia’.
Papa Francesco, anni fa, in circostanze che ignoro, ha detto: “Tre sono le parole chiave per vivere bene in famiglia: permesso, grazie, scusa.” Nell’immagine che ho visto circolare, lui, sorridente, saluta con la mano, fa “Ciao!”.
Sono passati 106 anni dall’inizio del genocidio del popolo armeno perpetrato dal governo turco, poco prima della Prima Guerra mondiale. A distanza di più di cento anni questa ricorrenza non può essere ricordata come tale in Turchia.