Turchia e dintorni. Il ruolo dei militari

1 Marzo 2019
[Emanuela Locci]

Nella storia recente della Turchia, soprattutto dopo il tentato golpe del 2016, molto si è parlato del ruolo svolto dai militari nella costruzione della Turchia e in particolare della sua funzione di guardiano del kemalismo e dei suoi precetti, in particolare in riferimento alla laicità dello stato. Nel corso dei decenni, partendo dalla fondazione della repubblica, le forze armate, anche grazie alla provenienza militare di Atatürk, sono state delegate dal governo alla verifica dell’osservanza dei principi. Ogni qualvolta i militari ritenevano che il governo in carica stesse andando contro i principi kemalisti interveniva rovesciando il governo e prendendo il potere. Questa situazione si è verificata dal 1960 a oggi cinque volte, se vogliamo includere anche il tentato golpe del 2016 e il golpe bianco del 1997.

Il kemalismo non fu messo in discussione, almeno nei suoi precetti fondamentali fino agli anni sessanta. Infatti nel 1960 il governo guidato da Adnan Menderes fu destituito dai militari comandati da Cemal Gursel, perché considerato troppo vicino agli ambienti islamici. Il primo Ministro Menderes l’anno successivo verrà condannato a morte e giustiziato. Il governo imposto dai militari si conclude nel 1965 con il ritorno ad un sistema democratico. Dopo pochi anni anche a causa della profonda crisi economica che colpì anche la Turchia, i militari inviarono un memorandum (infatti questo golpe del 1971 è conosciuto anche con l’appellativo di Golpe del Memorandum), in cui si esortava il governo a ritornare sulla via del kemalismo. Il primo ministro Suleyman Demirel si dimise e si susseguirono numerosi governi deboli che non diedero una svolta alla situazione politica ed economica della nazione. Il golpe in questo caso non servì per la presa di potere diretta dei militari, ma ebbe come diretta conseguenza la caduta del governo contestato.

Il golpe del 1980 è forse il più cruento. La Turchia era al collasso economico mentre si susseguivano scontri interni tra ambienti di sinistra e nazionalisti, scontri che causarono molti morti e scomparse misteriose. In questa situazione di forte instabilità nel settembre 1980 il generale Kenan Evren organizza un golpe e prende il potere per i due anni successivi. In questi due anni la libertà in Turchia viene offuscata: i partiti politici vengono sciolti, moltissime persone considerate dissidenti vengono arrestate e in decine vengono uccise per mano del governo (in Turchia vigeva la pena di morte in quel periodo). I cambiamenti riguardarono anche l’assetto istituzionale, infatti, con un referendum viene modificata la costituzione, e accentrati i poteri nelle mani del presidente della repubblica. Nel 1983 Evren fu eletto presidente e quindi si inaugurò un nuovo periodo di democrazia, anche se di stampo conservatore.

La prerogativa dei militari quali guardiani della laicità statale non fu più messa in campo fino al 1997 anno in cui il premier Necmettin Erbakan fu defenestrato dal potere perché accusato di essere troppo islamista, non con un golpe vero e proprio, ma con quello che viene ricordato come il golpe bianco. Bisogna ricordare che dal 1995 il partito fondato da Erbakan, il Partito del Benessere, di dichiarata ispirazione islamica era al potere con un governo di coalizione. Prima della deposizione il governo è costretto ad emanare una serie di decreti che riportano la linea politica verso il kemalismo. Ad esempio viene vietato di fare proselitismo nelle scuole religiose. Il partito di Erbakan viene bandito dalla scena politica turca e il suo fondatore viene allontanato dalle cariche pubbliche per cinque anni, non era la prima volte che al politico veniva vietato di svolgere attività politica, aveva già subito la stessa sorte dopo il colpo di stato del 1980, quando fu condannato a dieci anni di interdizione.

Quindi i militari hanno sempre giocato un ruolo fondamentale nella storia recente di Turchia e nella gestione del potere politico. La situazione, la forza dei militari ha cominciato a venire meno con l’ascesa al potere dell’AKP, partito di moderata ispirazione islamica, almeno alle origini. In particolare dopo il 2010 si è assistito al progressivo svuotamento delle prerogative dei militari, ad esempio è stata abolita l’immunità di cui godevano i militari che organizzavano un golpe.

Nella gestione del potere il presidente Erdoğan ben sapeva della minaccia che poteva provenire dagli ambienti militari e nel corso del tempo ha portato avanti tutta una serie di azioni che hanno indebolito questo potere. Non si dimentichi anche lo scandalo Ergenekon che si è risolto con un nulla di fatto ma che ha causato decine di arresti tra i vertici militari. Probabilmente il tentato golpe del 2016 può essere visto anche come l’estremo tentativo di un potere fortemente indebolito di dare un ultimo segnale di vitalità. Sappiamo tutti come si è conclusa la vicenda, che ancora oggi fa registrare continue condanne, arresti e una pressante soppressione delle libertà individuali e collettive.

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1 Commento a “Turchia e dintorni. Il ruolo dei militari”

  1. Bachisio Lepori scrive:

    Sasso nello stagno: e se il “golpetto” del 2016 fose fasullo e finalizzato esclusivamente a “giustificare” tutto ciò che è successo dopo?

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